Pubblicato su L'Intraprendente
Altro che superamento delle divisioni.
Durante il doppio mandato di Barack Obama la politica americana è a
tal punto polarizzata che entrambi i candidati alla Casa Bianca dei
principali partiti evocano addirittura l'inferno per descrivere
l'avversario. Se Trump aveva paragonato Hillary Clinton al diavolo,
dalle colonne del New York Times l'ex first lady lancia un drammatico
appello agli elettori: "Sono l'ultima cosa che c'è fra voi e
l'Apocalisse". E naturalmente l'accostamento Trump-Apocalisse è
talmente piaciuto ai conformisti media italiani che è stato
rilanciato su tutte le prime pagine, in edicola e online, senza alcun
esercizio critico.
Se decine di milioni di americani sono
pronte a preferire un salto nel buio con Trump, piuttosto che una
collaudata e preparata ex segretario di Stato, forse qualche domanda
è il caso di porsela. Forse è il caso di impegnarsi a spiegare ai
lettori italiani che per metà degli americani - poco più o poco
meno lo vedremo l'8 novembre - l'Apocalisse è il futuro prospettato
loro da una presidenza Clinton dopo ben otto anni di Obama. Per
questi elettori, che alle primarie repubblicane hanno fatto fuori
tutti i candidati tradizionali del Gop scegliendo Trump, l'Apocalisse
è rappresentata dal sistema-Clinton e da altri quattro anni dei Dem
alla Casa Bianca. A tal punto che sembrano perdonare a Trump
qualsiasi cosa. Per il 74% degli elettori repubblicani infatti il
partito dovrebbe continuare a sostenere Trump nonostante le volgarità
del video diffuso dal Washington Post, mentre solo per il 13% non
dovrebbe.
E' con la vittoria della Clinton che
questi milioni di elettori vedono evidentemente spalancarsi le porte
dell'Apocalisse. L'Apocalisse che vedono è la deriva
socialdemocratica che sta già mutando il dna del Paese. In generale
sulle politiche socio-economiche e su temi come il possesso di armi,
la deindustrializzazione, l'immigrazione, con Hillary alla Casa
Bianca, dopo otto anni di Obama, temono un'ulteriore
"europeizzazione" degli Stati Uniti. Deriva da fermare a
qualsiasi costo, anche assumendosi il rischio di eleggere un
candidato controverso e impreparato, una totale incognita come Trump.
L'impopolarità della Clinton anche a
sinistra è tale che per restare in corsa ha dovuto fare appello al
"popolo di Obama", in pratica proponendo agli americani un
"terzo mandato" del presidente uscente, senza però averne
il carisma, e ha dovuto spostarsi ulteriormente a sinistra per
cercare di conquistarsi le simpatie dei "sanderisti".
Peccato che oltre il 70% degli americani ritiene che il Paese stia
andando nella direzione sbagliata, di solito un indicatore
sfavorevole per il partito alla Casa Bianca, e il 55% pensa che il
Paese sia ancora in recessione. Nonostante il segno più del Pil,
Obama è l'unico presidente Usa che non ha mai centrato il 3% di
crescita in almeno un anno di mandato. Dalla Clinton quindi ci si può
aspettare il tentativo di implementare le stesse politiche che hanno
prodotto crescita lenta, redditi stagnanti, fuga delle imprese e un
altissimo debito pubblico. Proprio la situazione che ha esasperato il
ceto medio e le classi operaie che guardano a Trump. Se il marito
Bill nel 1992, e lei stessa alle primarie del 2008, hanno corso da
centristi, oggi l'agenda di Hillary è persino più a sinistra di
quella di Obama, socialdemocratica "dalla culla alla tomba".
Basti guardare ai piani fiscali agli
antipodi dei due candidati. Secondo i dati del Tax Policy Center,
riportati dal Wall Street Journal, il piano fiscale di Trump,
accusato di favorire solo i più ricchi, offre al quintile centrale
dei contribuenti americani un aumento di reddito al netto delle tasse
nove volte superiore rispetto a quello che offre la Clinton (+1,8%
contro +0,2%). Mentre Trump riduce le tasse a tutte le fasce di
reddito, di fatto il piano della Clinton non offre alcuna riduzione
di tasse ad alcuna fascia di reddito. Nessuna impresa e nessuna
persona fisica pagherà meno tasse. E prevede un ulteriore gettito
fiscale dalle tasche degli americani di ben 1,4 trilioni di dollari.
Se non è questa una "Apocalisse fiscale", ci siamo
vicini...
Uno dei punti forti di Hillary rispetto
al suo avversario doveva essere l'esperienza da segretario di Stato.
Ma l'eredità di Obama-Clinton in politica estera (dal ritiro
dall'Iraq e le incertezze sulla Siria, che hanno lasciato il vuoto
riempito dall'Isis e una crisi di rifugiati che destabilizza
l'Europa, fino al caos libico, passando per l'accordo sul nucleare
iraniano, le tensioni con Israele e l'avanzata della Russia) è
talmente disastrosa da far apparire davvero vicina l'Apocalisse: un
mondo "mai così pericoloso dalla fine della Guerra Fredda",
ha scritto il WSJ. L'accusa rivolta a Trump di "intelligenza
col nemico" semplicemente perché vuole normalizzare i rapporti
con la Russia di Putin, soprattutto in funzione anti-Isis, non è
credibile se viene da chi otto anni fa proponeva di premere il
pulsante "reset" nei rapporti con Mosca e sfotteva il
repubblicano McCain come residuato della Guerra Fredda. Sulle
"connections" tra l'allora segretario di Stato Clinton e il
Cremlino ai tempi del "reset" è istruttivo un articolo,
apparso sul WSJ, di Peter Schweizer, autore del libro "Clinton
Cash".
A far temere ancor di più una
"Apocalisse clintoniana" ci sono poi le minacce alla
Costituzione e il controllo delle istituzioni. Un tema cruciale
emerso finalmente anche nel dibattito tv dell'altra notte è quello
della Corte Suprema. Con Hillary alla Casa Bianca sarebbe lei a
nominare il giudice mancante dopo la morte di Antonin Scalia e per la
prima volta dai tempi di Nixon (1971) la Corte avrebbe una
maggioranza progressista che potrebbe restare tale per decenni. La
Clinton ha confermato i peggiori timori dei conservatori. Non ha mai
menzionato le parole "rispetto della Costituzione", ha
ammesso di voler cambiare "direzione" alla Corte, di voler
scegliere una figura che vada oltre quella del rispettato giurista,
qualcuno che "comprenda come funziona il mondo, che abbia
esperienza di vita reale". Praticamente un attivista politico.
Fondamentalmente ha lasciato intendere di volere una Corte
"legislativa". E' in gioco quindi l'identità stessa
dell'America dei prossimi 30 anni. Ci sono equilibri politici (nel
partito e nel Paese) che si possono cambiare, ma non la maggioranza
della Corte Suprema una volta messa nelle mani della Clinton. Per gli
elettori repubblicani sarebbe una vera Apocalisse, perché la
giurisprudenza della Corte può trasformare in profondità il Paese.
Per il WSJ, che non sostiene certo
Trump, la decisione dell'FBI di non incriminare la Clinton per
l'emailgate (ben il 56% degli americani non l'ha condivisa) puzza
talmente di doppio standard da gettare un'ombra inquietante sulla
tenuta dell'indipendenza e dell'imparzialità delle istituzioni e
delle agenzie governative.
Un ruolo non indifferente nella
percezione dell'"Apocalisse clintoniana" lo gioca poi il
pensiero unico del politicamente corretto che domina i mainstream
media, sempre più avvertito come una minaccia alla libertà
d'espressione e anche alla funzione critica della stampa. Tempo fa
dalle colonne del Washington Post, lo scrittore Jim Ruth avvertiva
che c'è una "nuova maggioranza silenziosa", una fetta
importante della classe media americana, a cui Trump non piace ma che
è pronta a votarlo lo stesso, perché "ha una sola qualità
redimente: non è Hillary Clinton. Non vuole trasformare gli Stati
Uniti in una democrazia sociale sul modello europeo, basata sul
politically correct". È un bullo, un demagogo, ma anche l'unico
in grado di "preservare l'American way of life come la
conosciamo. Per noi, il pensiero di altri quattro o otto anni di
agenda progressista che inquini il sogno americano è anche più
pericoloso per la sopravvivenza del Paese di quanto lo sia Trump".
"L'epoca della discordia",
così il WSJ ha definito gli anni di Obama. E attenzione: una
radicalizzazione che non è destinata ad arrestarsi. Con Obama si è
radicalizzato il Partito democratico, diventato una socialdemocrazia
europea degli anni '60. L'establishment repubblicano è rimasto
moderato, ma non la base del partito. E se Trump dovesse perdere, c'è
il forte rischio di ritrovarsi fra quattro anni con due candidati
ancor più anti-sistema, ancor più "apocalittici", sia a
destra che a sinistra.
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