Su il Velino
La cooperazione nel campo nucleare tra Iran e Venezuela non è un mistero, tanto da essere stata rivendicata dai due Paesi nei recenti incontri ufficiali. Ma il puzzle di questa cooperazione si arricchisce di un nuovo tassello con il memorandum d'intesa di cui è entrato in possesso - da una «credibile fonte di intelligence straniera» - l'editorialista del Wall Street Journal Bret Stephens. Le basi ufficiali della cooperazione nucleare tra Teheran e Caracas sembrano gettate in un «memorandum d'intesa» datato 14 novembre 2008 e firmato dai ministri della Scienza e della Tecnologia dei due Paesi. «Le due parti concordano di cooperare nel campo della tecnologia nucleare», si legge nella versione in lingua spagnola del documento, in cui si menziona anche «l'uso pacifico delle energie alternative». Alcuni giorni dopo, il governo venezuelano ha consegnato all'Agenzia internazionale per l'energia atomica un documento riguardante l'"Introduzione di un Programma per l'Energia nucleare"...
Nel suo articolo l'editorialista del WSJ ricorda gli altri "indizi" della cooperazione nucleare tra Iran e Venezuela. I 22 container etichettati come "parti di trattori" scoperti dalle autorità turche...
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L'Iran, inoltre, secondo quanto riporta oggi il Washington Post, è ormai virtualmente in grado di costruire una testata nucleare. Nonostante le sanzioni e l'isolamento, Teheran avrebbe infatti da tempo intrapreso con successo uno sforzo per sostituire le capacità e i materiali acquisiti dall'estero con "know how" proprio. E' la conclusione cui sarebbero giunti analisti dell'intelligence Usa e di altri Paesi occidentali, così come di quelli dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica. «L'Iran ha informazioni sufficienti per essere in grado di progettare e produrre un ordigno nucleare in grado di funzionare», si legge nel memorandum firmato dagli esperti dell'Aiea citato dal quotidiano Usa. I progressi tecnici iraniani riguarderebbero la metallurgia dell'uranio, la produzione di acqua pesante e gli esplosivi di alta precisione necessari per innescare un'esplosione nucleare. I timori sullo stato di avanzamento del programma nucleare iraniano sono avvalorati dalla recente scoperta, da parte degli ispettori dell'Aiea, di 600 barili di acqua pesante nel sito di Khonab, vicino a Isfahan, una quantità incompatibile con le capacità dell'impianto denunciato dagli iraniani.
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«Piano piano stanno emancipandosi dalla dipendenza dalle importazioni di tecnologie critiche che invece stanno riuscendo a produrre da soli», ha spiegato Rolf Mowatt-Larssen, un ex funzionario della Cia ed ex direttore dell'intelligence del dipartimento dell'Energia, sentito dal Washington Post. «Stanno eliminando i colli di bottiglia del processo di costruzione di un ordigno nucleare. Non ho prove di una decisione iraniana di costruirli, ma d'altra parte, svolgere attività come quelle descritte nel memorandum è ben lungi dall'idea che l'Iran abbia completamente cessato il suo impegno nello sviluppo di testate nucleari nel 2003 e non l'abbia più ripreso», spiega David Albright, ex ispettore Aiea e ora analista dell'Isis.
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