In fondo, l'"antipatico" Alessandro Sallusti, martedì sera a Ballarò, voleva solo ricordare a "baffino" D'Alema che sulla casa non aveva titoli per dare lezioni. Vero che nel caso Scajola, almeno secondo le indiscrezioni giornalistiche che lo hanno indotto a rassegnare le dimissioni, gran parte del valore effettivo dell'abitazione sarebbe stata pagata con assegni della "cricca" degli appalti per il G8, ma è anche vero che per le fortune accumulate dai politici, quasi tutti di sinistra, coinvolti in "affittopoli" prima e in "svendopoli" poi, c'è sempre qualcuno cui dover "ringraziare", anche se si tratta di enti previdenziali pubblici.
Bisogna inoltre dire, scrive Franco Bechis, oggi su Libero, che secondo la stima del sistema Sevia-Cerved, che raccoglie i valori minimi e massimi ponderati di mercato e le relative variazioni dal 2001 in poi, la casa di Scajola - che il diretto interessato sostiene di aver pagato poco più di 600mila euro, e che secondo le testimonianze raccolte dai pm perugini sarebbe costata invece oltre 1,7 milioni di euro - il prezzo giusto nel 2004 per un ammezzato di 9,5 vani a quell'indirizzo sarebbe stato di 930mila euro. E se alla fine il ministro fosse solo stato aiutato a fare un buon affare, come i politici di "svendopoli", solo che su una casa di privati e non pubblica?
La reazione scomposta di D'Alema comunque la registriamo, a futura memoria: «Lei è un bugiardo e mascalzone, vada a farsi fottere»... «La pagano per venire qui... le manderanno qualche signorina» (al che Sallusti ricorda prontamente all'ex ministro che «le signorine le usavano i suoi uomini in Puglia»)... «Io non la faccio più parlare». Insulti e minacce che se fossero uscite dalla bocca di Berlusconi...
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