Pubblicato su L'Intraprendente
Good news dalle elezioni politiche in
Olanda. Affluenza record. La destra liberale del primo ministro
uscente Mark Rutte "tiene" (pur scendendo a 33 seggi dai 41
del 2012), mentre il temuto partito di Geert Wilders avanza, arriva
secondo (da 15 a 20 seggi), ma non sfonda. I laburisti, che erano al
governo con Rutte, sprofondano. Euroburocrati ed europeisti tirano
un sospiro di sollievo, ma i brindisi che si vedono e leggono sui
social e sulla stampa sono del tutto fuori luogo... Non hanno ancora
capito niente se pensano che in Europa si possa continuare così.
Rutte ha "tenuto" proprio perché è tra i pochi che lo
hanno compreso.
I temi di Wilders sono stati al centro
della campagna elettorale e non sono stati affatto respinti dagli
elettori, né emarginati dalle altre forze politiche. Non solo,
infatti, il suo partito ha guadagnato seggi, ma se il premier Rutte
ha potuto limitare le perdite, riconquistando la maggioranza
relativa, è proprio perché li ha in qualche modo fatti propri, non
negati. La spinta impressa da Wilders al dibattito politico in Olanda
ha comunque determinato un radicale cambiamento del quadro partitico,
spostando a destra il partito di Rutte e l'asse del prossimo governo.
Qualcuno avverta i "compagni col
trolley", stamattina esultanti, che Rutte ha frenato Wilders
perché di destra e perché liberale. Entrambe le cose. E' un
liberista, i suoi riferimenti sono Margaret Thatcher e Ronald Reagan.
E la precondizione che gli ha permesso di reggere è uno stato
dell'economia pressoché perfetto: disoccupazione ai minimi, Pil in
crescita del 2%, conti pubblici da "tripla A". Questa
volta, anziché una grande coalizione con i laburisti, usciti
asfaltati dalle urne, farà un governo di centrodestra. E sarà
interprete in Europa di posizioni più intransigenti e nazionaliste,
sia sui bilanci che sull'immigrazione.
Rutte ha accettato di confrontarsi con
Wilders sul suo campo, senza negare l'evidenza di alcuni problemi, e
per certi versi con le sue stesse armi. A gennaio ha inviato ai
giornali una lettera aperta il cui messaggio a tutti gli immigrati
era molto chiaro: rispettate le nostre regole e aderite ai nostri
valori tradizionali, o andatevene. E' stato anche fortunato e abile a
sfruttare la crisi con la Turchia per dimostrarsi leader forte e
nazionalista, respingendo l'assurda pretesa dei ministri del governo
turco di tenere comizi in Olanda a sostegno del referendum
costituzionale per la riforma presidenzialista voluta da Erdogan.
Insomma, l'argine contro la destra
nazionalista e anti-islamica di Wilders ("ultradestra xenofoba"
sono termini che lasciamo volentieri al giornalista collettivo) non è
stata la sinistra, ma una destra liberale e conservatrice che non ha
avuto complessi nel dare risposte chiare ai cittadini su temi quali
l'immigrazione, la sicurezza e la sovranità.
Anche i nostri europeisti "liberali"
di "Forza Europa" avrebbero molto da imparare da Mark
Rutte, che invece di negare i temi posti da Wilders (e dalla realtà)
li ha fatti propri. Wilders è stato frenato non proponendo più
accoglienza e "più Europa", ma parlando di nazione e
confini. Rutte non ha una visione federalista dell'Ue, non crede
nell'esercito comune e nel controllo condiviso dei confini, è
contrario alla condivisione del debito e realista sull'immigrazione.
"L'idea stessa di un'Europa sempre più unita è morta e
sepolta", ha detto Rutte al World Economic Forum, lo scorso 19
gennaio, avvertendo che "il modo più veloce per smantellare
l'Ue è continuare a parlare della creazione passo dopo passo di una
sorta di superstato europeo". Il miglior modo per difendere l'Ue
è rispondere alle preoccupazioni dei cittadini, non snobbarle
trincerandosi dietro un europeismo di maniera.
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