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Friday, September 30, 2011

Cavallo di Troia per la patrimoniale?

Abbiamo dato la pagella a governo e opposizione sulla base della lettera di agosto della Bce, pubblicata ieri dal Corriere. Oggi proviamo a dare i voti al documento di Confindustria, che appare innanzitutto costruttivo nel metodo, dunque nessuna invasione di campo ma un contributo trasparente, limpido, seppur tardivo. Finalmente Confindustria si espone e dice chiaramente come la pensa, le misure che vorrebbe venissero varate dal governo. Nel merito è in larga parte condivisibile, diciamo all'80%. Bene i punti 1, 3, 4 e in parte 5. Mentre nel punto 2, quello sulla riforma fiscale, mi pare di aver capito che in sostanza si propone una tassa patrimoniale per pagare crediti d'imposta et similia. Ma vediamo le proposte nel dettaglio.

Alcuni dei dati riportati sono emblematici, soprattutto dovrebbero far riflettere chi si lamenta dei «tagli» e i cittadini che magari si convincono che si sta facendo «macelleria sociale». Dimostrano come la spesa pubblica sia aumentata esponenzialmente nell'ultimo decennio (2000-2010), ben oltre crescita del Pil e inflazione. In particolare, la spesa sanitaria è cresciuta «da 67,5 miliardi a 113,5 miliardi». Eppure non si ricordano terribili pestilenze. Possibile che dieci anni fa il sistema funzionasse in modo più o meno identico ma con il 40% delle risorse in meno? La spesa per acquisti di beni e servizi della pubblica amministrazione è salita «da 87,4 a 137 miliardi» (aumento del 56,8% in termini nominali e del 45,7% in termini reali). E sulle pensioni, fa letteralmente rabbrividire che stando agli ultimi dati disponibili, relativi al 2008, paghiamo ben 55 miliardi l'anno a persone con meno di 64 anni di età, e di questi ben 17 miliardi sono erogati a persone fra i 40 e i 59 anni!

Sotto la voce riforma delle pensioni, Confindustria propone di «eliminare rapidamente le pensioni di anzianità», «accelerare l'aumento dell'età di pensionamento di vecchiaia», «equiparare l'età di pensionamento delle donne a quella degli uomini anche nel settore privato», e «abrogare tutti i regimi speciali». Voto: 10.

Riguardo la riforma fiscale, chiede nuove deduzioni Irap, crediti di imposta per gli investimenti in ricerca e innovazione delle imprese, decontribuzione dei premi produttività e l'«avvio della revisione dell'Irpef». Interventi che costerebbero 6 miliardi, calcola Confindustria, da finanziare interamente con una tassa patrimoniale ordinaria: un prelievo annuale sul patrimonio delle persone fisiche ad aliquota contenuta (1,5 per mille) e con una soglia di esenzione (1,5 milioni di euro). In pratica, la proposta Abete. Per combattere l'evasione fiscale le associazioni delle imprese propongono di abbassare a 500 euro il limite per l'utilizzo del contante e di ricorrere a misure di contrasto di interessi, cioè altre detrazioni, come quelle del 36% per gli interventi in edilizia e del 55% per l'efficienza energetica. Voto: 4.

Al punto 3) del documento Confindustria suggerisce privatizzazioni immobiliari e dei servizi pubblici locali. Voto: 10. Al punto 4) la liberalizzazione delle professioni e semplificazioni normative e amministrative. Voto: 10. Infine, il punto 5) è dedicato alle «grandi priorità infrastrutturali» e agli incentivi alle fonti di energia rinnovabili e alle tecnologie per l'efficienza energetica. Voto: 6.

La parte fiscale è quella meno convincente. Se reperire da una vera riforma delle pensioni le risorse per ridurre la pressione fiscale su lavoro e impresa è la cosa giusta da fare, del tutto superflua invece, anzi pericolosa, è una patrimoniale di 6 miliardi che finanziarebbe solo per 1/3 l'«avvio della revisione dell'Irpef» (costo previsto 2 miliardi) e per 2/3 nuovi sgravi Irpef e Irap. E' pur sempre vero che si tratterebbe di finanziare meno tasse su famiglie e imprese, ma sarebbe in realtà una mera redistribuzione del carico fiscale, non una sua riduzione netta. Trovo che anche quei 6 miliardi di nuovi sgravi dovrebbero venire da tagli alla spesa. Considerato l'elevatissimo livello generale di pressione fiscale, soprattutto dopo le ultime due manovre, non un euro in più dovrebbe arrivare da nuove entrate. Anche perché il rischio, con questo Stato rapace, è che una volta introdotta la patrimoniale alla prima occasione se ne faccia un altro uso.

Vista la resistenza tetragona dei sindacati, della Lega e degli altri partiti di opposizione sulle pensioni, e quella degli enti locali e delle corporazioni sulle liberalizzazioni, il punto del documento che rischia di conquistarsi l'attenzione della politica e dei commentatori nei prossimi giorni, anche perché l'unica novità di rilievo nelle posizioni di Confindustria, è l'apertura degli industriali alla tassa patrimoniale. Il ruolo politico che rischia quindi di giocare questo documento - al di là delle intenzioni dei promotori ovviamente - è quello di cavallo di Troia per la patrimoniale e basta. Nonostante ciò, al governo converrebbe comunque farsi forte sia della lettera della Bce, sia del documento di Confindustria, per riproporre riforma delle pensioni e liberalizzazioni. Può prendere atto dei due interventi con fastidio, oppure aggrapparsi ad essi per non lasciarsi sfuggire forse l'ultima occasione per cambiare il Paese.

4 comments:

Anonymous said...

A chiosa di ciò che ti scrivevo nel commento al post precedente, Confindustria ha un piano per sostenere *qualsiasi* governo che si trovasse di fronte la reazione ai tagli drastici, epocali della pubblica amministrazione o della spesa sanitaria,? Confindustria, con i suoi quotidiani controllati, ha intenzione di sostenere questo *qualsiasi* governo nella mastodontica operazione di riforma, mentre gli altri mezzi di informazione, con in testa ovviamente il gruppo Repubblica-Espresso, daranno invece voce alla rivolta, all'indignazione, alla protesta, alla "macelleria sociale"? O come sempre, quando i momenti sono difficili, la Confindustria e i suoi capillari, così come gli altri struzzi, metterà la testa sotto la sabbia, e tutti col ditino alzato faranno tanti distinguo, e poiché in questo sfortunato paese tutti sono capaci di dar giusti consigli ma mai di dare il buon esempio, volteranno le spalle lasciando ad altri il compito di tirar fuori le castagne dal fuoco? Ecco, al di là dell'accordo sulle parole, in Italia serve accordo sui fatti. Io non sono ottimista, proprio per niente. Saluti Woody

Anonymous said...

vorrei ricordaere che già una volta B. ha messo la testa nella bocca del leone, 1994 rifforma delle pensioni, e ce l'ha lasciata e questi gli chiedono di farlo nuovamente.
come detto da woody, marcegaglia & c. hanno gli attributi per difendere quello che chiedono?
raf

Marcantonio said...

Non ci si può aspettare che La Confindustria - che, ricordiamolo, è una confederazione di federazioni di categoria, cioé la quintessenza del corporativismo imprenditoriale più eterogeneo - sia coerente con se stessa. La Marcegaglia adesso rivendica tutto ció che, domani, contesterà. Una volta attuati dei reali tagli di spesa, che inevitabilmente dovrebbero riguardare gli sprechi nella sanità e negli appalti pubblici, la Confindustria sosterrebbe la voce delle imprese che si pretendono vittime di queste misure, 'con pesanti ricadute sull'occupazione'. In breve, la Confindustria - avendo assunto (insieme alla triplice sindacale) nel sistema consociativo degli anni '70/'90 un ruolo semi-decisionale - coglie l'opportunità della situazione attuale per posizionarsi nella vicinanza di un futuro governo che faccia i tagli delle pensioni (mentre occorrerebbe intervenire soltanto sull'anzianità e l'equiparazione immediata dei sessi) e non tocchi i lauti affari che le Regioni ed i Comuni (ed anche lo Stato centrale, per la sua parte, vedi protezione civile) permettono allo spregiudicato mondo dell'imprenditoria italiana, confindustrializzata, anpmizzata (piccole e medie imprese), alle banche (tra le più esose d'Europa, e difese dalla potentissima ABI), alle ferrovie (anch'esse private, riguardo ai costi ed agli stipendi, ma pubbliche per i deficit d'esercizio), alla Rai (che costa al contribuente 10 volte più di quanto dovrebbe), e cosí via.

Marcantonio said...

Se si volesse individuare un esempio di Paese, non della mitica Mitteleuropa o della Scandinavia, ma del Sud profondo, in cui un piano di stabilità e sviluppo, con tagli pesantissimi alle spese statali (inclusa la soppressione dei governatorati civili e di circa mille comuni, nonché la decurtazione del 15% mensile su pensioni e stipendi pubblici, aziende pubbliche comprese) ed aumenti sostanziosi delle tasse (IVA su gas ed elettricità dal 6% al 23%, tra l'altro) viene applicato da parecchi mesi, senza drammi e senza massicce campagne antigovernative, basterebbe guardare al Portogallo. Di questo Paese non si parla, ma sta facendo tutto ció che la Grecia dovrebbe e non può o vuole. Ed è un esempio per l'Italia, che straparla, ma non agisce. Obrigado, Portugal.