Pubblicato su L'Intraprendente
A Washington un gruppo di burocrati della sicurezza nazionale e di ex funzionari dell'amministrazione Obama sta passando alla stampa informazioni altamente sensibili per danneggiare il governo eletto. Non è una buona notizia per gli uomini liberi...
Tutto nasce dalla condotta senza
precedenti dell'ex presidente Obama, che a pochissimi giorni dalla
sua uscita dalla Casa Bianca e nell'indifferenza dei media plaudenti,
piazza una serie di mine diplomatiche pronte a esplodere sul cammino
della nuova amministrazione. E' tentando di disinnescare una di
queste mine che il soldato Mike Flynn ha messo un piede in fallo ed è
saltato in aria.
Con la scusa dell'hackeraggio del
Comitato elettorale democratico durante la campagna elettorale, ad
opera di hacker russi i cui collegamenti con il governo di Mosca
somigliano tuttora a speculazioni, l'FBI e le agenzie di intelligence
ancora controllate dal presidente Obama hanno cominciato ad indagare
e a intercettare gli uomini della squadra di Trump a caccia delle
prove di una presunta cospirazione per truccare le elezioni a suo
vantaggio. Paranoia, o più probabilmente un'"arma di
distrazione" dalle responsabilità, di Hillary Clinton e dello
stesso Obama, nella bruciante sconfitta elettorale. Ma un'indagine ci
poteva anche stare. Ancora oggi il New York Times, apprendendo dalle
solite fonti di intelligence di "contatti" tra
collaboratori di Trump e membri dell'intelligence russa, è costretto
a riferire anche che in tutte le indagini non è emersa finora
"alcuna prova di cooperazione" tra la campagna Trump e la
Russia per influenzare le elezioni. Stop, dunque? No. Non trovando
alcuna prova della combutta, si sono tenuti le trascrizioni per
passarle selettivamente, e illegalmente, alla stampa ogni qual volta
fosse possibile danneggiare l'amministrazione Trump, far fuori i suoi
uomini e alimentare comunque il sospetto che la Russia lo abbia
aiutato a "rubare" l'elezione alla Clinton.
Ed è quanto accaduto al consigliere
per la sicurezza nazionale Michael Flynn.
L'espulsione di 35 diplomatici russi
decisa da Obama solo una ventina di giorni prima di lasciare la Casa
Bianca, come ritorsione per l'hackeraggio del Comitato elettorale
democratico, apre l'ennesimo fronte di tensione con Mosca che nei
colloqui telefonici con l'ambasciatore russo a Washington Kislyak il
prossimo consigliere per la sicurezza nazionale tenta - con successo,
pare - di raffreddare. La sua colpa infatti sarebbe di aver convinto
Putin a non reagire, coprendo così di ridicolo le misure di Obama.
Cos'altro avrebbe dovuto fare? Lasciare che la frustrazione del
presidente uscente minasse i tentativi della nuova amministrazione di
migliorare i rapporti con Mosca? Ed è credibile che nessun esponente
di nessuna amministrazione entrante abbia mai parlato con funzionari
stranieri prima dell'insediamento, prefigurando la politica del nuovo
corso? Flynn non ha commesso nulla di illegale. Le stesse fonti
citate dai giornaloni Usa ammettono che sarebbe arduo intentare una
causa contro Flynn, dal momento che in oltre due secoli nessuno è
stato perseguito per la violazione del "Logan Act", la
legge che vieta ai normali cittadini di interferire nei rapporti
diplomatici.
Avrebbe discusso delle sanzioni, ma i
termini in cui ne avrebbe discusso con l'ambasciatore russo sono
ancora oscuri.
Flynn potrebbe essersi limitato a far
notare a Kislyak che l'amministrazione Trump si sarebbe insediata di
lì a poche settimane e avrebbe riesaminato la politica nei confronti
della Russia, sanzioni comprese. Il che non sarebbe nulla di illegale
né improprio, e spiegherebbe perché, essendo un'affermazione così
ovvia, non abbia ritenuto di parlarne al vicepresidente. Ma la sola
presenza del termine "sanzioni" nella trascrizione della
telefonata avrebbe fornito il pretesto per la fuga di notizie ai suoi
danni.
Cosa sta succedendo quindi a
Washington? Che "un gruppo di burocrati della sicurezza
nazionale e di ex funzionari del governo Obama - riassume Eli Lake su
Bloomberg News - sta selettivamente passando alla stampa informazioni
altamente sensibili per danneggiare il governo eletto". E
"divulgare selettivamente dettagli di conversazioni private
intercettate da FBI o NSA dà il potere di distruggere reputazioni
sotto la copertura dell'anonimato. E' ciò che fanno gli stati di
polizia". Ma evidentemente uno stato di polizia sembra a molti
perfettamente accettabile, se serve ad abbattere Trump.
Se si trattava di un caso di
intelligence, osserva sul NYPost John Podhoretz (tutt'altro che un
fan di Trump, tanto meno di Flynn), "la fuga di notizie ha
rivelato qualcosa ai russi che non dovremmo voler rivelare - ovvero
che li stavamo ascoltando e in modo efficace". Se invece si
trattava di un'indagine dell'FBI, allora "un principio cardine
dell'applicazione della legge - che le prove acquisite nel corso di
un'indagine devono essere tenute segrete per tutelare i diritti dei
cittadini sotto indagine - è stato passato al tritatutto". E,
aggiunge Podhoretz, se queste fughe di notizie non sono motivate da
questioni di principio, ma dall'intenzione dei funzionari di queste
agenzie di "far fuori un potenziale avversario", si
tratterebbe di "un enorme abuso di potere".
Dunque, a prescindere dalla sua
imprudenza, Flynn è stato vittima di un vero e proprio assassinio
politico orchestrato da anonimi burocrati della comunità di
intelligence. Il che dovrebbe far tremare chiunque abbia a cuore le
sorti della democrazia americana. Che un'amministrazione sia oggetto
di dossieraggio e fughe di notizie da parte delle sue stesse agenzie
di intelligence è inquietante. Anche perché, per mero calcolo
politico, non si esita a gettare benzina sul fuoco sui già difficili
rapporti tra Stati Uniti (e loro alleati) e Russia.
"L'idea - osserva ancora Eli Lake
- che funzionari Usa a cui sono affidati i nostri segreti più
sensibili li rivelerebbero selettivamente pur di danneggiare la Casa
Bianca dovrebbe allarmare tutti coloro che sono preoccupati per uno
strisciante autoritarismo. Immaginate se intercettazioni di una
chiamata tra il consigliere per la sicurezza nazionale entrante di
Obama e il ministro degli affari esteri iraniano fossero trapelate
alla stampa prima che avessero inizio i negoziati sul nucleare... Le
grida di indignazione sarebbero assordanti".
Flynn ha pagato probabilmente anche le
sue dure critiche alla comunità di intelligence, di cui sostiene una
profonda riforma di sistema. Alla guida della Defense Intelligence
Agency di Obama, rimosso perché sosteneva che non si combattesse
abbastanza il terrorismo islamico, ha prodotto un rapporto che
avvertiva come il caos in Siria avrebbe favorito la nascita
dell'Isis, e denunciato incompetenze e fallimenti dell'intelligence.
Elementi più che sufficienti per un movente... Probabile anche che
più di qualcuno a Washington temesse le sue posizioni intransigenti
sull'Iran e la sua totale contrarietà all'accordo con Teheran sul
nucleare (che nasconde ancora non pochi lati oscuri...).
Con la sua uscita viene a mancare una
delle poche figure con una visione strategica chiara. Viene scambiata
per vicinanza, o addirittura complicità con Mosca l'ipotesi, tutta
da verificare, dei russi come preziosi alleati nella guerra contro
quelle che ritiene essere le principali minacce agli Stati Uniti e
all'Occidente: il radicalismo islamico e l'Iran. Ma per Flynn, e lo
ha scritto nero su bianco, la Russia di Putin resta un avversario
strategico, che vede nell'Occidente, nella Nato e negli Stati Uniti
bersagli da colpire o comunque da indebolire.
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