Forse questa guerra è davvero un errore e non si dovrebbe fare, ma per evitarla è necessario che la minaccia dell'uso della forza sia concreta. E' la sola voce che Saddam ha dimostrato, anche in queste ultime settimane, di saper ascoltare, ammesso che si abbia come obiettivo il suo disarmo.
Se è vero, e lo è, come riconosciuto da tutti i Paesi membri del Consiglio di Sicurezza, che i progressi degli ispettori sono stati determinati dallo schieramento di decine di migliaia di soldati ai confini iracheni e dalla minaccia di una guerra d'invasione, allora non voler legare direttamente l'uso della forza ad una mancata risposta da parte di Baghdad ad una qualsiasi lista di problemi irrisolti sul disarmo, o rimandare di porre una scadenza (tutti comprendono che questo eventuale intervento d'estate non si potrebbe fare), significa il venir meno della credibilità della minaccia, dunque, di nuovo, come già accaduto nel 1998, il venir meno della collaborazione di Saddam, e, di conseguenza, rendere più probabile una guerra 'unilaterale', il maggior insuccesso della comunità internazionale.
Prima si fosse posto/votato all'Onu un ultimatum legato a delle richieste il cui accoglimento fosse stato facilmente verificabile, invece dell'estenuante trafila delle minacce di veto, maggior tempo avrebbe avuto l'Iraq per soddisfarle, maggiori sarebbero state le probabilità di evitare il ricorso alla guerra. Ogni ora che passa queste possibilità decrescono.
D'altra parte, persino la Francia non si aspetta che il proprio veto eviti la guerra (si è già ponti al dopoguerra): la posizione francese all'Onu rischia così di precludere a Saddam le ultime possibilità di evitare di subire l'attacco.
su Corriere della Sera
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