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Wednesday, January 24, 2007

«Aggressione» al Corriere della Sera

Paolo Mieli, direttore del Corriere della SeraDa parte di Pannella, non viceversa. Il leader radicale se l'è presa per l'ennesima volta con il quotidiano di via Solferino, colpevole stavolta di non aver riportato nell'articolo di lunedì sul Comitato dello scorso fine settimana i molti temi affrontati, ma soprattutto di aver taciuto la campagna iscrizioni e il vero "scoop", l'intenzione dei radicali di portare i libri contabili in tribunale, soffermandosi invece solo sull'ennesima lite Capezzone-Pannella (per altro questa volta dai toni assai più dimessi). Un'«aggressione straordinaria, una politica precisa contro il Partito Radicale», l'ha definita.

Incredibile a dirsi, ma in 24 ore Mieli ha riparato, con l'articolo di ieri di Marco Nese, i cui toni però non sono piaciuti al leader radicale.

Da quando, al Congresso di Padova, il giornale prese esplicitamente le difese di Capezzone con un editoriale di Pierluigi Battista in prima pagina, Pannella se l'è legata al dito. In quell'occasione l'editorialista chiedeva polemicamente se esistesse ancora un "radicale", tra i radicali, che avesse il coraggio di difendere il segretario uscente "divorato" da Pannella-Crono.

Indubbiamente un intervento a gamba tesa, un colpo basso. Il Corriere entrava da "partito" nelle vicende congressuali di un partito, anche per influenzarne l'andamento. Per una volta via Solferino riservava ai radicali un'attenzione e un trattamento che sempre riserva agli altri grandi partiti. I giornali italiani, Corriere e Repubblica, sono infatti dei "giornali-partito", non solo nel senso che sostengono una delle coalizioni, questo o quel politico, ma nel senso che sono essi stessi un "partito" con un intreccio di interessi da far valere anche in contrapposizione ai partiti politici. Non semplicemente giornali schierati, ma "partiti" tra gli altri partiti.

Per questo non passa stagione in cui non si vedono Corriere e Repubblica intervenire nelle vicende interne dei partiti, grandi e piccoli, nei congressi o altrove, a sostegno di un leader contro il suo avversario, o di una corrente contro l'altra. Stesso trattamento ha ricevuto a Padova, per la prima volta, Radicali italiani. Un evento, con i suoi aspetti positivi e negativi, da non demonizzare, ma casomai da capire e di cui approfittare.

Per capire il perché dobbiamo fare un ulteriore passo indietro. Il Corriere forse è stato il principale artefice della grande attenzione e delle grandi aspettative che hanno accompagnato nei mesi precedenti le elezioni la Rosa nel Pugno. Ne ha incoraggiato la nascita, ha seguito e sostenuto la campagna elettorale. Perché? Mieli vedeva nella Rosa nel Pugno un soggetto liberale indispensabile all'interno di una coalizione tutt'altro che liberale, e riteneva che potesse svolgere un importante ruolo di contrappeso rispetto alla sinistra comunista. E, all'occorrenza, con l'imprevedibilità radicale, anche dimostrarsi un elemento destabilizzante. Inoltre, ha giocato sulle capacità della Rosa di attrarre voti dai Ds.

Una volta «congelata» la Rosa nel Pugno lo stesso ruolo ha pensato che potessero giocarlo i radicali. Ma il Corriere li vuole combattivi, un elemento di disturbo, di sfida in positivo all'immobilismo del Governo Prodi. Il maggior interprete di questa linea in questi mesi è stato senza dubbio Capezzone ed è per questo che, credo, il Corriere l'ha difeso nel momento in cui, a ragione o a torto, ha visto in pericolo la sua linea. In quei giorni si era arrivati addirittura a scrivere che Pannella porgesse a Boselli e a Prodi la testa di Capezzone.

Di cosa si lamenta Pannella? Il Corriere continua a dare grande - indubbiamente meritata - visibilità ai radicali. La sua linea è quasi interamente sovrapponibile a quella dei radicali, praticamente su tutti i temi. In economia, l'attenzione e l'aperto sostengo ai «volenterosi» e i frequenti editoriali di Monti, Giavazzi, Ichino, Nicola Rossi; sulla laicità e le libertà personali, basta pensare al caso Welby e ai Pacs; anche in politica estera, anti-bushiano senza essere anti-americano, il grande spazio dedicato all'iniziativa nonviolenta per salvare Saddam e, poi, per la moratoria Onu della pena di morte, oltre agli interventi dei pochi intellettuali di sinistra liberale come Berman, Hitchens e Glucksmann.

Dunque, nessuna aggressione del Corriere ai radicali. Al contrario, grande attenzione - ribadisco: meritata - e spesso aperto sostegno. L'unico punto di dissidio è con Pannella e riguarda Capezzone. Ma che il Corriere si interessi ai contrasti interni tra il leader e l'ex segretario è un implicito riconoscimento dell'importanza e della centralità politica dei radicali.

E' così grave? Forse bisognerebbe capire a cosa si devono tante attenzioni, essere consapevoli dei rischi, delle ambiguità, ma anche dei vantaggi, per assicurarsi di essere soggetto, e non solo oggetto, di politica.

1 comment:

Anonymous said...

solo per farti notare che "altri grandi partiti" implica che il partito radicale sia un grande partito. peccato solo che non sia un partito grande, o forse no...