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Wednesday, March 29, 2006

Nostra Ucraina. Un arancione non deluso

Una scena della rivoluzione arancioneCaro direttore, da arancione non sono deluso e mi sono scaldato per Minsk. Le analisi di questi giorni sembrano confondere piani diversi. L'errore di fondo è far coincidere l'esito della "rivoluzione arancione" con le sorti elettorali di uno dei suoi artefici. Sognavamo l'Ucraina democratica o solo filo-occidentale? O tutt'e due le cose? Per quanto sia brutto il successo dei filo-russi, comunque al 30%, oggi il loro peso politico si misura con consensi reali, non con la forza. Le elezioni, per oltre 2 mila osservatori, sono state libere e corrette. Oggi alternanza, libera espressione della volontà popolare, dialettica parlamentare, istituzionalizzazione delle crisi, danno sostanza alla democrazia ucraina. Certo, è ancora fragile ed esposta a influenze esterne, ma un ritorno al passato è improbabile. Uno studio dell'autorevole Freedom House dimostra che è tipico delle rivoluzioni nonviolente che il fronte democratico si divida una volta avviata la transizione alla democrazia. Le forze civiche e politiche che avevano fatto fronte comune contro il regime si presentano divise alle elezioni, ma ciò non pregiudica il processo democratico, è anzi fisiologico. Se invece la nostra preoccupazione è squisitamente geopolitica, è sottrarre l'Ucraina all'influenza russa, allora il problema è un altro: è l'Europa, pronta a tendere una mano ma anche a ritirarla, totalmente priva di qualsiasi politica estera.

E' vero che l'emancipazione dalla Russia è un processo molto complicato, che non può avvenire con le sole forze nazionali, ma non è pensabile - per la loro storia, la cultura e la posizione geografica - che a Kiev e a Minsk si governi contro o senza Mosca. Dunque, anche qui il problema, a lungo termine, è la democrazia in Russia. Solo con una Russia compiutamente democratica le ex repubbliche sovietiche potranno intrattenervi buoni rapporti di interdipendenza, e non di subalternità, che non mettano a rischio il loro assetto democratico. Sapevamo che a Minsk non era la volta buona, Lukashenko è più forte di quanto lo fosse Kuchma (ha un più stretto controllo sui media e nell'insignificante Parlamento bielorusso non c'è alcuna opposizione democratica), ma la strada intrapresa è quella giusta e c'è da essere ottimisti, soprattutto se l'Occidente lavora unito.

Per la prima volta in Bielorussia migliaia di persone «hanno trionfato sulla paura»; esiste un'opposizione, è visibile, consapevole di sé, capace di organizzarsi, ha i suoi leader, è nonviolenta e ha l'appoggio di Europa e Stati Uniti. Non è stata la volta buona, ma qualcosa di buono ha avuto inizio. Che sia l'inizio della fine per Lukashenko?

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