Qualche domanda su chi possa aver lanciato il siluro Mps contro il Pd, attraverso la soffiata al Fatto quotidiano, io però me la porrei (cui prodest?). E' venuto fuori, per esempio, che tra i candidati (in buona posizione) nella Lista Monti alla Camera c'è un tale Alfredo Monaci, membro del Cda di Mps dal 2009 al 2012 (gestione Mussari) e tuttora presidente di Mps immobiliare. Con il fratello Alberto, anche lui Pd (ex Dc ed ex Margherita) e presidente del Consiglio regionale toscano, al centro di una "faida" interna al partito che lo vede contrapposto - tanto da far saltare la giunta del Comune di Siena - alla linea di discontinuità in Mps del sindaco «bersanian-dalemiano» Ceccuzzi.
Ma al di là della polemica sulle responsabilità politiche del Pd, quale lezione trarre dal caso Mps? Certamente riapre la questione delle fondazioni bancarie, attraverso le quali i partiti continuano ad esercitare la loro influenza, a volte un controllo totale (come nel caso di Mps), sulle banche italiane. Il che non pone solo un problema di governance delle banche e, al limite, di malcostume, che riguarda gli organi di vigilanza o la magistratura, quindi ristretto al mondo bancario e finanziario, e che non dovrebbe diventare un caso anche politico ed elettorale. E', anzi, un tema squisitamente politico, dal momento che questo assetto proprietario delle banche italiane ha effetti profondamente negativi sull'intera economia del paese, soprattutto in questo periodo di crisi economica e finanziaria, e solo per questo dovrebbe essere al centro della campagna elettorale.
Le fondazioni servono ai partiti per continuare a mantenere il controllo sulle banche, o comunque a influenzarne la gestione. Da qui la resistenza delle fondazioni a diluire le loro quote, con la compiacenza dei decisori politici, dei regolatori e delle autorità di vigilanza. Peccato che ciò renda il sistema bancario sottocapitalizzato e, quindi, incapace di sostenere l'economia e le famiglie, soprattutto in momenti di crisi. I termini della questione li ha esposti perfettamente Oscar Giannino, commentando proprio il caso Mps.
«In questi anni i regolatori e la politica hanno preferito banche meno capitalizzate, cioè con meno risorse per prestiti a imprese e famiglie, per non far diluire il controllo delle fondazioni. E' un tema politico eccome, per effetto di questa scelta l'economia italiana è ancor più asfittica. Le fondazioni devono cedere il controllo attraverso meccanismi di mercato, a maggior ragione per i denari che ci hanno perso e che le impossibilita alla loro vera funzione, il sostegno sociale e culturale ai territori».Una domanda quindi andrebbe posta ai candidati-premier, a parte Giannino che nel suo programma elettorale ha già dato risposta affermativa: "Vi impegnate a separare una volta per tutte le banche dalla politica superando il sistema delle fondazioni, per aprire il sistema bancario alla concorrenza?"
Riguardo il prestito da 3,9 miliardi che lo Stato ha concesso a Mps, ad un tasso comunque parecchio oneroso, è solo un caso che coincida con il gettito dell'Imu sulla prima casa. Non abbiamo pagato l'Imu per salvare la banca del Pd, insomma, questa è propaganda. Non c'è alternativa al prestito, purtroppo, né all'eventuale salvataggio, perché a farne le spese sarebbero i risparmiatori e l'intero sistema finanziario italiano. Però il tema politico dell'uso del denaro dei contribuenti c'è tutto: lo si usi pure, purché chi ha sbagliato paghi e d'ora in poi ci si impegni seriamente a cambiare questo sistema.
Il guaio è che il prestito verrà erogato ma il cancro che ha portato alla crisi di Mps non verrà estirpato, tutto continuerà come prima. Così diventa insopportabile la disparità di trattamento: lo Stato presta i soldi a Mps, va bene, ma i cittadini e le imprese non possono nemmeno vedere compensati i loro debiti con il fisco con i crediti che vantano con la pubblica amministrazione? Come contribuenti siamo vessati, vigilatissimi, tutte le nostre spese vengono tracciate, analizzate, addirittura d'ora in poi presunte induttivamente, mentre la terza banca del paese la fa sotto il naso a tutti gli organi di controllo e vigilanza, tra cui la Banca d'Italia? Come meravigliarsi che il cittadino, nel suo piccolo, s'incazzi?
1 comment:
Perché bisogna salvare le banche e non le imprese?
Perché bisogna salvare col denaro pubblico gli errori dei privati?
Prima di tutto vennero …
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Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere i commercianti
e fui sollevato, perché alzavano troppo i prezzi.
Poi vennero a prendere gli imprenditori
e stetti zitto, perché probabilmente erano evasori.
Poi vennero a prendere chi usava il contante
e non dissi nulla, perché io ne avevo poco.
Un giorno vennero a prendere me
e non c’era più nessuno a protestare.
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