Anche quest'anno il rapporto Ocse Education at Glance (su dati 2009) suggerisce che il problema del sistema educativo italiano non è legato tanto alla quantità della spesa, quanto alla sua qualità ed efficienza, smentendo così i soliti luoghi comuni statalisti. La nostra spesa è troppo squilibrata, da un lato a favore di scuole primarie e secondarie inferiori, mentre soffrono licei e università, dall'altro sulla spesa corrente (salari) a danno degli investimenti (edilizia e strumenti). In Italia gli insegnanti vengono pagati molto meno dei loro colleghi ma sono uno ogni 11,3 alunni nella scuola primaria (media Ocse 15,8, Francia 18,7 e Germania 16,7) e uno ogni 12 nelle secondarie (media Ocse 13,8, Francia 12,3 e Germania 14,4). Le famiglie fanno la loro parte, semmai è quasi trascurabile il contributo di enti privati, che non sono incentivati ad investire nell'istruzione né da vantaggi fiscali né da una governance aperta e trasparente. E a fronte di una spesa che rispetto al Pil pro-capite è in linea con le medie Ocse e Ue, e con quella dei paesi europei più simili al nostro, sforniamo pochi laureati e i nostri studenti sono mediamente meno preparati. Ma scendiamo nel dettaglio.
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2 comments:
Gli investimenti privati nella scuola mi preoccupano: non vorrei dirigessero interessi e fondi solo dove gli torna comodo. Almeno l'istruzione dovrebbe essere il più possibile impermeabile alle logiche commerciali.
Dobbiamo fare i conti con il fatto che le istituzioni educative migliori del mondo si trovano in paesi dove almeno nell'istruzione terziaria è preponderante l'investimento privato.
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