Può il processo di adesione della Turchia all'Unione europea essere appeso al filo dei rispettabilissimi greco-ciprioti, componente di Cipro che si è opposta al referendum sull'unificazione dell'isola indetto dall'Onu? Evidentemente no. Se i grandi paesi europei avessero voluto, se avessero ben presente il valore geostrategico dell'ingresso turco, l'importanza di un negoziato vero, il senso epocale di questa sfida, avrebbero saputo trovare argomenti convincenti per superare gli ostacoli posti dai greco-ciprioti.
Dev'esserci dell'altro, sotto la decisione della Commissione Ue di proporre la sospensione di 8 dei 35 capitoli sui quali si articola il negoziato con Ankara, anche se è il Consiglio dei 25 ad avere l'ultima parola. Pretestuoso dev'essere il motivo di questo stop improvviso, segnale di un'incertezza e di una miopia di fondo, di un deficit di visione e di leadership della politica europea. Altro che le "radici", qui è la politica che manca.
Proprio mentre l'Europa "congela", la Santa Sede compie una inattesa inversione di rotta e si dice favorevole al realizzarsi delle condizioni per l'ingresso della Turchia nell'Ue.
Uscito dal colloquio con Benedetto XVI, è il premier turco Erdogan a riferire alla stampa che il Papa si è detto favorevole. Padre Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, chiarisce la nuova linea della Santa Sede che «non ha il potere né il compito specifico, politico, di intervenire sul punto preciso riguardante l'ingresso della Turchia nell'Unione Europea. Non le compete. Tuttavia vede positivamente e incoraggia il cammino di dialogo e di avvicinamento e inserimento in Europa, sulla base di valori e principi comuni».
In questi termini si era espresso giorni prima il Cardinale Bertone, Segretario di Stato: «L'auspicio è che la Turchia possa veramente realizzare le condizioni poste dalla Comunità europea per l'accesso e per un'integrazione nella Comunità». Una svolta rispetto a certe prese di posizione precedenti, espresse soprattutto del teologo Ratzinger, in altri tempi e con responsabilità diverse da quelle di oggi:
«Storicamente e culturalmente la Turchia ha poco da spartire con l'Europa: perciò sarebbe un errore grande accoglierla nell'Unione Europea... L'Europa non è un concetto geografico, ma culturale, formatosi in un percorso storico anche conflittuale imperniato sulla fede cristiana, ed è un fatto che l'impero ottomano è sempre stato in contrapposizione con l'Europa... Perciò l'ingresso della Turchia nell'Ue sarebbe antistorico».In questi giorni ne abbiamo sentiti di atei devoti, laici dialoganti, e clericali di varia specie, scivolare dagli specchi su cui cercavano di arrampicarsi.
Giuliano Ferrara ha definito la svolta «un caso comprensibile di relativismo diplomatico, che con la verità del pensiero di Ratzinger sulla materia, espresso in altre sedi e in altri tempi in modo netto e chiaro, ha poco a che fare». Benedetto XVI «ha dato prova di estrema prudenza, e non poteva dire che le cose che ha detto, data la situazione». Certo, un «pesante pedaggio della reticenza», ma in un contesto di «costrizione politica nella sua massima espressione». Toh, d'un tratto il vecchio, marmoreo zio Joseph non c'è più, diventato una mammoletta. Dov'è finito il Papa "con le palle", integerrima voce della verità?
Marcello Pera ha dichiarato ad Avvenire:
«Va sottolineato come in precedenza le cautele del cardinale Ratzinger e della Santa Sede si accompagnassero al favore dei vertici Ue. Mi pare che oggi il Papa, proprio per non assumere un ruolo politico, desideri non interferire con l'autonomia della sfera istituzionale europea. Non è compito suo decidere, lo deve fare l'Europa. Personalmente, continuo a rimanere contrario all'idea di una Turchia europea. Ottanta milioni di cittadini di fede islamica creerebbero un problema non solo politico, ma di identità, benché si tenda ipocritamente a nasconderlo dietro cavilli di varia natura. Rischiamo di cambiare la natura dell'Europa per come è nata. Il riferimento alle radici cristiane è necessario per l'identità dell'Unione».C'è come un senso di smarrimento. Forse che ci si è ritrovati soli in trincea, nella linea Maginot dell'Occidente della Tradizione cristiana? Avevamo fatto presente, in tempi non sospetti, dei rischi dell'opportunistica "sant'alleanza" con Ratzinger.
Adesso ci si aggrappa al contesto, ai toni, al solco che è sempre lo stesso o al tema troppo complesso.
«Le cose vanno lette nel contesto in cui avvengono», spiega l'ex ministro Carlo Giovanardi. Rocco Buttiglione precisa che «questa» Turchia non è idonea all'Europa, ma il pensiero del Papa non va «strumentalizzato»: «Il Papa ha sempre posto dei problemi che ci sono e vanno affrontati. Sbaglia invece chi nasconde la testa». Certo, da cardinale Ratzinger parlava di «prospettiva antistorica», «ma i problemi che Benedetto XVI ha sempre posto, restano tutti in piedi — questa volta il Papa ha soltanto scelto di cambiare i toni».
Il senatore Gaetano Quagliariello osserva che non si tratta di una svolta ma di «uno sviluppo nel solco del pensiero del cardinale Ratzinger: non dimentichiamo che una cosa è essere cardinale un'altra Papa e che nessuno può avere sulla questione Ue-Tuchia una posizione totalmente a favore o totalmente contraria, il tema è troppo complesso».
E cosa faranno tutti i blog papisti che espongono quelle improbabilissime gif animate con la cartina europea per dire "No" alla Turchia in Europa?
Difesa dell'Occidente e "No" alla Turchia nell'Ue è una contraddizione che non si apre certo oggi, con la svolta della Santa Sede. Se i difensori - credo incontestabili - dell'Occidente, Bush e Blair, sono da sempre tra i più attivi sostenitori dell'adesione della Turchia all'Ue, se le loro sono opinioni né deboli né sospette, e se proprio questi due leader hanno messo in campo alcune delle strategie più risolute per contrastare l'offensiva del fondamentalismo islamico, allora qualcosa che non va dev'esserci nei nostri Brancaleone alle Crociate.
Inevitabilmente, inoltre, la nuova posizione assunta dalla Santa Sede sposta anche la questione dell'identità europea dalla sterile disputa sulle "radici cristiane" al tema della democrazia, come dimostrano le parole del Cardinale Bertone: «D'altra parte noi auspichiamo che questa evoluzione di un grande Paese islamico che accede alla democrazia e che vuole attuare un regime democratico faccia passi avanti e giunga a compimento. E realizzare quindi quella concezione di una vita politica e democratica che è la grande tradizione europea».
L'impressione è che Papa Benedetto XVI sia ancora incerto se cavalcare l'ondata teocon o proseguire sul percorso, avviato da Papa Wojtyla, del dialogo interreligioso, se puntare alla ricristianizzazione dell'Europa in funzione anti-islamica, o se stringere proprio con l'islam, integralista ma ripulito dall'eccessiva violenza, religione ineluttabilmente anche europea, un'alleanza in funzione anti-liberale e anti-relativista.