Se, come da pronostici, McCain perderà, non sarà stato per i dibattiti televisivi, nei quali per ora a mio avviso si è ben comportato, facendo il possibile. Certo, vi diranno che anche ieri notte ha vinto Obama, ma a questo punto tutti hanno negli occhi le sue percentuali di vantaggio nei sondaggi (soprattutto quelli negli stati in bilico) e si lasciano volentieri condizionare. Anche se fosse andato meglio McCain, chi si azzarderebbe a sussurrarlo quando la partita sembra ormai chiusa a favore di Obama? Se vogliamo dire che McCain ha perso perché non ha vinto, questo sì, si può dire.
Ma ieri notte l'unico errore che si può davvero imputare a McCain è non aver tirato in ballo Clinton quando Obama ha indicato nella deregulation la causa della crisi finanziaria: fu Clinton, d'accordo con i repubblicani, tra cui McCain, a volere la deregulation. McCain avrebbe dovuto ricordarlo non per dare le colpe a Clinton, ma per difendere quella decisione e mostrare al pubblico quanto Obama sia più a sinistra di Clinton. Un'occasione sprecata.
Per il resto, McCain è apparso sciolto e a suo agio, anche se il format del "town hall" non lo ha aiutato quanto probabilmente egli stesso si aspettava. In parte, perché Obama è stato bravo, confindenziale; in parte, perché il dibattito è risultato nel complesso noioso, le domande erano troppo "aperte", lasciando ai candidati (soprattutto Obama) la possibilità di divagare propinando più o meno sempre lo stesso minestrone preconfezionato.
McCain era nella posizione più scomoda: azzoppato dai fallimenti della presidenza in carica, avrebbe bisogno di discostarsene senza però sconfessare la sua parte politica. Doveva attaccare e l'ha fatto, si è spinto fino al limite, senza oltrepassarlo, dell'aggressività ammissibile nei confronti del suo avversario. Attaccandolo di più, e sul personale, sarebbe apparso ripetitivo e avrebbe messo troppo a nudo la sua già evidente debolezza, dando l'impressione di essere disperato. Quello che è riuscito a fare, in un dibattito molto simile (anche se il format era diverso) al precedente rispetto ai temi trattati (moral issues assenti, faccio notare tra parentesi), è far emergere bene le differenze tra i due: su health care, public spending, tasse e politica estera, sono vistose.
Questa volta sia Obama sia McCain sono stati meno vaghi sulla crisi economica. McCain ha addirittura tirato fuori una proposta a sorpresa, l'ipotesi di una rinegoziazione dei mutui, ma soprattutto non si sono risparmiati colpi sulle cause: la deregulation, secondo Obama; Fannie Mae e Freddie Mac, il Congresso e i controllori pubblici, secondo McCain. Su questo posso dire che McCain si è mosso nella direzione che auspicavo, ma ancora troppo poco.
Manca un mese e bisogna vedere se in quest'arco di tempo McCain riuscirà a sollecitare gli istinti più profondi degli americani, se riuscirà a convincerli a temere il tassa-e-spendi del troppo liberal e inesperto Obama più della crisi. Difficile, ma per farlo deve parlare con più competenza di economia. A Obama basta l'inerzia, lui deve tirare fuori, e saper spiegare bene, una ricetta anti-crisi.
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