«Finché Confindustria parteciperà al tavolo della concertazione, giustamente i sindacati nazionali reclameranno il diritto di sedersi anch'essi a quel tavolo. E le politiche continueranno a essere concertate non per il bene dei cittadini, ma dei gruppi di interesse che Confindustria e sindacati rappresentano. In un decennio Confindustria è cambiata, ma nel senso opposto: le cinque maggiori imprese associate oggi sono monopoli, pubblici o privati: Ferrovie, Poste, Enel, Telecom, Eni. In Confindustria comandano, ma con quale credibilità rappresentano gli interessi delle mille piccole e medie imprese che tengono in piedi questo Paese? Con quale credibilità si può parlare di liberalizzazioni e privatizzazioni, dalla distribuzione di gas ed energia elettrica, alle farmacie, alle professioni? La vicenda dell'articolo 8 della recente manovra finanziaria è sintomatico. La proposta originale del ministro Sacconi prevedeva che imprenditori e lavoratori potesserofirmare accordi aziendali senza sottostare ai vincoli imposti dai contratti nazionali. La norma approvata consente ancora la deroga ai contratti nazionali, ma richiede che l'accordo fra lavoratori e impresa sia negoziato e approvato da un sindacato nazionale. Si dice per proteggere i lavoratori delle piccole imprese. Io penso che sia piuttosto per garantire la sopravvivenza dei sindacati nazionali. E da che parte è stata Confindustria? Da quella dei sindacati, evidentemente. Non credo perché improvvisamente abbia a cuore i lavoratori delle piccole aziende, ma perché un'associazione degli industriali si giustifica solo se vi sono dei sindacati nazionali altrettanto potenti».
Tuesday, October 18, 2011
Da che parte sta Confindustria
Sembra Nicola Porro del Giornale, invece è il prof. Francesco Giavazzi, che non può essere certo accusato di essere berlusconiano o filo-govenativo. Anzi. Eppure bastona Emma che inciucia coi sindacati: Confindustria è uno dei «mille interessi particolari che da decenni impediscono le riforme».
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3 comments:
mmmh ma dove sta la notizia? Viviamo nel regno degli stakeholders. Manco a liberalizzare le licenze dei taxi siam capaci, e vorremmo ignorare gli interessi di industriali e sindacati a favore del bene comune?
il concetto anglosassone di governance è intraducibile da noi.
Stefano, non credo che Telecom, Enel, Ferrovie e compagnia siano 'stakeholders' (che vuol dire 'parte titolare di un interesse legittimo'), ma - come ben dice Gavazzi - monopolisti, i cui interessi son fin troppo ben rappresentati e protetti. Quanto alla governance, essa suppone il mercato - cioé la concorrenza, nonché la proprietà diffusa di azioni e la partecipazione interessata alla gestione delle aziende. Di tutto ció, in Italia vi è ben poco. E riguardo ai tassisti, almeno Topo Gigio e Padoa Schioppa provarono a promuoverne la riforma. Fu il sindaco di Roma, grande velleitario e parolaio, nella buona tradizione della politica italiana (destra e sinistra), a fare marcia indietro, incoraggiando in tal modo i suoi pari di altre città ad ignorare il potenziale innovatore della normativa.
Se non altro, Reagan e M. Tatcher osarono sfidare (vincendo) le lobby dei controllori aerei e dei minatori. In Italia, sono bastati alcuni brutti ceffi - detti anche tassinari - a far recedere le velleità liberalizzatrici.
ma gli interessi legittimi ce li hanno. Ecccome. Peccato che il loro interesse legittimo sia in contrasto con il bene comune.
anche un tassinaro ha le sue ragioni, ora fanno un sacco di soldi, se le licenze sparissero i prezzi si dimezzerebbero e loro non farebbero più quel sacco di soldi, ma un po' meno.
Però io, e con me qualche altro centinaio di migliaia di milanesi non spenderemmo più 13 euro per fare i 5km scarsi che separano XXIV maggio da porta venezia...
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