Pubblicato su Ofcs Report
Il "petroliere". Il ceo di Exxon Tillerson è la scelta di Trump come segretario di Stato: diffidare da chi lo liquida come amico (e quindi "servo") di Putin
Nella formazione della sua squadra di governo il presidente eletto Donald Trump continua a stupire con scelte all'insegna non dell'ideologia, ma del pragmatismo, della competenza e della coerenza con le priorità indicate in campagna elettorale. Scelte di altissimo profilo, che indicano la sua intenzione di circondarsi delle menti e delle carriere più brillanti del Paese nei vari ambiti di governo. Dopo tre generali - James Mattis alla Difesa, John Kelly alla Sicurezza interna e Michael Flynn come consigliere alla Sicurezza nazionale - è finalmente arrivata la scelta per la casella più importante e influente della sua amministrazione, la carica di segretario di Stato. Trump ha scelto Rex Wayne Tillerson, presidente e amministratore delegato della Exxon Mobil, una delle più grandi compagnie petrolifere del mondo. Ha superato di slancio i "due litiganti", il favorito dell'establishment del Partito repubblicano Mitt Romney, candidato alla Casa Bianca di quattro anni fa, e l'ex procuratore ed ex sindaco di New York Rudy Giuliani, fedelissimo della prima ora di Trump, che però nei giorni scorsi si era ritirato dalla corsa. Ad affiancare Tillerson nel ruolo di vicesegretario dovrebbe essere l'ex ambasciatore presso le Nazioni Unite, John Bolton.
"It's the economy...", anzi "il petrolio...", direbbe con occhi sbarrati il personaggio interpretato da Robert Redford nel celebre film di Sidney Pollack "I tre giorni del Condor". E nel mercato del petrolio la geopolitica è pane quotidiano. Almeno un paio di cose ce le dice sulle intenzioni di Trump questa scelta destinata a destare molte polemiche e perplessità. Primo, che per il neo presidente anche in politica estera la vera priorità è l'economia. Secondo, che pensa di dover concludere molti accordi, se vuole accanto a sé come segretario di Stato un uomo d'affari abituato a siglare accordi ad altissimo livello con enormi poste in gioco. Tillerson è infatti il "dealmaker" per eccellenza, un maestro di geopolitica. E non è un mistero che in cima all'agenda di Trump, dichiarate in campagna elettorale, ci sono due "mission impossible": una maggiore cooperazione con la Russia (il "reset" con Mosca fu mancato persino da Hillary Clinton e Obama all'inizio dei loro mandati) e un duro confronto con la Cina sul commercio, la politica monetaria e le questioni di sicurezza. Roba da far tremare i polsi a chiunque, un po' meno forse a chi è abituato a negoziare accordi da miliardi di dollari.
Lo stesso Trump ha spiegato di averlo scelto per il suo bagaglio di conoscenze globali e le sue abilità da manager. "La cosa che mi piace di più di Rex Tillerson è che ha una vasta esperienza nel trattare con successo con tutti i tipi di governi stranieri", "è un giocatore di calibro mondiale... conosce molti dei giocatori e li conosce bene". "La sua tenacia, la sua ampia esperienza e profonda comprensione della geopolitica lo rendono un'eccellente scelta", ha aggiunto il presidente eletto, anticipando che il futuro segretario di Stato "promuoverà la stabilità regionale e si concentrerà sui principali interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Rex sa come si gestisce un'impresa globale, il che è cruciale per guidare con successo il Dipartimento di Stato, e le sue relazioni con i leader di tutto il mondo non sono seconde a nessuno". Anche le multinazionali hanno una loro politica estera, la cui priorità di solito è la stabilità. Ma per quanto siano "globali", gli interessi di una multinazionale non coincidono con quelli di un Paese come gli Stati Uniti. E' solo una delle perplessità che Tillerson dovrà dissipare.
Destano preoccupazioni, inoltre, e saranno motivo di una resistenza probabilmente bipartisan in Senato alla ratifica della sua nomina, i suoi ottimi rapporti con il presidente russo Vladimir Putin. In Russia Tillerson ha concluso per Exxon importanti accordi, così come in un'altra cinquantina di Paesi, molti dei quali retti da governi altrettanto autoritari (se non sanguinari) e tra i più corrotti (Ciad, Venezuela, Libia, Iraq, Angola, Guinea equatoriale). Nel 2011 ha negoziato con le autorità russe un gigantesco accordo che consente alla Exxon di esplorare i giacimenti dell'Artico, permettendo in cambio alla compagnia petrolifera russa Rosneft di investire nelle concessioni Exxon nel mondo. Nel 2012 è stato insignito da Putin (insieme al nostro Paolo Scaroni, ex ad di Eni) dell'Ordine dell'Amicizia, onorificenza che il Cremlino riserva ai cittadini stranieri che più hanno contribuito a migliorare le relazioni con la Russia. Inoltre, si è detto contrario alle sanzioni occidentali contro Mosca (che definisce "ineffective", inefficaci).
Tillerson è stato quindi sbrigativamente "bollinato" dalla solita stampa mainstream, dall'"inviato collettivo", e da alcuni commentatori come "l'amico di Putin". Analisi che tuttavia rischiano di rivelarsi superficiali, come d'altronde siamo ormai abituati a notare quando si parla di Trump. Che senso ha parlare di "amicizia" nel mondo degli affari e, ora, in politica estera? In questi ambiti il concetto di amicizia dev'essere quanto meno contestualizzato e relativizzato. Ci può essere stima, rispetto reciproco. Ci possono essere buoni e persino ottimi rapporti. Ma a certi livelli, quando sono in gioco da una parte affari per miliardi di dollari e dall'altra le ambizioni geopolitiche di un Paese come la Russia, non esiste "amicizia". Esistono gli interessi e l'intelligenza, l'abilità dei giocatori di concludere un accordo soddisfacente per entrambe le parti, "win-win". Se questa è amicizia, ben venga anche fra avversari in politica internazionale. Così come è difficile immaginare che Tillerson abbia per "amicizia" anteposto gli interessi di Putin a quelli della Exxon, perché dovrebbe anteporli a quelli degli Stati Uniti che ora èchiamato a rappresentare? E detto tra parentesi, è curioso come gli stessi che oggi, prim'ancora che metta piede alla Casa Bianca, accusano Trump di voler favorire la Russia non abbiano emesso un fiato in questi otto anni, mentre le incertezze e i pasticci di Obama e di Hillary Clinton spianavano davvero la strada a Putin regalando alla Russia i maggiori successi geopolitici - dall'Ucraina al Medio Oriente - degli ultimi decenni, di cui oggi probabilmente non resta che prendere atto con realismo.
A raccomandare Tillerson al transition team di Trump, niente meno che James Baker, stimato segretario di Stato (di scuola realista) durante la presidenza di Bush padre, l'ex segretario alla difesa ed ex direttore della Cia Robert Gates e l'ex segretario di Stato Condoleezza Rice, esponenti di spicco delle amministrazioni di George W. Bush. E tutte autorevoli personalità "di governo", che godono di una stima bipartisan nella comunità degli affari esteri statunitense. Non esattamente le referenze di un "tirapiedi" di Putin. L'amicizia di Tillerson con Putin è "una narrazione completamente falsa",
avverte Bob Gates intervistato dalla Pbs. "Penso sia un errore pensare che siccome Rex Tillerson ha fatto con successo affari in Russia, allora lui sia il migliore amico di Putin". "Ampia conoscenza, esperienza e successo nel trattare con dozzine di governi e leader in ogni angolo del mondo", è il valore aggiunto che Tillerson porterà al Dipartimento di Stato secondo Gates, che lo definisce "una persona di grande integrità, il cui unico obiettivo in carica sarebbe quello di tutelare e far avanzare gli interessi degli Stati Uniti... Sarà un campione globale dei migliori valori del nostro Paese". Dello stesso tenore la dichiarazione di supporto della Rice, secondo cui porterà al Dipartimento di Stato la sua "ampia e straordinaria esperienza internazionale, una profonda comprensione dell'economia globale e la sua ferma convinzione nello speciale ruolo dell'America nel mondo". Lo definisce "uomo d'affari di successo e patriota", che "rappresenterà gli interessi e i valori degli Stati Uniti con impegno e risolutezza".
Ma nella biografia di Tillerson emergono anche particolari interessanti: boy scout in gioventù, tra il 2010 e il 2012 è stato il capo di tutti gli scout d'America, sostenendo la decisione di ammettere anche ragazzi e ragazze dichiaratamente omosessuali. E' un patito di Abraham Lincoln e
uno dei suoi libri preferiti è "La rivolta di Atlante" di Ayn Rand, pietra miliare del pensiero libertario.
Che la promozione attiva della democrazia, il "nation-building", l'interventismo come imperativo morale non saranno i principi-guida della politica estera dell'amministrazione Trump lo sapevamo già e la scelta di una figura come Tillerson alla guida del Dipartimento di Stato ne è la conferma. Questo non significa tuttavia che Trump o Tillerson agiranno da "fantocci" di Putin e che gli interessi degli Stati Uniti saranno svenduti alla Russia. Nel 2008, al Forum economico internazionale di San Pietroburgo, Tillerson ha bacchettato Mosca sullo stato di diritto: "Non c'è rispetto per la legge, nella Russia di oggi", deve "migliorare il funzionamento del sistema giudiziario e della magistratura". "Non condivido tutto ciò che Putin sta facendo - ha spiegato, a febbraio, agli studenti dell'Università del Texas - Non condivido tutto ciò che molti leader stanno facendo. Ma Putin comprende che sono un uomo d'affari. E ho investito molti soldi, la nostra compagnia ha investito molti soldi in Russia, con molto successo". Affari o amicizia?