Bush non arretra, rilancia: democrazia e diritti in Iraq e in Medio Oriente
«La libertà può essere il futuro di ogni nazione». La scommessa era particolarmente alta in Iraq, ma le forze della coalizione sono riuscite ugualmente a far crollare il regime di Saddam Hussein. «Conosciamo la posta: il fallimento della democrazia in Iraq incoraggerà i terroristi nel mondo e accrescerà i pericoli per gli americani, spazzando via le speranze di milioni di persone».
Davanti alla "Fondazione nazionale per la democrazia" Bush ha invitato i Paesi arabi ad accelerare il passo verso la democrazia, indicando la promozione della democrazia e della libertà come strumento di crescita e prosperità economica: «Finché in Medio Oriente la libertà sarà negata, tutta l'area rimarrà un posto di stagnazione, risentimento e violenza pronta per l'esportazione». Leggi e riascolta tutto.
E' tutto qui il cambio della politica estera americana: ora c'è la consapevolezza che la sicurezza nazionale dipende dall'evoluzione democratica dei regimi oppressivi piuttosto che dalla stabilità di regimi, anche autoritari, con cui si è amici per interessi. Ma al giorno d'oggi il dibattito vive un paradosso, oggi vige l'asse Kissinger-sinistra: «Una volta chi voleva sconfiggere le dittature e battersi per il progresso civile e democratico era considerato un visionario di sinistra, ovviamente della sinistra liberale. I sostenitori dello status quo, invece, cioè quelli che-chi-se-ne-frega dei popoli oppressi, l'importante è che ci sia un regime autoritario e stabile con cui fare affari e garantire i propri interessi, erano i pragmatici realisti di destra». Un buon esempio da "Requiem per i neocon", di John Hulsman, presentato così su Il Foglio: «La critica di Hulsman ai neoconservatori è di destra, di segno realista. Per semplificare: è come se queste parole uscissero dalla bocca di Henry Kissinger. Eppure se le confrontate con le tesi dei leader politici della sinistra europea, e intendo della sinistra non antagonista, sono molto più che simili».
Camillo
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