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Wednesday, May 31, 2006

Il cuneo di Draghi sul Governo Prodi

Il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi«Totalmente d'accordo sulle priorità». Andiamole a vedere, allora, nel particolare, quali sono queste priorità esposte stamani da Draghi all'Assemblea generale della Banca d'Italia su cui Prodi si è detto «totalmente d'accordo». Si possono riassumere in: crescita, taglio della spesa pubblica e liberalizzazioni.

«Tornare alla crescita è la priorità assoluta». Tutte «le azioni da intraprendere, incluse le misure per il risanamento della finanza pubblica, divenuto imperativo», siano subordinate a questa priorità. Però Draghi "accoglie" l'emendamento Tombolini contro il «mantra della crescita»: ridurre la spesa pubblica, riducendo prima di tutto sprechi e privilegi.

«Per ricondurre i saldi della finanza pubblica su livelli che consentano una flessione prevedibile, continuativa e permanente del peso del debito vanno realizzati interventi strutturali che interessino le principali voci di spesa a tutti i livelli di governo». Occorre «agire immediatamente sulla riduzione delle spese della pubblica amministrazione, innalzando l'età media effettiva di pensionamento e responsabilizzando pienamente Regioni ed enti locali nel controllo della spesa». Finita qui? No, Draghi riapre il discorso fondi pensioni: «Bisogna poi accelerare sui fondi pensione (per i quali è necessaria una "piena concorrenza" tra tutte le istituzioni finanziarie), sbloccare l'utilizzo del Tfr a scopi previdenziali, rafforzare la diffusione dei Fondi comuni d'investimento...».

E' «necessario frenare la spesa primaria corrente», che negli ultimi dieci anni (governi di centrosinistra più Berlusconi) è cresciuta del 2,5% all'anno.

Riduzione del cuneo fiscale? Ben venga, ma di risorse per tagli significativi non ce ne sono e non mi pare che Draghi abbia parlato di aumenti della tassazione sulle "rendite" finanziarie o di imposte di successione: «Uno spostamento dell'imposizione dal lavoro ai consumi offre benefici», ma «le compatibilità di bilancio lasciano margini stretti per il finanziamento di una riduzione» del cuneo.

Draghi rammenta inoltre che «nel 2005 il fisco ha prelevato, tra imposte e contributi e senza contare l'Irap, il 45,4% del costo del lavoro», mentre «il valore medio dei Paesi Ocse è del 37,3%». Smentiti quindi quanti dicono che il costo del lavoro in Italia non è poi così maggiore che in altri paesi europei. Piuttosto, il costo del lavoro dovrebbe essere considerato per unità di prodotto e non per singolo lavoratore. Anche le lungaggini del sistema giuridico ed amministrativo «influenzano significativamente i costi e la competitività delle imprese», penalizzandole nel confronto internazionale.

Il capitolo liberalizzazioni ricorda l'agenda Giavazzi: «La gestione delle reti, l'ampliamento del novero dei fornitori sono problemi ancora irrisolti. Nei servizi pubblici locali la stessa privatizzazione ha fatto pochi passi avanti; la liberalizzazione manca quasi del tutto, tanto che la gestione può essere affidata senza gara a società pubbliche o miste... Le amministrazioni locali detengono ancora il controllo di molte imprese operanti nella fornitura di servizi pubblici».

Scontata la difesa della linea Biagi: «La rigidità nell'impiego del lavoro impone costi impliciti alle aziende», ma «con la diffusione dei contratti atipici sono stati recuperati in questi anni margini di flessibilità».

Su scuola e università la via indicata da Draghi è quella Tony Blair. Ai tanti tromboni che si aggirano nelle nostre università convinti dell'innata superiorità dell'istruzione italiana d'impostazione gentiliana, andrebbe fatto notare che «nel 2003 le quote di diplomati e laureati nella fascia d'età tra 25 e 64 anni erano in Italia rispettivamente pari al 34% e al 10% del totale, contro medie del 41% e del 24% nei Paesi dell'Ocse». Università di massa, quindi, quella del diritto allo studio "farsa", vuol dire meno laureati e più ragazzi che perdono tempo e risorse.

Anche i risultati sono critici. «A 15 anni gli studenti italiani hanno accumulato un ritardo nell'apprendimento della matematica equivalente ad un anno di scuola: secondo una indagine dell'Ocse, l'Italia figura al 26esimo posto su 29 Paesi». Però, dirà qualcuno di quelli sopra, sanno tutto, o quasi, sulle guerre puniche. C'è un ritardo complessivo che, ha aggiunto Draghi, «ci impone di guardate all'esperienza di altri Paesi europei, quali Svezia, Finlandia, Regno Unito, che hanno sperimentato strumenti per migliorare il rendimento di istruzione e di ricerca, rafforzando la competizione tra scuole e università, prima ancora che maggiori spese occorrono nuove regole che premino il merito di docenti e ricercatori».

Quest'ultimo passaggio è il caso di ripeterlo: «... prima ancora che maggiori spese occorrono nuove regole che premino il merito di docenti e ricercatori».

Adesso spunterà qualcuno che verrà a dirci che Draghi, come d'altronde Giavazzi, perde il suo tempo, che Prodi non farà mai queste cose. Certo, io non ci scommetterei. Il nostro ceto politico, di destra o di sinistra, non ha il coraggio e la statura di essere impopolare per non essere anti-popolare, ma chi ha più sale in zucca lo usa e Draghi, Giavazzi, Alesina e noi - nel nostro piccolo - non ci stancheremo di sgolarci per sostenere le riforme radicali di cui questo paese ha assoluto bisogno, pena il declino.

7 comments:

Anonymous said...

Questo ti può interessare, Private Jim.

http://www.bloggers.it/semplicementeliberale/index.cfm?blogaction=permalink&id=8BCA1EA1-E530-31B9-07F19A00EF851E8C

Anonymous said...

Occorre «agire immediatamente sulla riduzione delle spese della pubblica amministrazione, . . . responsabilizzando pienamente Regioni ed enti locali nel controllo della spesa».

Due giorni fa, al Comune di Bologna «La maggioranza di centro sinistra dopo tante divisioni ritrova l’unità e con un accordo bipartisan con la Cdl vota il via libera all’aumento degli assessori che potranno passare dagli attuali dieci a un massimo di sedici, all’aumento dei fondi per i partiti rappresentati a Palazzo d’Accursio, all’abolizione del tetto di due gettoni al giorno (70 euro cadauno) in caso di più riunioni di consiglio o di commissione. Il provvedimento è passato all’unanimità con un dibattito ridotto al minimo, quasi sotto silenzio, ma è destinato a far nascere nuove polemiche sugli alti costi della politica anche a livello comunale.

L’ex assessore al Bilancio Gian Luca Galletti, deputato UDC, fa alcuni conti. «Istituire un assessorato costa circa 150-200 mila euro l’anno» è la sua stima».

Sei assessorati UN MILIONE di euro circa.

Però la modifica allo statuto è stata deliberata prima del discorso di Draghi. Conta lo stesso?

http://sergiovivi.blogspot.com/2006/05/il-buon-governo-e-lastensione.html

Anonymous said...

Prodi potrebbe anche ascoltare...il problema è che ha il 20% della sua coalizione che è fatta di comunisti, che tali riforme le vede come il fumo negli occhi.

Anonymous said...

Mi permetto di osservare che la differenza di pressione fiscale non si riflette necessariamente con gli stessi rapporti sul costo del lavoro lordo. Non ho sotto mano le cifre, ma un prelievo del 37% su 100 di reddito base dà lo stesso valore lordo del prelievo del 45% su 90. Il chè, invece, una certa differenza la fa;-)
Mthrandir

Rabbi' said...

Draghi ha detto cose sacrosante, che vengono ripetute da 15 anni: tagliare la spesa pubblica, liberalizzare, puntare alla crescita. Di queste tre cose, le prime due Prodi non puo' farle (beh forse liberalizzare qualcosa si'...) per la coalizione che si ritrova, e la terza dipende dalle prime due. sono preoccupato, l'IMF ha detto di darci una mossa.

Anonymous said...

Ma come può lo stato far crescere l'economia?
l'unica cosa che può fare è piantarsela di frenarla, cioè smetterla di rompere i coglioni, non è mica lo stato a far crescere l'economia, sono gli uomini.

Anonymous said...

Mi è sfuggita, nella relazione di Draghi, la dichiarazione che la banca d'Italia avrebbe rinunziato, visti i problemi sul tappeto, ai propri privilegi.

Sia detto per inciso, il governatore gode di uno stipendio di circa ottocentomila euro l'anno. Sì, avete capito bene, qualcosa come quattro volte i duecentocinquantamila dollari che Alan Greenspan percepiva come presidente della "Federal Reserve" americana, che gestisce i fondi del Tesoro USA e 1000 volte gli interessi ed i poteri della banca d'Italia.

Non uno dei dirigenti della Banca d'Italia percepisce meno di quello che percepiva il detto Greenspan e che raggranella il suo successore, e non un solo impiegato della banca d'Italia guadagna meno di tre volte quello che è lo stipendio di un normale bancario.

Ci sono poi i "benefit" e le prebende straordinarie. Una liquidazione da sogno.

Vero è che Draghi non usa più aerei privati noleggiati, come faceva Fazio, ma viaggia in aereo di linea; in turistica immagino.

Diamogliene atto, prendiamo nota delle sue raccomandazioni e preghiamolo di rendere pubblici gli stipendi d gli "extra" della banca che presiede. Poi capiremo che le cose stanno cambiando ed i quattrini che hanno intascato Prodi e Fazio sono stati la fine della "pacchia". A proposito, quanto ha incassato Fazio di liquidazione?

Credete di poter avere una risposta? A proposito, alla sinistra è succeduto Berlusconi, al quale succede la sinistra. Ma i bischeri siamo sempre e comunque noi. Di qualsiasi livrea.

Ciao, Giuliano