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Monday, October 03, 2011

Marchionne smaschera Confindustria

Con la lettera di oggi, in cui annuncia l'uscita della Fiat da Confindustria, Marchionne di fatto cestina il manifesto presentato venerdì scorso dalla Marcegaglia, che pur contenendo tante proposte condivisibili, rischia soltanto di fungere da cavallo di troia per la patrimoniale.

A prescindere dal giudizio che si può avere della Fiat del passato come azienda assistita, oggi bisogna guardare a Marchionne come ad un vero innovatore, che mostra di non temere il conflitto anche radicale con le forze della conservazione, mentre gli industriali italiani e la loro associazione tendono storicamente ad evitarlo accontentandosi dei dividendi della "pax corporativa". Le sue potrebbero essere le parole e le considerazioni di un qualsiasi manager di una qualsiasi multinazionale straniera che vorrebbe investire in Italia ma teme che il suo investimento non sia economicamente sostenibile. Ecco perché dovremmo dargli ascolto. Non solo per mantenere in Italia gli investimenti Fiat, ma perché quella via potrebbe portarne molti altri.

E agli occhi dell'ad di Fiat Confindustria non fa gli interessi della sua azienda nel momento in cui da una parte elabora manifesti politici (anche in molta parte condivisibili), ma dall'altra si prepara a sabotare nei fatti, con l'accordo del 21 settembre, l'accordo interconfederale del 28 giugno scorso e le norme contenute nell'articolo 8 - quelle sì tra le poche della manovra finanziaria di agosto davvero in linea con quanto richiesto dalla Bce - che prevedono «importanti strumenti di flessibilità» e sanciscono la validità delle intese già raggiunte per Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco. Norme che di conseguenza permetterebbero «a tutte le imprese italiane di affrontare la competizione internazionale in condizioni meno sfavorevoli rispetto a quelle dei concorrenti». Insomma, Confindustria predica bene ma razzola male, mostrandosi in questo non diversa dalle altre forze politiche e sociali del nostro Paese, al dunque più interessata a mantenere le proprie quote di potere corporativo, senza quindi scegliere fino in fondo le logiche della contrattazione decentrata e un quadro di certezze nei rapporti sindacali.

Tre giorni dopo il manifesto riformatore di Emma, l'uscita della Fiat di Marchionne mostra il vero volto di Confindustria.

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