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Tuesday, December 05, 2006

Qual è la politica economica del centrodestra?

Credo che a questo punto non si possa più far finta di nulla. Esiste un "caso" che riguarda anche la politica economica del centrodestra. Non basta ripetere ossessivamente da un palco la parola "libertà", o dimenarsi contro nuove tasse, per dirsi automaticamente "liberali". Troppo facile, d'altronde, in un paese dove la pressione fiscale è al 42,5%.

Ormai da colbertista la posizione di Giulio Tremonti, ex ministro dell'Economia, vicepresidente di Forza Italia, se non ricordiamo male, dunque non proprio l'ultimo arrivato, è divenuta dichiaratamente no-global e anti-mercato, come da lui stesso affermato e ribadito di recente, non senza un esplicito riferimento alla sinistra antagonista.
«Il futuro è la sinistra antagonista e non quella governista. L'ideologia che considerava il mercato come luogo dominante della politica è finita... è finita la sinistra neoliberista... E' fallita l'idea che un paese si governa come un'azienda... Se è vero che la politica non potrà tornare nei recinti ideologici è anche impossibile che resti nel luogo artificiale del mercato.»
Dietro la terminologia "creativa" di Tremonti, svela Ernesto Felli, su Il Foglio, si nasconde una vecchia ricetta: l'economia sociale di mercato, cara ai cattolici e ai socialdemocratici europei, via di mezzo tra libero mercato e statalismo. Il problema è che le politiche proposte «non funzionano». Le politiche che servono alla crescita, si dà il caso, sono esattamente «contrarie al protezionismo e al populismo corporativo» di Tremonti. Il low cost, l'interesse dei consumatori, sono la soluzione, non il problema.

Ancora più pungente, sempre su Il Foglio, è Alberto Mingardi, che si esprime sull'ex ministro senza molti giri di parole:
«Quanto, da fiscalista, è preciso e inappuntabile, da aspirante ideologo compone collage con tappi di bottiglia e profilattici bucati, piglia a sciabolate due secoli e mezzo di storia del pensiero politico, così, come stesse giocando a frisbee, convinto com'è che sulle braci fumanti di Marx non ci sia pietanza che non si possa cuocere e servire al tavolo della politica.
(...) parrebbe impegnato in una missione possibilissima: quella di costruire un centro-destra uguale in tutto e per tutto alla caricatura che ne fa la sinistra. Una specie di ideologia della grettezza, cucita addosso a bauscioni e sciurette, che alla xenofobia commerciale e a un certo gusto del complotto unisce il culto della roba, per cui si può essere per una drastica diminuzione delle tasse (l'imposta sul reddito) essendo pure per un drastico innalzamento delle tasse (i dazi). E' un tentativo conservatore e perdente, non solo perché esportare la democrazia americana è difficile ma lo è di più esportarne solo un pezzo, cioè Pat Buchanan.
(...)
Stupisce la miopia di un signore che si è fatto decapitare gridando "meno tasse", e non arriva a chiedersi se il fallimento del tentativo di ridurre il peso dello Stato, nella scorsa legislatura (coinciso con la sua prima mummificazione politica), abbia qualcosa a che fare con la resurrezione del "colbertismo". Più libertà economica in Italia e meno con la Cina è una formula che non regge. Il diritto all'autocompiacimento intellettuale è sacro, però originalità di pensiero e schizofrenia non sono proprio la stessa cosa».

1 comment:

Anonymous said...

Mingardi ha centrato il miglior ritratto del sopravvalutato Tremonti politico.