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Friday, October 03, 2008

Il mercato può farcela, McCain deve riprendere l'iniziativa

Il Wall Street Journal, dalla sua pagina degli editoriali, continua ad appoggiare il piano Paulson ma non si arrende al fatto che le colpe della crisi finanziaria in atto vengano fatte ricadere sul libero mercato e sulla deregulation bancaria voluta da Clinton e dai repubblicani nel '99. «Prima di concludere che i mercati hanno fallito, abbiamo bisogno di un'attenta analisi sul ruolo giocato dalla politica». E da questa analisi emerge chiaramente che la bolla immobiliare da cui tutto è partito «non sarebbe cresciuta così tanto senza i molteplici errori di Washington». Nelle rappresentazioni dei media e dei politici, invece, sono assenti le responsabilità dei politici e delle autorità pubbliche «nell'aver creato artificialmente un aumento dei prezzi delle case, riducendo artificialmente i rischi connessi ad asset estremamente rischiosi».

Sotto accusa sempre Fannie Mae e Freddie Mac, il Congresso e la Federal Reserve. Sotto l'esplosione fragorosa della bolla immobiliare è rimasto anche il sogno della "ownership society" coltivato dal presidente Bush, ma le colpe sono rigorosamente bipartisan. Delle amministrazioni Bush e Clinton, così come del Congresso, sia a guida repubblicana che a guida democratica, per aver incoraggiato, o non aver impedito, la concessione facile dei mutui. E della Fed (sia sotto Greenspan che sotto Bernanke), per aver tenuto troppo basso il costo del denaro troppo a lungo, contribuento alla "credit mania". "Drogando" il mercato con "soldi facili" la Fed ha aiutato la crescita economica e l'occupazione, finché però è sopraggiunta la crisi da overdose.

E mentre il Congresso vara un piano da 850 miliardi, Wells Fargo acquista Wachovia, dimostrando che il mercato può ancora farcela da solo, come osserva Macromonitor: «... pagando con azioni proprie per un valore di 15 miliardi di dollari... un segnale importantissimo al mercato e al Congresso: lasciateci lavorare e possiamo farcela da soli. Wells Fargo non ha chiesto nulla alla Fed, all'ente di tutela dei depositi o al governo federale, al contrario di quanto aveva fatto Citigroup; ha offerto un prezzo minore, ma si è accollata ogni rischio».

Il rischio del piano Paulson è che potrebbe non funzionare e dopo l'euforia iniziale nel medio-lungo periodo «potrebbe addirittura ritardare la ristrutturazione del sistema, fornendo incentivi distorti e false speranze. I compratori esistono, ma sorge il sospetto che la tentazione di scroccare qualche soldo al governo sia, per molte banche, troppo forte», vista l'aria propizia che tira.

La visione economica e le proposte di McCain, orientate alla libertà di scelta, a lasciare che siano gli individui a valutare i rischi economici da prendersi, e al taglio della spesa pubblica (non solo delle tasse, come faceva Bush), sono le più adeguate a dare un taglio netto con il moral hazard introdotto nel sistema dai policy maker, mentre i programmi sociali di Obama cercano tutti di ridurre una serie di rischi economici caricandoli sulle spalle dei contribuenti.

Posizioni antitetiche, ma il paradosso è che Obama rappresenta la continuità del tipo di politiche che hanno per lo meno aggravato la crisi, eppure a rimetterci l'elezione sarà McCain, candidato del partito del presidente in carica. McCain sta sbagliando tutto. Si è fatto risucchiare dalla crisi, è rimasto invischiato nelle trattative a Washington per far passare il piano Paulson, invece di rappresentare lo scetticismo degli americani. Obama può permettersi di restare immobile e appiattirsi sul piano di salvataggio approvato stasera dal Congresso, ma McCain deve prendere iniziative forti, più indipendenti che bipartisan.

Non dico che avrebbe dovuto contrastare esplicitamente il piano, ma che dovrebbe indicare nelle cattive politiche di democratici e repubblicani - a cui tra l'altro lui si è opposto - le colpevoli della crisi; sottolineare che le ricette di Obama perseverano in quella direzione; rivendicare i suoi voti su Fannie e Freddie. Sta dimostrando qualità che gli americani già gli riconoscono - "senso di responsabilità" presidenziale e approccio bipartisan - mentre cercano una figura di forte rottura con il malgoverno e la corruzione a Washington.

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