Tante battaglie. Alcune vinte, ma troppo poche. E alcune nemmeno battaglie ma poco più che scorribande. Altre, è stata già una vittoria averle combattute, in questo Paese. Ma la guerra - e ammetterlo, riconoscerlo, non diminuisce la sua grandezza - è persa. Basta guardare all'Italia oggi, a come è ridotto questo Paese, dall'"alto" della sua classe dirigente fino al "basso" della più dimenticata periferia... Un Paese rimbambito, rammollito, assuefatto agli opposti e convergenti statalismi. Statalismi di lotta e di governo. Un Paese che probabilmente è ancora più illiberale oggi di come Pannella l'ha trovato all'inizio della sua storia politica. Un Paese in cui per tentare di far passare qualcosa di liberale bisogna far ricorso all'argomento della mera convenienza pratica, non alla forza, dirompente, dell'idea stessa di libertà, che così poco evidentemente riesce a far presa sugli italiani...
Guai quindi a lasciarsi confondere dalle commemorazioni. Celebrare conquiste e vittorie di Pannella è fuori luogo, significherebbe accontentarsi, scambiare per libertà qualche lumicino flebile e intermittente acceso nelle tenebre... Troppo poco rispetto agli sforzi, enormi, profusi. Pannella è stato sì un gigante. Ma forse più di vita e di libertà, che di politica e liberalismo. Di errori ne ha commessi, ma va detto che le forze avversarie erano soverchianti e quelle alleate non alla sua altezza. Purtroppo, l'amarezza di questo giorno è resa ancora più profonda dal dover constatare, con tutta onestà, che Pannella ci lascia più testimonianza che reale cambiamento in senso liberale. Pannella è quello che ha (quasi sempre) ragione, e con decenni di anticipo, ma non quello che vince. Resta l'amaro in bocca di una grande, forse irripetibile occasione sciupata.
Ma si sa, che la vita è un brivido che vola via
è tutto un equilibrio sopra la follia.
Forse è stato questo il senso del suo vagare, forse era giusto così...
Ed era sbagliato aspettarsi qualcosa di più e qualcosa di diverso.
Ma è stato comunque un bel rumore. Ciao Marco.
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