C'è chi vorrebbe superarlo come indicatore economico, chi più cautamente ammette che «è indispensabile» ma non sufficiente. Ben vengano altri indicatori del «benessere effettivo» di una società, che si aggiungano alla misura meramente quantitativa offerta dal Pil. Sarà un po' rozzo, riduttivo, eccessivamente semplificante, ma come ha dimostrato la recente crisi dell'Eurozona, al dunque è il Pil quello che conta: se fai deficit, se il tuo debito pubblico aumenta, ma non cresci il necessario per poterti indebitare, allora sei nei guai. Stupidamente gli investitori ti prestano il loro denaro solo se dimostri di saperlo utilizzare bene, cioè per produrre ricchezza. Valli a convincere che per quanto inefficiente possa essere il nostro welfare state, nulla vale di più della "serenità" che ci trasmette (?!), o di un bel tramonto e di un inverno mite. D'altronde, per tutto il resto non c'è Mastercard? L'impressione invece è che ancora a lungo i governi dovranno pendere dalle labbra del Pil, pregare giorno e notte per ogni decimale di punto in più.
Per questo è apparso particolarmente intempestivo il convegno sul superamento del Pil organizzato ieri da FareFuturo, a cui ha partecipato il presidente della Camera Fini, proprio nei giorni in cui arriva la "sveglia" dei mercati sui problemi di crescita di alcuni Paesi dell'area Euro. E guarda caso a guardare con sempre maggiore insofferenza al Pil sono i leader o i politici di Paesi dove il welfare e una spesa pubblica elevata appaiono totem intoccabili. Pare proprio che Fini si associ puntualmente al mainstream anti-mercato dei leader di centrodestra europei - tedeschi, francesi e italiani. Fu Tremonti il primo in Italia a rincorrere le suggestioni di Sarkozy-Fitoussi sul Pil, sostenendo che la realtà del nostro Belpaese non fosse «completamente catturata dalle statistiche sul Prodotto interno lordo», colpevoli di ignorare la bellezza, l'ambiente, la storia e il clima italiani. Chissà se Tremonti ripeterebbe quel concetto anche oggi. Di sicuro lo ha fatto proprio Fini, che di Tremonti sembra non condividere solo il modo in cui in questi mesi ha tenuto stretti i cordoni della borsa, soprattutto nei confronti del Sud.
A proposito di Fini, se da una parte rifiuta comprensibilmente d'incontrare gli ambasciatori di "pace" del premier, dall'altro uno dei suoi scudieri, Adolfo Urso, ieri a Ballarò è apparso insolitamente "berlusconiano", allineato. Chissà che la pace, o almeno una tregua, non passi per il Ministero dello Sviluppo economico, lasciato libero da Scajola, di cui Urso è viceministro...
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