Pagine

Sunday, March 19, 2006

Toh, chi si rivede, un liberale

Antonio Martino, liberale doc del centrodestra, per questo accantonato alla Difesa per cinque anni, dove gli riconosciamo un lavoro egregio, torna a farsi sentire. Finalmente, direte voi, si alza una voce liberale del governo sul vergognoso "caso Giovanardi". No, non si tratta di questo. Di bocconi clericali ne ha ingoiati parecchi e di uno in più ormai neanche se ne accorge. Allora sicuramente, direte voi, denuncia la deriva statalista della Casa delle Libertà e rilancia l'agenda economica liberista. Più vicini, ma non proprio questo.

Nonostante pare che sia deluso e rassegnato, anziché porre il problema dell'esilio del liberalismo dal centrodestra e della sua estromissione de facto, anziché scuotere Berlusconi e la sua coalizione dalla deriva anti-liberale anche in economia, trova la forza di intervenire, sul Corriere di sabato, per prendersela con Giavazzi, reo di indicare al centrosinistra le riforme economiche liberali che il centrodestra non ha fatto.

Martino difende il governo che da liberista dovrebbe criticare e critica il liberista Giavazzi, perché «sembra convinto che tutto ciò che serve per accrescere la competitività internazionale dell'italia sia l'abolizione degli ordini professionali...» e le liberalizzazioni. «Molte di queste cose - ammette Martino - sono certamente desiderabili e dovrebbero essere fatte, ma ingannerei i miei lettori se mi dicessi convinto che questo è tutto ciò che serve all'economia italiana. La nostra competitività internazionale è bassa perché i costi di produzione sono più alti in Italia che in altri Paesi». Il costo del lavoro, naturalmente, quello dell'energia e dei trasporti, fronti sui quali questo governo avrebbe fatto bene.

Anche ammesso che abbia fatto effettivamente bene (quei problemi mi pare che siano sempre lì), Giavazzi non dice che la sua agenda di liberalizzazioni (che toccano anche il lavoro, l'energia e i trasporti) è «tutto ciò che serve». Dice, e la sua obiezione vale soprattutto per il governo, che alcune riforme liberali che farebbero gran bene all'economia italiana, lo ammette pure Martino, hanno il particolare vantaggio, in un periodo di vacche magrissime per le casse dello stato, di essere a costo zero. Non si capisce perché allora il governo non le abbia fatte. Anzi, si capisce benissimo: ha ceduto alle corporazioni.

Giavazzi non vuole «far credere che i liberisti stiano a sinistra», anche se nella Rosa nel Pugno ce ne sono, ma sostenere un'agenda riformatrice in economia. Sì, la propone anche al probabile governo di domani, è questa la sua colpa? Semmai viene fuori che i liberisti nel centrodestra se la passano piuttosto male. «Da un convinto liberista quale è il ministro Martino», risponde efficacemente Giavazzi, non ci saremo aspettati in questi anni un «frastornante silenzio». Anziché polemizzare con Giavazzi, Martino impiegherebbe meglio il suo tempo a risollevare la «suggestione» liberale della CdL, svanita da tempo, com'è risultato evidente dalla performance di Berlusconi nel duello tv con Prodi.

Su questo blog lo diciamo da tempo e qualche giorno fa ne ha scritto Pierluigi Battista: «... nel momento della verità, nella rigidità poco persuasiva del premier si sono proiettate le ombre di una inconsapevole ma decisiva frattura culturale, la percezione di uno smarrimento, il senso di esaurimento di una stagione di cui Berlusconi è stato interprete e protagonista: lo svanire della suggestione liberale che per oltre dieci anni ha connotato la stessa identità pubblica del leader del centrodestra».

Quella «suggestione» non richiamava una teoria sistematica con contenuti concreti, ma per lo meno propagava un'«energia rivoluzionaria» che prometteva di rompere gli schemi corporativi e conservatori della politica e dell'economia italiana, suscitando la speranza (ora diremo l'illusione) di una «rivoluzione liberale». Dell'«inaridirsi di quella vena» dovrebbe preoccuparsi Martino, se non vuole proprio vedere che l'anima liberale del centrodestra è spacciata.

4 comments:

JimMomo said...

Qui:
"Nessuno evidentemente chiede la perfezione. Ma da un convinto liberista quale è il ministro Martino mi sarei aspettato in questi anni una battaglia per l'abolizione dell'obbligo di rivolgersi ad un notaio per il passaggio di proprietà di un'auto
usata; per concedere ai supermercati di vendere l'aspirina; contro il denaro pubblico gettato nell'inutile tentativo di salvare Alitalia; contro la scelta di ricostruire l'Iri attraverso la cassa Depositi e Prestiti; contro la crescita della spesa pubblica corrente, che in questi cinque anni è salita di oltre due punti di pil. E invece solo un frastornante silenzio."

ciao

Anonymous said...

a proposito dei notai, Giavazzi potrebbe rivolgersi per maggiori informazioni al titolare di una delle rubriche di punta del Corriere, figlio di notaio e a suo dire notaio mancato. Costui si professa liberale di ispirazione montanelliana, ma non appena qualcuno gli scrive chiedendo l'abolizione dell'ordine notarile o peggio di quello dei giornalisti, si trasforma in un accanito difensore di entrambi, con profusione di argomenti per dimostrarne la validita' e l'attualita'. La verita' e che nessuno tra politici ed economisti (per non parlare dei fantaccini giornalisti) ha la volonta' di mettersi contro le innumerevoli lobby,consorterie, gilde e organizzazioni presenti in questo paese

Anonymous said...

Stupidate caro anonimo, Sevregnini, che io mi pregio dileggere regolarmente, lo dice da sempre che occorre razionalizzare e liberalizzare il mercato delle professioni, financo quello dei giornalisti categoria(casta) a cui appartiene.

PieroS

Anonymous said...

"Noi pensiamo che il sistema degli Albi professionali regolato per legge sia molto meglio del sistema delle libere associazioni di professionisti presenti nei Paesi anglosassoni» scriveva nel maggio 2004 Berlusconi al presidente del Comitato Unitario delle Professioni....

prendiamo atto, da una parte Severgnini, dall'altra Berlusconi ...