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Tre giorni sono trascorsi da quando il presidente della Repubblica ha conferito al segretario del Pd l'incarico di verificare preliminarmente «l'esistenza di un sostegno parlamentare certo», tramite consultazioni aperte a tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento. E in questi tre giorni Bersani tutto ha fatto fuorché quanto gli è stato chiesto dal presidente, dal momento che né i sindacati, né le associazioni imprenditoriali, né Roberto Saviano e don Luigi Ciotti possono esprimere un «sostegno parlamentare». Perché, a che titolo consultarli? Non solo, dunque, non ha ancora iniziato a verificare ed "esplorare" alcunché - forse, si potrebbe sospettare, per prendere tempo essendo indeciso sul da farsi - ma ha alimentato un'indebita confusione tra rappresentanza sindacale, sociale e politica, se non addirittura un'interferenza istituzionale. A meno di ritenere che il metodo della concertazione con le parti sociali, già controverso rispetto ai dossier di loro interesse, debba essere esteso anche alla formazione dei governi. Le rappresentanze sindacali/imprenditoriali hanno forse ricevuto dai loro iscritti anche un mandato a rappresentare le loro posizioni politiche in merito alla formazione del nuovo governo? E perché mai gli iscritti a queste associazioni di categoria dovrebbero godere di una sorta di doppia rappresentanza politica, la prima espressa tramite il voto, alla quale si aggiunge quella esercitata come corporazione?
Ma non solo tempi (lunghi) e metodo (concertativo), anche il merito. Nel week end Bersani ha tratteggiato «la strada di un doppio registro», sperando che «si possa trovare un equilibrio di responsabilità». In sostanza, ritiene di poter ottenere dagli eletti del M5S la fiducia su un programma di "cambiamento", politico e sociale, e dal centrodestra quanto meno una tregua per raggiungere "larghe intese" su alcune riforme istituzionali («di cui si parla da 15 anni»), compresa la legge elettorale. La sua proposta si rivolge quindi a tutte le forze parlamentari, «su uno schema che consente a ciascuna di riconoscervisi». In pratica, Bersani continua a proporre un governo monocolore Pd-Sel, sostenuto da maggioranze variabili su una sorta di menù "a la carte". Ma Napolitano nel conferirgli l'incarico aveva chiesto altro. Difficilmente, infatti, uno schema a maggioranze variabili è garanzia di «un sostegno parlamentare certo» e di un governo con «pieni poteri».
Il problema è che se interpretato per quello che davvero è, per come Napolitano l'ha spiegato venerdì scorso incontrando la stampa, l'incarico a Bersani rischia di spaccare il Pd, visto che per assicurare un governo con «pieni poteri», non esposto all'umore piuttosto instabile di maggioranze variabili, occorre una qualche forma di collaborazione con il Pdl, che invece il segretario del Pd, e diversi esponenti del partito a lui vicini, continuano ad escludere: «Non mi vengano a parlare di concordia quelli che cinque mesi prima delle elezioni hanno lasciato il cerino in mano ad altri sui danni che avevano provocato».
Dopo Confindustria, con l'allarme lanciato dal suo presidente Giorgio Squinzi («l'ossigeno per il nostro sistema industriale è ormai pochissimo»), anche i sindacati (Cgil, Cisl, Uil e Ugl) chiedono un governo «a tutti i costi» e al più presto. Un governo forte, non di minoranza. «Siamo contrarissimi a che si torni al voto, il quel caso l'Italia potrebbe somigliare alla Germania all'epoca della Repubblica di Weimar», ha osservato Bonanni della Cisl. E sulle cose da fare, sulle tasse, una Camusso quasi "berlusconiana": «Via l'Imu sulla prima casa fino ad un importo massimo di 1.000 euro. La tassa sulla casa, insieme alla Tares e al rincaro dell'Iva sono minacce da disinnescare».
Anche nel contesto di una prova muscolare come sono sempre le manifestazioni di piazza, sabato scorso, e ancora oggi, Berlusconi ha chiarito che il Pdl è pronto a condividere con il Pd la responsabilità del governo (proponendo Bersani premier e Alfano vicepremier). A patto che il Pd si disponga ad una scelta condivisa per un «moderato» come prossimo inquilino del Colle e che la priorità del nuovo esecutivo sia l'economia (sottinteso, dunque, niente provvedimenti ostili a Berlusconi), mentre è ragionevole supporre che sul piano delle riforme istituzionali la proposta del Pdl resti lo scambio tra doppio turno di collegio e presidenzialismo.
Berlusconi sta chiedendo "l'impossibile" per farsi dire di no? Forse, ma in qualsiasi trattativa si parte chiedendo "l'impossibile". Di sicuro però, per dare al paese un governo forte, con numeri certi, la distribuzione dei seggi parlamentari parla chiaro: stante il "no" di Grillo, servono i voti del Pdl, che però il Pd ritiene «impresentabile». Posizione legittima, purché si ammetta che è il frutto non di uno stato di necessità, ma di una libera scelta politica, di natura identitaria, che implica il ritorno immediato alle urne e che significa di fatto disattendere gli auspici alla base dell'incarico che il presidente Napolitano ha attribuito al segretario del Pd. Viceversa, se qualcuno nel Pd ritiene che occorra una "politica oltre Bersani", è questo il momento in cui dovrebbe manifestarsi.
Il dilemma che deve sciogliere il Pd nelle prossime ore, probabilmente già nella Direzione di stasera, è di quelli da far tremare i polsi: dopo aver nutrito il proprio popolo a pane e antiberlusconismo per vent'anni, è ovvio infatti che qualsiasi "inciucio" col "giaguaro" verrebbe pagato a caro prezzo. Il rischio è una spaccatura del partito e un sonoro "vaffa" anche da parte degli elettori più fedeli, quindi meglio il voto subito che sedersi al governo con Berlusconi o uno dei suoi. Ma è anche vero che la "scissione" del Pd, tra i suoi elettori, è già strisciante, come prova la decisione di molti di essi di dare il proprio voto a Grillo. Ed essere richiamati alle urne già a giugno, ritrovandosi Bersani candidato premier (magari a Palazzo Chigi da sfiduciato, come spera ancora il segretario), non farebbe cambiare idea a molti.
2 comments:
Bersani ha messo su un discreto circo,come riesca a illudersi di tirar fuori qualcosa di buono dal cappello è per me un mistero.
Toni
allora, che dicevi riguardo all'omicidio di Meredith. che vergogna, genuflesso agli americani.
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