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Thursday, March 30, 2006

In un paese normale Prodi avrebbe già perso

Romano Prodi ridensIn un paese normale, durante una campagna elettorale normale, la confusione sul taglio del cuneo fiscale e il suo finanziamento tramite "armonizzazioni" fiscali sarebbe costato a Prodi l'elezione. E sarebbe stato giusto, perché la cialtroneria si paga. Non so chi sia, ma stringerei volentieri la mano al suo advisor elettorale. Senza che Berlusconi si esponesse a promettere "meno tasse per tutti", sono due settimane che i leader dell'Unione s'impegnano, con un certo successo, a dimostrare la fondatezza del teorema preferito del premier, cioè che la sinistra è garanzia di più tasse e più stato.

Ci sono volute due settimane per chiarire che l'aumento delle aliquote sarà solo per Bot e Cct di nuova emissione, ma così gli introiti saranno insufficienti a coprire il promesso taglio del cuneo fiscale. Anche sulla reintroduzione della tassa di successione, è sempre più chiaro quali siano questi grandi patrimoni e ricchi ereditieri di cui colpire l'"immorale" rendita: le famiglie che vivono in una casa di proprietà. Non ha importanza la cifra esatta, perché quelle che si sentono, da 180 mila a 500 mila euro, corrispondono sempre al valore di un'abitazione più o meno grande in città come Roma e Milano. Fossero anche 1 milione di euro, tra prima casa, casa di villeggiatura e qualche risparmio, vi sembrano questi i ricchi da colpire? A me sembra il classico ceto medio, quello che ormai vota anche a sinistra.

Le ultime fasi della campagna elettorale si giocheranno quindi sul tema più congeniale al centrodestra per il recupero del suo elettorato deluso e indeciso. Uno scivolone che rischia di rimanere nella storia delle campagne elettorali italiane al pari del famoso primo duello televisivo che sbarrò la strada a Nixon contro Kennedy negli Stati Uniti.

Ma procediamo con ordine. Anche se non ne ho scritto, ho seguito le varie fasi della vicenda. Si parte dal primo duello televisivo con Berlusconi. In quell'occasione, nonostante la reticenza di Prodi nell'indicare cifre e coperture del taglio di 5 punti del costo del lavoro, una linea apparve definita: tassazione delle rendite finanziarie; armonizzazione del peso contributivo tra lavoro a tempo indeterminato e a tempo determinato; lotta all'evasione fiscale.

Lotta all'evasione
Quest'ultima voce fa da jolly, è buona per tutte le stagioni. Oltre a essere inadeguata, per tempi e quantità, al reperimento delle somme necessarie, anche perché richiede comunque l'investimento di altre risorse, nel nostro paese una seria lotta all'evasione rimarrà priva di ogni credibilità finché le aliquote rimarranno a tal punto elevate per cui evasione e lavoro nero sono condizioni indispensabili per la sopravvivenza e lo sviluppo di tante piccole-medie imprese e, quindi, non vengono percepite con sufficiente riprovazione dalla comunità.

Rendite finanziarie
Le prime due voci fanno tremare i polsi. Chi investe i risparmi in azioni e obbligazioni, Bot e altro, non gode di una rendita, bensì di un compenso per aver posticipato il suo consumo ed essersi assunto un rischio. E' questo il motivo per cui l'aliquota fiscale di questi investimenti è più bassa, al 12,5%, di quella dei conti correnti bancari, al 27%. Questi ultimi sono liquidità, mentre Bot, obbligazioni e fondi gestiti sono risparmio. La diversa aliquota è di stimolo e premio fiscale per le rinunce di chi risparmia e rischia.

Il termine «rendita» evoca nella mente del pubblico un guadagno ottenuto senza sforzo, improduttivo, moralmente discutibile e quindi da tassare pesantemente. Invece, risparmiare, come tutti sappiamo, comporta un sacrificio, la rinuncia a consumare oggi nella speranza di poter consumare, un po' di più, un domani. Quindi, tassare le cosiddette rendite finanziarie portandole al 19 o 20% vuol dire tassare il risparmio, tassare il nostro futuro indebolendo la nostra capacità di consumo futuro.

E' realistico, come si sente dire, che a essere colpiti saranno i grandi capitali e le grandi speculazioni? No, perché chi ha dei risparmi, frutto del proprio lavoro (già tassato a monte con l'Irpef) non è in grado di crearsi una fiduciaria statica ad Andorra, Lussemburgo, Montecarlo, Svizzera, e non scamperà all'inasprimento della tassazione, mentre chi ha accumulato grandi capitali, anche evadendo il fisco, potrà continuare ad agire come sempre, attraverso trust e scudi fiscali specificamente progettati da advisor profumatamente retribuiti.

D'altra parte, la corrispettiva riduzione promessa, dal 27 al 20%, della trattenuta secca sui conti correnti bancari non bilancia il maltolto, visto che le banche non passano al cliente i benefici di una riduzione dei costi in modo così automatico e sollecito col quale gli addebitano eventuali aumenti.

Inoltre, tutto ciò potrebbe non bastare. Il gettito ricavato da "armonizzazioni" che escludessero Bot e Cct già emessi è incerto, ma comunque inadeguato (un quinto del necessario) a coprire un taglio sensibile del cuneo fiscale, con danno per la classe media, che percepirebbe solo l'aumento di tasse sul risparmio. Abbassare il costo del lavoro, avverte il direttore del centro di politica e di amministrazione fiscale dell'Ocse Jeffrey Owens, è «un obiettivo molto seducente, ma è più difficile a dire che a fare, in quanto significa ridurre le spese sociali». Ipotesi però subito respinta da Tiziano Treu (Margherita): «Ci mancherebbe altro. È evidente che non può essere toccata la spesa sociale, ma noi pensiamo di reperire le risorse altrove». E' questo «altrove» che spaventa. Ecco il punto: una riduzione credibile, perché significativa, del costo del lavoro passa necessariamente per una riduzione della spesa sociale e previdenziale, e non semplicemente per una redistribuzione del carico fiscale, cioè per più tasse da prelevare da altre fonti.

Chi non fosse disposto a intaccare la spesa dovrebbe per lo meno impegnarsi nelle liberalizzazioni, come chiede la Rosa nel Pugno con l'"agenda" Giavazzi. Non essendoci soldi che permettano di abbassare le tasse da una parte senza contemporaneamente alzarle da un'altra, o senza ridurre la spesa, meglio cercare di scuotere il paese cambiando e semplificando le regole del mercato del lavoro, dei servizi e delle professioni.

Armonizzazione contributiva
L'armonizzazione fiscale tra rendite finanziarie e conti corrente coprirebbe solo un quinto della riduzione di 5 punti del cuneo contributivo sul lavoro, che costa dieci miliardi. Gli altri quattro quinti verrebbero ricavati con aumenti di contributi previdenziali sul lavoro parasubordinato e sugli altri contratti della legge Biagi. Il cuneo scende da una parte, sale dall'altra.

Sotto l'eufemismo «armonizzazione» contributiva si nasconde infatti un'altra pericolosissima misura. Se per diminuire il costo del lavoro a tempo indeterminato si aumenta quello del lavoro a tempo determinato, gli effetti positivi della prima misura verranno compensati da quelli negativi della seconda. Soprattutto, si vanno a colpire i giovani alle prime esperienze lavorative, la cui assunzione anche a tempo determinato o a progetto richiederebbe alle aziende costi quasi identici a un'assunzione a tempo indeterminato. Anziché venire assunti a tempo indeterminato - si eliminerebbe così, ci viene detto, la precarietà - l'effetto sarebbe, in un periodo di stagnazione, quello di non venire proprio assunti o di venire assunti in nero.

Sia le politiche di centrosinistra (con Treu) che di centrodestra (Legge Biagi) hanno dimostrato che è valida la direzione opposta, quella cioè volta a far emergere lavoro nero e a creare nuova occupazione flessibile, allargando il più possibile la base imponibile. Invece, equiparare le due aliquote contributive al 25%, significa tassare i figli, o chiunque non abbia le super-tutele del posto fisso, per favorire i padri, o chiunque sia già nel recinto degli iper-protetti. Da ultima è giunta la presa di posizione di Montezemolo, per il quale la Legge Biagi «non va toccata, ma completata», anche con gli ammortizzatori sociali. Che Confindustria si prepari a sostenere la Rosa nel Pugno?

Tassa di successione
Per non parlare dell'ipotesi di reintroduzione della tassa di successione, un vero e proprio autogol. Limitatamente ai «grandi patrimoni», ci viene detto, ma poi si parla di una soglia di 500 mila euro, cioè ormai il valore di un appartamento di media grandezza e in buona posizione in una grande città come Roma o Milano. Vogliamo alzare la soglia a 1 milione di euro? Avremo un patrimonio costituito dall'appartamento di prima, da una modesta casa in una località di villeggiatura, e da un po' di risparmi in banca. Facciamo un 2 milioni di euro, aggiungendo a quanto detto una piccola attività commerciale. Sarebbero questi i ricchi ereditieri che si meritano la tassa di successione? A me sembra piuttosto che così si colpisca il ceto medio produttivo. Anche qui, è facile capire il perché. La verità è che si pensa di puntare su questa tassa per delle significative entrate, mentre se ci si limitasse davvero alle grandi fortune il gettito sarebbe quasi simbolico.

22 comments:

Anonymous said...

Caro Jim, leggo sempre con piacere questo blog. Intervengo solo ora con un commento perchè, per mestiere, curo il risparmio altrui.

Evito di fare numeri o altri riferimenti per ovvi motivi; voglio solo testimoniare che non mi è dato riscontrare, nei risparmiatori, una particolare preoccupazione.

La gente investe i soldi al 2%. Vuoi che si stracci le vesti se la tassa passa dal 12,5% al 20% di questo 2%?

Il problema, semmai, e a maggior ragione per noi liberali, si pone nella valutazione degli effetti economici della manovra nel suo complesso.

Ma la comprensione di questi fenomeni, consentimi, non appartiene al grande pubblico.

Insomma, l'errore comunicativo del centrosinistra ci sta tutto ed è anche abbastanza grave, ma mi sembra che si stia esagerando nel valutare la portata elettoristica del tema.

Un saluto.

JimMomo said...

Mi fanno sempre piacere critiche "tecniche". Forse ho drammatizzato negli effetti sul risparmio, ma ho anche chiarito che si tratta innanzitutto di uno scivolone comunicativo e a mio avviso di tanti modi inadeguati e non equi di finanziare l'opportuna riduzione del cuneo contributivo.

Ti sei scordato di firmarti.

ciao

spider said...

Jim, questo che dici:

D'altra parte, la corrispettiva riduzione promessa, dal 27 al 20%, della trattenuta secca sui conti correnti bancari non bilancia il maltolto, visto che le banche non passano al cliente i benefici di una riduzione dei costi in modo così automatico e sollecito col quale gli addebitano eventuali aumenti.

non può accadere perché le tasse sugli interessi te le trattiene la banca e le versa al fisco per conto tuo, ma sono in definitiva soldi tuoi e non della banca, che non sostiene alcun costo. Quindi se le tasse sugli interessi diminuiscono, tu avrai semplicemente un guadagno maggiore, e questo dovrebbe accadere in modo del tutto automatico.

Anonymous said...

mi hai fatto tornare in mente il portafogli, mi sa che voto Forza Italia..:)

Ciao Paolo :)

magister said...

Jim, articolo ottimo sul lato del casino di comunicazione.
Alcune note di merito
Tieni conto che, a quanto mi risulta, la soglia per l'imposta di successione è "per erede" (quindi mediamente da 2 a 4) e la valutazione dell'immobile non è al gonfiatissimo valore di mercato.
L'armonizzazione della tassazione tra l'altro potrebbe incentivare conti correnti a rendimento (tipo il Conto Arancio) e il risparmio postale (su cui la banca può caricare meno spese)

Anonymous said...

in un paese normale berlusconi era a potare le piante, dell'utri in galera, previti pure, andreotti idem, fede non era giornalista ecc.ecc.ecc.

peró il cuneo fiscale...certo...

Anonymous said...

la soglia per erede ? volete dire che se sono molto ricco e adotto venti bambini la tassa scompare ?

Ciao Paolo

JimMomo said...

A Semplicemente: letto

A magister: e te pare poco :-)? Insomma, ritrovarsi erede di mezzo o un milione di "robba" è un gran culo, ma è una "grande fortuna".

Le grandi fortune per me sono decine di milioni.

A Paolo: il capitolo centrodestra non l'ho toccato per non appesantire ulteriormente.

Però anche loro promettono più spesa pubblica, senza dire dove prendono i soldi (visto che di privatizzazioni non ne hanno fatte); sono stati a un passo (Alemanno-Udc ne sono ancora convinti) da una tassazione ben più pesante delle rendite finanziarie e nulla mi mette tranquillo che in altri cinque anni non ci riuscirebbero.

ciao

Anonymous said...

quello che mi dispiace di più è che s'interrompa il tentativo di portare la tassazione sui redditi a due sole aliquote, un idea che aveva fatto sognare gli italiani e che si decida di aumentare le tasse sui risparmi per dar respiro alla grande industria italiana ormai alla frutta..l'ha confermato anche Diliberto ieri sera a Matrix : "chi se non lo Stato e la grande industria possono fare ricerca e far ripartire il paese ?" mah..speriamo bene...io ho i miei dubbi...

Ciao, Paolo.

Anonymous said...

Ineccepibile ed esaustivo. Domenica lo linko nel round-up!

Anonymous said...

2 cose jim
1)Il 12,5% è una delle percentuali più basse in europa?
2)Se il lavoro a tempo indeterminato costa molto di più di quello determinato le aziende hanno gioco ad usare il più possibile il secondo. Non puoi far finta che questo problema non esiste. Prova a chiedere un mutuo con un contratto a progetto...

JimMomo said...

Provo a risponderti brevemente jumper.
1) Credo di sì, ma credo anche che ci sia una cifra oltre la quale il mercato finanziario rigetterebbe quei titoli con danno per il nostro debito. Negli altri paesi, ha detto qualcuno, è tutto "armonizzato". Quali paesi? Boh. E se bisogna armonizzare va bene, ma la differenza entrate-uscite per lo stato dev'essere zero.

2) Qui è più complesso. Vero, prova a ripescare cosa ho scritto sulle proteste degli studenti francesi, qualche giorno fa. Io sono per la libertà di licenziamento per tutti i tipi di contratti. In questo modo l'azienda non teme di assumere a tempo indeterminato, perché anche lei ne trae dei vantaggi, e accetta i diversi costi del lavoro sulla base delle capacità del lavoratore. Ovviamente, con una riforma degli ammortizzatori. Pensa che oggi solo il 18 per cento dei lavoratori italiani gode di sussidi di disoccupazione, mentre in Gran Bretagna il 60%.

Maurizio said...

Bellissimo questo articolo. Pero' anche Giavazzi, al convegno del 16 marzo, ha parlato di diminuire il cuneo fiscale e il costo del lavoro.

JimMomo said...

Mauri', capimose, tagliare il cuneo fiscale va benissimo, ma come ha fatto notare l'esperto dell'Ocse ieri occorre tagliare la spesa sociale e previdenziale.

Il guaio è che vogliono la botte piena con la moglie ubriaca. Quindi alleggeriscono qua e appesantiscono da un'altra parte.

ciao

Anonymous said...

Caro Jim, ha ragione l'anonimo che "cura il risparmio altrui".
A quanto ha già detto, aggiungo che i calcoli effettuati dall'economista Cecilia Guerra (il Sole 24ore - Lavoce.info) indicano un aggravio medio potenziale di circa 8-10 euro annui per i redditi medio bassi e di circa 140 per i redditi medio alti.
Il vantaggio derivante dalla riduzione del cuneo fiscale sul costo del lavoro è invece stimabile in circa 350 euro annui.
Inoltre, sempre su Lavoce.info ti segnalo l'articolo a cura della stessa Cecilia Guerra e di Silvia Giannini che supporta la prassi (peraltro diffusa in quasi tutta Europa) di un'aliquota unica sulle rendite finanziarie.
Link: http://www.lavoce.info/news/view.php?id=10&cms_pk=2082&from=index

Ti chiarisco peraltro che il termine rendita è un termine "tecnico", che non ha connotazioni positive o negative.
Un saluto
Apis
(che voterà la RNP)

Anonymous said...

Dimenticavo: sul piano "comunicativo" invece hai ragione al 100%: i leader del csx continuano a farsi del male da soli (e forse non se ne rendono neanche conto)
Apis

Anonymous said...

Poichè lo chiedete e visto che ho la tabella sottomano:
Tassazione in Europa (principali paesi):
- Germania 31,65% (b)
- Francia 27% (a/c)
- Svezia 30%(e)
- Spagna 15% (b)
- Regno Unito 20% (b)
e poi Austria (25) Belgio (15) Finlandia (29) Portogallo (20)

La Grecia (10%) è l'unico paese con una tassazione - a titolo di imposta definitiva - inferiore a quella italiana.

Fate attenzione alle lettere perchè la sola lettera (a) indica
imposta definitiva (paghi e finisce li).
La lettera (b) significa che l'imposta funziona come acconto, quindi si conguaglia con l'aliquota sul reddito imponibile.
La lettera (c) indica che si paga tutto in dichiarazione.

Insomma, direi che in Italia siamo alquanto bassini.

Ciao da Giuseppe (il primo anonimo senza firma) :-)

Anonymous said...

ma la Fiat, ad esempio, quanto risparmia con 5 punti in meno di costo del lavoro ? 1000 in meno a dipendente per quanti dipendenti ? son soldini eh ?

JimMomo said...

Apis: infatti l'operazione sulle aliquote è solo 1/5 della copertura per il taglio del cuneo.

Sarà anche l'aliquota più bassa d'Europa, ma i titoli stanno sul mercato e forse quella è l'aliquota giusta per rendere il titolo italiano appetibile.

Proprio perché gli interessi sono già vicini all'inflazione, tassare ulteriormente in termini assoluti fa perdere di poco, ma assottiglia una percentuale già bassa. E il titolo diventa meno competitivo.

ringrazio tutti per essere intervenuti e gustatevi il post successivo "Chi è il matto?"
:-))

Anonymous said...

Jim il tuo discorso non fa una piega. Presente solo una piccola, ma fondamentale, lacuna:
"In un paese normale Prodi avrebbe già perso, a meno che l'avversario non sia Berlusconi"

Anonymous said...

In un paese normale il berlusca sarebbe ancora a suonare il piano sulle navi e non sarebbe presidente del consiglio...


siculo

Anonymous said...

In un paese normale, il proprietario di 3 televisioni non potrebbe fare il presidente del consiglio....