Iran. Un'altra lezione dello stesso corso. Ma in troppi 'fanno sega'
Senza dubbio le manifestazioni di protesta che si stanno verificando in questi giorni in Iran contro il regime teo-clerico-fascista degli ayatollah potrebbero rappresentare l'inizio, o meglio, l'accelerazione, la spinta determinante, per un evento di portata storica. Dipenderà dagli sviluppi che potrà prendere la situazione, dall'attenzione che potranno e vorranno prestargli quella 'comunità delle democrazie' ancora troppo virtuale e il sistema dei media. I disordini e la conseguente repressione a Teheran e nelle altre città iraniane, la lotta degli studenti, la stessa di ampi settori della società iraniana per la libertà e la democrazia, per la moderazione e la partecipazione, sono l'evento cruciale di questi giorni, soprattutto alla luce del nuovo contesto internazionale prodottosi in Medio Oriente e non solo dopo la sconfitta del regime di Saddam in Iraq.
Tuttavia questi eventi, preceduti e in qualche modo di certo provocati dalle sconfitte di terribili regimi in Afghanistan e Iraq, e che potrebbero precipitare verso qualcosa di buono quanto per adesso insperato, non stanno ricevendo affatto l'attenzione e la preoccupazione che meriterebbero. Né dai media, né dalla politica. E' lecito e opportuno non fare dichiarazioni fuori luogo o passi affrettati, ma la distrazione si vede ad occhio nudo. Mancano il sostegno, la considerazione, la riflessione che le lotte per la libertà dovrebbero sempre meritare, soprattutto da parte di chi, ed io sono tra questi, si definisce, certo spesso con troppa superficialità, 'di sinistra'. Eppure tutti gli elementi che così spesso demagogicamente farciscono la retorica 'di sinistra' sembrano esserci: le grandi manifestazioni popolari, la generazione di giovani studenti come motore degli accadimenti, la repressione violenta della polizia e dei 'guardiani' fedeli al regime. Invece, nessuna indignazione, né mobilitazioni per la pace e il 'progresso', né bandiere colorate, né girotondi o marce. Silenzio, imbarazzante, ma non imbarazzato.
La verità preoccupante è che i danni prodotti dalla per-niente-nuova e reazionaria ideologia no global, dalla per-niente-nuova propaganda anti-americana, da telesantoro e televespa, in questi anni stanno pian piano riciclando una per-niente-nuova antropologia (l'uomo "nuovo" direbbe Bertinotti - facendoci rabbrividire -). La stessa che, pur sapendo, proprio come oggi sappiamo dell'Iran, volle ignorare la rivolta di 50 anni fa esatti a Berlino Est contro il regime comunista della DDR, le lotte per la libertà in Ungheria nel '56 e a Praga nel '68, per fermarsi solo al nostro continente. Oggi Il Foglio ricorda come 25 anni fa la sinistra europea volle vedere nelle bombe nei cinema iraniani il carattere anti-capitalistico e anti-occidentale della rivoluzione contro lo Scià, contro il capitalismo, soprattutto nella sua espressione di imperialismo americano. Ebbene oggi vengono arrestati i dirigenti di un istituto demografico: avevano computato una stragrande maggioranza di iraniani favorevoli a riprendere i rapporti diplomatici con gli Stati Uniti. Il "grande diavolo" degli ayatollah è considerato dalla popolazione iraniana, invece, un esempio di libertà per i popoli, e questo nonostante 25 anni di indottrinamento religioso. Un tipo di libertà che però evidentemente dalle parti nostre piace sempre meno.
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