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Thursday, September 22, 2011

Una missione per Alfano: blindare il bipolarismo

... invece di inseguire l'Udc

Anche su notapolitica.it

Lo zig-zag sulle primarie; l'incerto e inadeguato procedere dell'azione di governo nella crisi del debito; il tema della successione a Berlusconi. Sono i fronti su cui abbiamo visto impegnato Angelino Alfano nei suoi primi passi da segretario del Pdl. Ma se sul piano dei contenuti l'ex Guardasigilli dovrebbe avviare nel partito una profonda riflessione su quale debba essere la visione economica di fondo, dopo che la "rivoluzione liberale", e lo spirito del '94, in cui tanti elettori hanno creduto, sono stati traditi per la seconda legislatura, c'è un altro ambito in cui dovrebbe giocare una partita altrettanto decisiva per la sopravvivenza del Pdl all'imminente uscita di scena del suo fondatore.

La partita da giocare è quella per la difesa del bipolarismo, e con esso del principio che il governo sia scelto dagli elettori nelle urne, che rappresentano al momento l'unica eredità positiva, l'unica riforma politica del berlusconismo. Uno dei pochi osservatori con sguardo sereno, non pregiudizialmente ostile a Berlusconi e al centrodestra, Angelo Panebianco, ha scritto per ben due volte negli ultimi mesi, sul Corriere della Sera, che la sopravvivenza del Pdl passa per la «messa in sicurezza» del bipolarismo, che solo una legge elettorale maggioritaria può garantire. Ci sentiamo di condividere.

Al di là del giudizio che ciascuno può aver elaborato sull'attuale legge, sembra chiaro che sia arrivata al capolinea. Complice un diffuso clima di antipolitica, è ormai invisa all'opinione pubblica, che la associa ai privilegi e all'intoccabilità della "casta". Che decida di puntare su un sistema uninominale puro (l'opzione più lineare e preferibile), o sul ritorno al Mattarellum, o su un sistema proporzionale "alla spagnola", dagli effetti fortemente maggioritari, l'unica cosa che il Pdl non può permettersi di fare è non assumere l'iniziativa, in Parlamento e fuori, sia per anticipare pur remote possibilità che sul tema si costituiscano maggioranze diverse, sia per non rimanere spiazzato in caso di referendum. Favorita come nel '92-'93 da un diffuso sentimento di biasimo nei confronti dei partiti, e sullo slogan "scegli il tuo parlamentare", la campagna referendaria per il ritorno al Mattarellum sembra avere buone possibilità di riuscita. Al momento per il quesito si è mobilitata soltanto la sinistra, o una parte di essa. L'assenza di iniziativa da parte del Pdl lo farebbe apparire come il difensore del sistema dei "nominati" e il referendum diventerebbe facilmente una clava "anti-casta" e "anti-Pdl".

Purtroppo, Alfano sta dilapidando il piccolo capitale politico rappresentato dalla novità della sua nomina infognandosi, esattamente come i vertici del Pd in questi anni, nel gioco delle alleanze. Corteggiare l'Udc sembra la sua priorità, ma è una scelta doppiamente miope, soprattutto da una posizione di debolezza. Innanzitutto, perché una forza di governo, il partito che ambisce a rappresentare la maggioranza relativa nel Paese, deve conquistare gli elettori di "centro" - comunque si vogliano definire, "moderati" o "indipendenti" - nelle urne, con la forza e la credibilità dei propri programmi e dei propri leader, e non credendo di poter appaltare a un partitino il compito di intercettarli, secondo i logori schemi della vecchia politica, che tra l'altro raramente hanno successo. Altro che novità politica, inseguire Casini è una minestra riscaldata. Se poi sul piatto dell'accordo i centristi chiedessero e ottenessero il ritorno al proporzionale, senza premi di maggioranza e magari pure con le preferenze, allora per il Pdl il suicidio sarebbe servito.

Aprire un confronto serio sulla legge elettorale con Lega e Pd, i partiti più interessati alla tenuta del bipolarismo, dovrebbe quindi diventare una priorità per la segreteria Alfano, senza escludere a priori il ritorno al Mattarellum, per via parlamentare o referendaria. Il Pd avrebbe tutti i motivi per collaborare, visto il suo sostanziale sostegno al referendum su cui si stanno raccogliendo le firme. E va ricordato che con il Mattarellum sia il centrodestra che il centrosinistra sono riusciti a vincere le elezioni e a governare cinque anni. E' vero: non garantisce appieno la governabilità, come d'altra parte nemmeno il sistema attuale, ma gli svantaggi della quota proporzionale possono essere per lo meno limitati con soglie di sbarramento e modifiche ai regolamenti parlamentari.

Nonostante la grave crisi di consenso in cui versano le forze della maggioranza, il Mattarellum renderebbe il centrodestra competitivo alle prossime elezioni, e in caso di sconfitta garantirebbe almeno un vantaggio: sarebbe l'unica opposizione in Parlamento, la più consistente, con margini minimi per terzi poli. Con l'attuale legge Pdl e Lega soffrirebbero probabilmente un più forte ridimensionamento in termini di seggi, offrendo lo spazio per un Terzo polo ago della bilancia nel post-elezioni. O ancora peggio, il ritorno al proporzionale puro: oltre a non convenire al Pdl, che andrebbe incontro a sicura disgregazione (è questo, in fondo, l'obiettivo ultimo di Casini), di tutta evidenza non conviene al nostro Paese, che sprofonderebbe di nuovo nelle sabbie mobili della Prima Repubblica.

12 comments:

Stefano said...

ma un bel maggioritario con doppio turno, qualcosa di simile all'elezione dei sindaci?

così al primo giro accontentiamo gli istinti tribali, io voto quello che ce l'ha più puro, tu quello di sinistra operaia comunista marxista, l'altro il partito cristiano dalle radici giudaiche.

e al secondo giro si fa sul serio.

potrebbe perfino funzionare. Quindi non lo faranno mai.

Marcantonio said...

... Il maggioritario a doppio turno (cosí come, per chi credesse alla sua efficacia, il maggioritario semplice 'first past the post') il parlamento non lo approverà mai, per due ragioni: i) 'because turkeys don't vote for Christmas'; ii) perché la classe politica italiana è levantina, incline ai compromessi, alle mezze misure, alle pastette, ai polpettoni, al tiriamo a campare.

Marcantonio said...

Credo vi siano anche delle questioni di sostanza: i) il terzo polo è una bufala, prodotta dall'ego smisurato dei suoi (troppi) leader, ma non è in alcun modo una tendenza politica interessata al rinnovamento ed alla modernizzazione del Paese e del suo sistema politico; ii) l'UDC è un partitucolo, con un seguito significativo soltanto in Sicilia (grazie ai miliardi di euro garantiti alla politica regionale da uno statuto di autonomia che è il più anacronistico d'Europa), ove la prossimità dei politici al mondo dell'affarismo criminale è notoria. E Casini non ha né idee né programmi né altro obiettivo reale che la propria sopravvivenza politica. Del resto, come potrebbe? Che mai ha fatto nella vita, se non l'assistente di Forlani, uno dei principali responsabili del dissesto finanziario che stiamo ancora pagando?

Stefano said...

si, posso comprendere che i sostenitori del Fronte Di Liberazione Della Palestina (quando sento il dibattito politico italiano penso sempre ai Monthy Python) badino al loro orticello elettorale del 1,5%.

ma di fronte a un maggioritario a doppio turno, pdl e pd cos'avrebbero da perdere? E avrebbero i numeri per approvarlo da soli.

a meno che, appunto, non pensino tutti di tenersi il salvagente del Partito dell'Unione di Centro Marxista e Post Missina, per ricattare la maggioranza risicata di turno. Perchè oggi sei nel partito grosso, domani puoi contare di più forte del tuo 2%.

Anonymous said...

L'unico polo che esiste in Italia è il polo conservatore trasversale, di cui ha scritto benissimo Galli Della Loggia in un editoriale sul Corriere di qualche settimana fa. Questo polo ha la maggioranza relativa, che diventa assoluta in quanto ha un fortissimo, imbattibile potere di veto. Per questo motivo qualsiasi radicale riforma, come l'abbattimento della spesa pubblica, in Italia è e sarà sempre impossibile, per questo, per il prossimo e per il futuro governo, di qualsiasi parte e con qualsiasi legge elettorale.
Woody

Marcantonio said...

Ad Anonimo Woody: è vero che il conservatorismo italiano è la vera, tenace maggioranza che domina il mondo politico. Il Berlusconi degli inizi, pur con un pesante fardello affaristico e giudiziario, aveva un istinto innovatore. Tra l'altro, aveva proposto di sopprimere vari ordini professionali ed aveva preso posizione per un maggioritario semplice integrale (senza il 25% del mattarellum). L'assedio cui fu sottoposto dalla conservatrice Quercia e dagli ultraconservatori della Rai e dell'Usigrai lo indussero a cercare alleati tra i numerosissimi avanzi sbolliti del regime CAF (detesto l'espressione 'prima' o 'seconda' repubblica). Adesso, il conservatorismo è immanente al sistema: le uniche eccezioni sono formazioni con peso elettorale marginale o insignificante, come i Radicali ed i Grillini. Il resto fa paura: Bersani sembra un segretario di federazione dell'epoca Longo-Berlinguer; Rosi Bindi è democristiana, geneticamente avversa ad ogni cambiamento che non sia benedetto dalla CEI; E. Letta appare rassegnato a fare, in futuro, il ministro, senza mettere in questione il vertice attuale; l'unico innovatore è Renzi, ma dovrebbe essere più aggressivo e, soprattutto, esprimere proposte coraggiose sull'economia, non solo sulla gestione del teatro comunale di Firenze. Gli altri partiti - compresa l'Italia dei Dolori, la cui unica ricetta è il mandato di cattura - potrebbero benissimo essere esportati in Romania, Grecia, Bulgaria o altro Paese di cultura politica autoritaria e/o consociativa e passatista. In breve, non c'è quasi nessuno che sembri in grado di prendere la leadership innovatrice. Spero di sbagliarmi.

GG said...

si sottovaluta una cosa, però. Un sistema elettorale NON PUO' E NON DEVE essere scelto a seconda di quanto convenga a questo o a quel partito, ma dovrebbe essere scelto a seconda di quanto rappresenti gli orientamenti del Paese e lo renda governabile. Tutte queste questioni machiavelliche del "ma questo però sfavorirebbe noi e favorirebbe loro" è L'ESATTA RAGIONE per la quale l'ultima riforma elettorale ha prodotto questo obrobrio. Vogliamo un replay?

JimMomo said...

Tu però sottovaluti un piccolo particolare: è quasi impossibile che una forza politica, qualsiasi, sostenga una legge elettorale che non la avvantaggi, o per lo meno che non la danneggi. Questa, piaccia o meno, è la realtà. Detto questo, siccome qui si è convinti che un sistema maggioritario, preferibilmente uninominale a un turno, sia quello più in grado di garantire rappresentanza e governabilità, ma siccome sappiamo che i partiti guardano alla loro convenienza, ecco che in questo post ho unito le due cose: il sistema con questo post è il migliore possibile e converrebbe anche a Pdl e Pd. Il problema vero è che l'uninominale non passa, nonostante di tutta evidenza convenga a entrambi i partiti in quanto forze politiche organizzate, perché NON conviene ai notabili singolarmente presi, i quali con un sistema del genere rischierebbero di doversi trovare davvero un lavoro.

Marcantonio said...

A JimMomo. Sono un convinto assertore della superiorità del maggioritario nelle sue varie forme (il mattarellum non è una di queste). É comunque il caso di relativizzare l'impatto del sistema elettorale sulla funzionalità ed efficacia del sistema decisionale. Il governo attuale disponeva, in origine, del 55% dei seggi parlamentari, o più. Lo stesso vale per il secondo governo Prodi (per effetto del porcellum). Entrambi questi governi hanno fallito, mancando l'occasione di modernizzare il Paese. I tassisti romani e milanesi si sono dimostrati più potenti di Padoa Schioppa e di Bersani. Quale che sia il sistema (e quello attuale è una vera porcheria di tipo sovietico), rimane il problema di fondo della selezione della classe politica e del ruolo degli iscritti in seno ai partiti. In Germania (sistema proporzionale equilibrato, con due diverse liste, locale e nazionale), le candidature alle elezioni richiedono l'approvazione della maggioranza degli iscritti al partito. In Gran Bretagna, idem. Ed in questo Paese, iscritti e parlamentari possono promuovere un voto sul cambio di leadership. In Italia, niente di tutto questo, non tanto per ragioni normative, ma perché i partiti sono delle nomenclature di tipo sovietico, inaccessibili dall'esterno, in cui le candidature vengono decise per cooptazione. Le misure da prendere sarebbero: i) applicare la Costituzione, rendendo possibili i controlli di regolarità e gestione dei partiti (norma da sempre inapplicata); ii)
imporre delle norme severe per la formazione dei gruppi parlamentari (non c'è ragione che una coalizione elettorale disponga in seguito di più gruppi), eventualmente via la modifica della Costituzione (in modo da non aver più le decine di gruppi oggi ammessi dalla partitocrazia delle Camere, che serve ad attivare i lauti finanziamenti pubblici); iii) sopprimere ogni forma di finanziamento pubblico ai partiti, ivi compreso quello ai giornali di partito, ad eccezione di un rimborso modesto ed a posteriori per le spese elettorali, per i soli casi di candidatura coronata dall'elezione. Quest'ultima misura potrebbe essere promossa dal Presidente della Repubblica con un messaggio al Parlamento seguito da un discorso. I media non di regime potrebbero farne una battaglia di primo piano. Tutto ció priverebbe i partiti attuali dell'ossigeno e delle trasfusioni che li tengono in vita, e forzerebbe i promotori di una forza politica a cercare il sostegno finanziario della società civile, che va di pari passo con la possibilità di partecipare al processo politico, candidature elettorali comprese.

Stefano said...

@jimmomo

però quei notabili sono eletti da noi.

ok, ora si sbraita tanto (e a ragione) contro il porcellum. Ma anche ai tempi non remoti in cui i candidati dovevamo sceglierceli, non è che la politica pullulasse di nuove facce proponitive. Gente che ripeteva lo stesso mantra per 20 anni, a destra come a sinistra, e veniva rieletta puntualmente.

e le rare volte che le promesse sono tradotti in realtà? Apriti cielo. Appena Pisapia ha varato la congestion charge, ho letto i commenti dei lettori del Corriere e ci sono rimasto di sasso.

o erano sul tono di 'l'avete voluto? Adesso piangete', come se non fosse nel suo programma. O 'sì, c'è stato il referendum cittadino che ha vinto, ma hanno votato solo il XX% degli aventi diritto, quindi YY% diviso 5 col resto di 2 non gli da il diritto morale di rispettare quell'impegno'. Oppure i peggiori erano 'ma i problemi a milano sono altri, ci sono le buche in via yyyy', cosa che mi provoca l'orticaria, come quando chiedo a un tassista che ne pensa dei farmacisti e mi risponde 'sono una casta'.

espatrio o lamette?

JimMomo said...

@ Marcantonio: Vaste programme. Sarei d'accordo, ma in questo post si cercava molto più umilmente di restare nel campo del possibile nelle condizioni attuali, che non sono molto felici. Che non dipende solo dalla legge elettorale è ovvio, ma averne una decente aiuta.

@ Stefano: il "Porcellum" è un sistema proporzionale con effetti maggioritari. Lo scandalo per me non è mai stato nelle liste bloccate, ma nel premio di maggioranza, che crea parlamentari dal nulla. In ogni caso, bisogna realisticamente prendere atto che è al capolinea, ormai inviso e delegittimato, c'è chi si sta muovendo per cambiare la legge elettorale (i referendari) e dico solo che il Pdl non dovrebbe subire passivamente questa situazione ma indirizzare i suoi sforzi verso un sistema elettorale più efficiente, che risulta anche essere più conveniente sia per il Pdl che per il Pd, il che non guasta.

Stefano said...

sinceramente, a me le liste bloccate non piacciono. Ok, i trasformisti ci sono sempre stati, ma almeno era un percorso lungo in cui il politico doveva riguadagnare credibilità. E' il caso di Rutelli (pur stimandolo 0 come politico) che fu radicale e ora è un baciapile, ma c'ha messo 20 anni. E in 20 anni uno può anche cambiare idea.

ma come si fa a farsi eleggere con Di Pietro, sbraitare contro Berlusconi un giorno sì e quello dopo sì, e poi appena ti offre una poltrona volare da lui come 'responsabile'? Nella stessa legislatura???

senza liste bloccate, un personaggio del genere sarebbe stato impresentabile alle prossime elezioni, in ogni schieramento.

poi vabbè, il premio di maggioranza è assolutamente esagerato. L'unica cosa che mi piace è la parziale sparizione dei partitini, anche se l'accorpamento la può evitare, mentre uno sbarramento SERIO non comprende la parola 'coalizione'.