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Sunday, August 17, 2008

La crisi nata in America, ma è l'Europa a fermarsi

Giavazzi non perde occasioni per rammentare alla classe politica e bancaria italiana la «lezione americana» e fa notare - come mesi fa Oscar Giannino - che l'America patisce crisi «ricorrenti», ma «ogni volta reagisce», così come reagisce prontamente il sistema politico. Più facilmente l'economia Usa entra in crisi, ma più velocemente dell'Europa ne esce. «E' una crisi nata al di là dell'Atlantico. Ma è l'economia europea, non quella americana a essere entrata in recessione».

Giavazzi continua chiamando in causa polemicamente Giovanni Bazoli, che su Il Sole24 Ore era intervenuto a difesa del modello bancario europeo, scrivendo che «il modello americano, incalzato da una logica di mercato competitiva e quasi spietata, si è manifestato per quello che è, un fallimento: meglio le nostre banche che si fanno carico della loro responsabilità sociale...» Cioè di salvare Alitalia, osserva sarcasticamente Giavazzi smascherando l'inganno della cosiddetta «responsabilità sociale» dell'impresa. Sarà come dice Bazoli, «eppure sono le nostre economie a fermarsi, i nostri ricercatori a emigrare oltre Atlantico: gli Stati Uniti continuano, seppur rallentando, a crescere e ad attrarre intelligenze dal resto del mondo».

Come si combatte la recessione che in Europa c'è già? Negli Stati Uniti «il governo sta facendo di tutto per evitarla». Innanzitutto, difendendo il tenore di vita dei cittadini. Nei mesi scorsi ciascuna famiglia americana ha ricevuto un rimborso fiscale di circa mille dollari (!).

Qui da noi invece il ministro Tremonti prosegue con la sua politica di pareggio di bilancio a pressione fiscale invariata nel prossimo triennio. Una "responsabile" politica social-democratica, che prevede una positiva, ma poco coraggiosa, riduzione delle spese correnti, mentre ciò che servirebbe è uno shock, «un'energica riduzione delle tasse sul lavoro», come qualche settimana fa suggeriva Guido Tabellini: è comunemente accettato il fatto che quando mancano risorse e l'economia è stagnante non si possano ridurre le tasse. «Se il Pil dovesse riprendere a correre» si potranno restituire i soldi ai contribuenti, dice Tremonti. «Se questa fosse l'impostazione - avverte Tabellini - avremmo una politica fiscale prociclica che amplifica gli shock esterni: quando le cose vanno male si tira la cinghia, quando vanno bene anche la politica fiscale diventa più espansiva. Esattamente il contrario di ciò che bisognerebbe fare».

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