Dimissioni inevitabili quelle di Scajola. Pur non essendo formalmente indagato, infatti (ma ciò potrebbe derivare da una scelta tattica della procura, perché indagarlo da ministro avrebbe significato dover trasferire tutti gli atti al Tribunale dei ministri; oppure in qualche modo obbligata, perché i pm sanno già che dovranno trasferire l'intera inchiesta ad altra procura), dal punto di vista politico, se non penale, la sua posizione non è recuperabile. Ormai il ministro stesso ammette la possibilità che la casa in cui abita sia stata in gran parte pagata da altri, sia pure a sua insaputa (!). Dunque, delle due l'una: o si è fatto corrompere; o, nel migliore dei casi, è vittima di una colossale ingenuità, tale da renderlo incompatibile con il ruolo di ministro. Insomma, se non è in grado di valutare un immobile nel centro di Roma, e quindi chiedersi il perché di quell'"affarone", possiamo lasciare nelle sue mani - per dirne una - il ritorno dell'Italia al nucleare? Da qui le dimissioni, chieste in modo ineccepibile anche da il Giornale e da Libero.
Tuttavia, non possiamo fare a meno di notare gli aspetti inquietanti (i soliti) di questa vicenda. Ancora una volta, l'uso politico di indiscrezioni uscite non si sa come da atti coperti da segreto istruttorio. Su questo nessuno indaga. Eppure, sapere da chi e come i giornali le abbiano avute sarebbe essenziale per capire chi ha voluto demolire politicamente il ministro prim'ancora di una sua iscrizione sul registro degli indagati, e prim'ancora che potesse essere interrogato come «persona informata dei fatti». Il legittimo sospetto è che i magistrati, ben sapendo di non essere "competenti" del caso e che tra breve avrebbero dovuto consegnare gli atti ad altra procura, abbiano voluto comunque assestare un colpo al governo passando alla stampa ritagli ben confezionati delle carte in loro possesso.
In ogni caso, la sensazione è che non finirà qui. Il ddl sulle intercettazioni, ma a mio avviso soprattutto le altre riforme della giustizia (separazione delle carriere e Csm), inducono i settori più politicizzati della magistratura a reagire per spirito di sopravvivenza. Dopo la breve pausa post-elettorale, riprenderà l'offensiva mediatico-giudiziaria contro il governo, alla ricerca della breccia, di un punto debole, per assestare la spallata definitiva. E quello di Scajola è un precedente pericolosissimo, perché un ministro è costretto a lasciare senza neanche aver ricevuto un avviso di garanzia, messo con le spalle al muro solo da una campagna di stampa basata su elementi parziali e confusi usciti da una procura, senza neanche che questa si sia "impegnata" in accuse circostanziate.
Scenari inquietanti si profilano, l'unico Paese in cui le "veline" vengono dalle procure, in cui il dibattito politico è scandito più da pizzini e papelli che dalle riforme. Purtroppo, al giustizialismo del centrosinistra se ne aggiunge uno di nuovo conio, o meglio, un amarcord: la migliore, si fa per dire, tradizione "manettara" della destra ripresa ultimamente dai 'finiani'. Basta sentirlo parlare, e uno come Granata si direbbe un perfetto dipietrista. Fini stesso, che scopre tardivamente il conflitto di interessi e con il suo solito tempismo interviene per ribadire che «non c'è alcuna congiura, alcun accanimento dei giudici contro il governo», che parla di sensazione di «impunità» e fa demagogia sull'evasione fiscale, si aggrappa agli slogan classici (e finora perdenti) dell'antiberlusconismo.
Ma lo avevamo scritto in tempi non sospetti: su tutto Fini può distinguersi da Berlusconi e dalla maggioranza del Pdl, ma uno dei confini politici del centrodestra italiano, che qui si spera sopravviva (il confine) a Berlusconi, che possa anzi ampliarsi e non restringersi, è una certa analisi sull'anomalia giustizia nel nostro Paese. E invece, emerge con sempre maggiore evidenza che anche Fini ormai spera nell'azione delle procure per sbarazzarsi di Berlusconi. Ci sperano. Di più: ci basano le loro strategie politiche sia Casini, che vuole creare entro l'anno un nuovo partito per la «riconciliazione»; sia Fini, che pochi mesi fa si era illuso della "bomba" Spatuzza e che ha da poco annunciato la nascita dei circoli di Generazione Italia. Da un lato, gli ammiccamenti alla magistratura («baluardo della legalità») in chiave anti-Berlusconi (il poveretto non sa che se gli riuscisse di succedergli, lo terrebbero per le palle); dall'altro, l'allarmismo sul federalismo e gli ammiccamenti al Sud in chiave anti-Tremonti e anti-Lega. Non si tratta di complottismo, o cospirazionismo. Non penso che ci sia un "grande architetto", ci sono forze politiche e sociali minoritarie i cui interessi convergono, che spesso agiscono al di fuori del loro ruolo costituzionale, e che mirano a sovvertire - purtroppo non nel momento deputato, quello delle elezioni - l'esito del voto.
1 comment:
a breve sarà sentito come testimone. eppure sembrerebbe che la sua condanna sia già stata scritta. e questo nonostante sia ancora un presunto innocente, si dice così, no?!? allora, se questo è vero, cioè, se in italia vigono ancora la presunzione di innocenza e tutto un sistema di garanzie poste a beneficio di chi incappa, giustamente o no questo non è il problema, specie quando ancora nemmeno s'è "indagati" formalmente -, se questo è vero, dicevo, allora perché la procura, perugia o roma che sia, ancora non si degna di inviare a scajola un avviso di garanzia che, come dice pure il nome stesso, lo metterebbe al riparo da spiacevoli sorprese? perché sentire scajola come testimone ovvero, senza la garanzia di poter finanche mentire sulla sua posizione di indagato, escutendolo invece come teste, appunto, dove all'occorrenza, mutando la sua posizione da teste ad imputato con tanto di prove positive a carico, avendo "mentito" nella fase delle indagini preliminari ( che, ricordo, non dovrebbero essere pubblicate sui gionali, in un paese decente ovviamente ) in fase istruttoria e dibattimentale questa "menzogna" gli puo essere contestata come reato?
gli vogliono fa' lo scherzetto?
io ero tzunami
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