Anche su Notapolitica
Alcune delle voci che circolano in queste ultime ore di campagna elettorale somigliano a quelle che in un celebre film di Fantozzi circolavano tra i poveri impiegati costretti ad assistere ad un noiosissimo lungometraggio russo mentre era in corso un'epica sfida Italia-Inghilterra: "Si diceva che l'Italia stava vincendo per 20 a 0 e che aveva segnato anche Zoff di testa, su calcio d'angolo...".
La realtà è che nessuno – nemmeno colui che ritenete il più acuto dei commentatori, né i sondaggi che filtrano clandestinamente, figuriamoci i vari leader politici – sa che cosa uscirà fuori dalle urne lunedì pomeriggio. Conviene dunque affidarsi al proprio intuito. Ma bando alla favola per cui ognuno pensa con la propria testa... Come avviene in ogni comunità umana, chi più chi meno tutti pensano anche con la testa degli altri. Anche gli elettori. Nel senso che tra le informazioni sulla cui base decidere come votare rientrano anche le previsioni su come voteranno gli altri e sull'esito delle elezioni. E' fisiologico, soprattutto in un momento di grande incertezza, cercare attorno a sé segnali e indicazioni che non si riescono a rintracciare al proprio interno.
In uno schema bipartitico o bipolare, regolato da una legge elettorale semplice e comprensibile, il compito dell'elettore è relativamente facile. Perché una democrazia possa funzionare, a partire dal suo momento più delicato, quello della trasformazione dei voti in seggi, dovrebbe essere il primo requisito di una legge elettorale: che un elettore possa prevedere con ragionevole certezza l'effetto che produce il suo voto sull'esito finale. Ebbene, in Italia si tratta di un esercizio enigmistico, per la quantità di variabili incontrollabili.
In presenza di un'offerta politica così diversificata rispetto alle altre recenti tornate elettorali, come quella del 2008, che fu essenzialmente bipolare, di un meccanismo elettorale contorto, dagli esiti praticamente imprevedibili, e di un sentimento generalizzato di delusione e disgusto degli italiani per i partiti e la politica, è davvero difficile pronosticare alcunché, ma proibitivo persino "scattare fotografie" del momento, come i sondaggisti amano definire il loro lavoro. Si può fare ricorso ad analogie con elezioni passate, e molti paragonano l'annunciato "boom" di Grillo a quello di Berlusconi nel 1994. Secondo alcuni il M5S si avvicinerebbe al 21% con cui esordì Forza Italia. Ma non ci si può limitare al mero dato numerico. Nonostante la carica anti-partitica del Cavaliere all'epoca della sua discesa in campo, infatti, al contrario di Grillo oggi la sua iniziativa esprimeva già una cultura, un'ambizione di governo non in chiave anti-sistema, e si rivolgeva ad una parte ben definita dell'elettorato.
Si dice che un elettore su tre sia ancora "indeciso". Ma i milioni di "indecisi" lo sono davvero, o vengono chiamati così solo perché sondaggisti, osservatori e politici non sopportano l'idea che non abbiano voluto rivelare per chi voteranno? La sensazione è che un un gran numero di elettori non abbia ancora deciso "se" andare a votare, mentre in cuor suo saprebbe eventualmente per chi votare.
Questa assurda legge che proibisce la pubblicazione dei sondaggi a partire dai 15 giorni dal voto ci precipita in una sorta di "teatro dell'assurdo" che apre le porte a qualsiasi bluff o psicosi mediatica. D'altra parte, se foste autorevoli sondaggisti, avreste più paura di sbagliare su Grillo in eccesso, sovrastimandolo, o in difetto, cioè sottostimandolo? Funziona più o meno così: i sondaggisti temono molto più di farsi cogliere di sorpresa dal "boom" di Grillo, cioè di mancare il fenomeno, quindi pensano sia meglio sovrastimarlo. Quindi, per vie riservate, attraverso i politici e gli operatori dei media che hanno accesso ai dati, si trasmette la narrazione della "valanga", o dello "tsunami", come Grillo ha abilmente chiamato il suo tour, all'opinione pubblica. Con ciò non intendo dire che il "boom" di Grillo non ci sarà, ma che ciò a cui stiamo assistendo potrebbe essere il prodotto di una "psicosi" dei sondaggisti, o dell'innamoramento dei media, sempre a caccia di una storia sensazionale da raccontare. Si generano così titoli tipo "valanga Grillo", e tutti ne parlano, ma quale sarà l'effetto di tutto ciò sul comportamento di voto è del tutto imprevedibile. Gli italiani potrebbero credere al “boom” di Grillo e decidere di contribuirvi, oppure di mobilitarsi per contrastarlo; oppure potrebbero non crederci affatto.
Mai come in queste elezioni, forse, gli italiani sono stati in bilico tra un generale "vaffa", che può esprimersi con l'astensione o con il voto a Grillo, e il "turarsi il naso" per l'ennesima volta. E' tutta qui la difficoltà del sondare, o prevedere, le reali intenzioni di voto: quanti intervistati si "vergognano" di confessare di essere ancora disposti a "turarsi il naso", e quindi si dichiarano incerti o dicono di votare Grillo? E quanti, invece, non rispondono, o si nascondono, vergognandosi del loro "vaffa"? In ogni caso, che domenica e lunedì decidiate per il "vaffa" o per "turarvi il naso", non vergognatevene. Sono loro, quelli sulla scheda, che dovrebbero vergognarsi.
1 comment:
Sinceramente spero che Grillo faccia un "Boom" così clamoroso da essere udibile anche dalle orecchie di chi non vuol sentire,se poi non basta questo a svegliare la nostra classe politica è facile immaginare l'arrivo di qualcosa peggiore di Grillo.
Toni
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