Se le parole di Sollecito oggi possono apparire verosimili e non farneticazioni, è perché il teorema accusatorio, la natura puramente indiziaria del processo e le modalità della raccolta delle prove, giudicate dai periti super partes «approssimative», non conformi agli standard, hanno destato pesanti perplessità. Considerando i sospetti che fin dall'inizio gravano sulla correttezza dell'operato della pubblica accusa, e la vasta eco internazionale della vicenda, le nostre istituzioni non possono permettersi il lusso di rispondere con il silenzio alle gravi accuse esplicitate nel libro di Sollecito e, c'è da scommettere, anche in quello di Amanda. Per tutelare la credibilità e l'onorabilità della giustizia italiana dovrebbe essere fatta piena luce sulla condotta della procura durante le indagini e durante il processo. Sia il ministero della Giustizia che il Csm dovrebbero aprire un'inchiesta formale per stabilire non solo se vi siano state violazioni di legge, ma anche incompetenze e negligenze, per capire come sia stato possibile che, delle due l'una, o due innocenti sono rimasti in carcere per quattro anni, o due ragazzini hanno messo in scacco una procura.
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Thursday, September 20, 2012
Friday, January 22, 2010
Condannato l'accusatore di Amanda Knox
Condannato per abuso d'ufficio il pm Giuliano Mignini, che ha guidato la pubblica accusa nel processo di Perugia contro Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Un anno e quattro mesi la pena decisa dal Tribunale di Firenze. Della vicenda, che non c'entra nulla col caso Kercher, mi capitò di scrivere qualche tempo fa, se non ricordo male. Mignini è stato ritenuto colpevole di aver condotto indagini illecite - con intercettazioni e apertura di fascicoli - per intimidire alcuni funzionari di polizia e giornalisti che a suo dire stavano intralciando le sue indagini legate al caso del mostro di Firenze, ma in realtà esprimevano solo valutazioni critiche. Inchiesta che seguiva una pista esoterico-satanista, ma che non portò ovviamente a nulla.
Questi i precedenti e i metodi, accertati da un Tribunale, del pm che ha fatto condannare in primo grado l'"assatanata" Knox e Sollecito per l'omicidio di Meredith Kercher. Quel che è certo è che dopo oggi appaiono un po' più fondati i dubbi, sollevati con forza dalla stampa americana, sul modo di procedere dell'accusa contro i due imputati del delitto di Perugia.
Questi i precedenti e i metodi, accertati da un Tribunale, del pm che ha fatto condannare in primo grado l'"assatanata" Knox e Sollecito per l'omicidio di Meredith Kercher. Quel che è certo è che dopo oggi appaiono un po' più fondati i dubbi, sollevati con forza dalla stampa americana, sul modo di procedere dell'accusa contro i due imputati del delitto di Perugia.
Friday, December 18, 2009
Stasi assolto, ma che disastro questi pm!

L'aspetto paradossale nel processo Stasi, per esempio rispetto alla sentenza di condanna di Amanda Knox e Raffaele Sollecito, è che un giudice monocratico, di giovane età, si sia dimostrato più indipendente e meno influenzabile di una giuria. Forse ciò si deve anche al fatto che nel caso Garlasco la pm è stata praticamente abbandonata dal suo procuratore capo (ma se nutriva dei dubbi sulle indagini, non avrebbe fatto meglio a toglierle il caso, per esempio dopo la scarcerazione di Alberto decisa dal gip?), mentre a Perugia il procuratore capo Mignini ha fatto sentire tutto il suo peso. Il gup Vitelli, scrive Feltri su il Giornale, «restituisce a tutti noi un po' di fiducia nella magistratura. Ci sono toghe che sanno fare il loro mestiere. Sarebbe meglio valorizzarle». E le sue parole valgono ancor di più perché notoriamente il direttore non nutre una particolare stima nei confronti della magistratura.
Un'altra grave anomalia italiana è il processo mediatico. Sono pochi i giornalisti e i commentatori televisivi che si documentano e riescono a farsi un'idea equilibrata sulle prove in possesso dell'accusa. Una di questi pochi, occorre dirlo, è Cristiana Lodi, di Libero, che ha fatto un lavoro egregio. Gli altri - potrei fare i nomi, ma tutti conosciamo i volti più noti dei salotti televisivi, tra psicologi e sostitute procuratoresse - si fanno imbeccare dall'accusa, si lasciano suggestionare da particolari fatti trapelare ad arte e in modo da scatenare le ipotesi più pruriginose e "piccanti".
Pochi sanno, per esempio, che le famigerate foto pedo-pornografiche erano state cancellate dal pc di Alberto mesi prima il delitto, mentre ore e ore di trasmissioni televisive hanno fatto credere che la loro scoperta da parte di Chiara potesse aver indotto Alberto ad ucciderla. E' stata fatta una campagna martellante sull'archivio di immagini pornografiche sul pc di Alberto, ma non è stata portata la minima prova che Chiara le avesse viste e in ogni caso difficilmente avrebbe avuto una reazione così scandalizzata da costituire un movente per ucciderla, visto che tutte le conversazioni (e non solo) agli atti - per chat, mail ed sms - tra i due ragazzi sembrano molto disinibite sull'argomento sesso. Eppure, queste trasmissioni televisive hanno avvalorato insistentemente una ricostruzione (Chiara che scopre Alberto "maniaco" e lui che la uccide) fondate solo su deboli supposizioni. Questa è un'altra costante della pubblica accusa in Italia: l'ossessione per il sesso, che deriva da una cultura sessuofobica. Il sesso visto come qualcosa in ultima analisi di "sporco", il posto migliore - se non l'unico - dove andare a cercare un movente.
Anche elementi che comunemente rendono stimabile una persona, nei processi mediatici vengono rivolti a sfavore dell'imputato. Così lo studio diventa prova di freddezza, una relazione amorosa a detta di tutti seria e stabile deve per forza esserlo solo apparentemente e nascondere, invece, qualcosa di torbido e inconfessabile. Non è stato certo il miglior modo di onorare la memoria di Chiara, anche se non c'è più, infangare quello che probabilmente è stato l'amore della sua vita.
La migliore e più efficace strategia dell'accusa in Italia è la character assassination, anche se per fortuna a volte ha le gambe corte. Che fa il paio con un modo di raccogliere e interpretare le prove che ha sconvolto le più comuni e consolidate nozioni. Eravamo infatti abituati a credere che si è nei pasticci quando si trovano tracce di sangue sotto le suole delle scarpe o sugli indumenti, non quando invece mancano. La mancanza di tracce di sangue sulle scarpe di Alberto poteva in effetti insospettire, essendo stato lui a scoprire il cadavere, ma ci si è ostinatamente rifiutati di prendere in considerazione spiegazioni più logiche e verosimili, che alla fine sono emerse: le suole avevano un certo grado di idrorepellenza, le macchie di sangue erano probabilmente secche quando Alberto le ha calpestate, e comunque ha continuato a camminare con quelle scarpe per ore, anche sull'erba bagnata. Stesso discorso per l'irrilevante impronta sul portasapone, che prova solo il fatto che Aberto frequentava il bagno di casa della sua ragazza.
Ma laddove la ricostruzione dell'accusa è definitivamente crollata è sulla perizia informatica e sull'orario della morte. E' gravissimo che l'alibi di Alberto sia stato "cancellato" dagli investigatori per imperizia - nel migliore dei casi, per non pensare alla malafede. E non si può sostenere per tutto il processo una determinata ora del decesso della vittima e all'ultimo momento, solo perché si scopre che l'imputato per quell'ora ha un'alibi solido, spostarla. Non si fa. E' scorretto. E' disonesto. Dovrebbe essere oltraggio alla Corte.
Fondamentalmente, il problema è che in Italia non si parte dagli indizi per individuare il colpevole. Si presume di aver individuato il colpevole e poi si va a caccia delle prove. Si piegano tutte le evidenze e le perizie in funzione di un teorema accusatorio elaborato troppo presto, e di cui ci si innamora quasi per orgoglio. Per non parlare della solita, imbarazzante e pasticciata gestione della scena del crimine. Adesso, ci risparmino per lo meno lo spettacolo indecoroso di un ricorso in appello e si vadano piuttosto a nascondere dalla vergogna. Definitivo, speriamo, sull'intera vicenda il commento di Carlo Federico Grosso, su La Stampa:
«A questo punto, occorrerà che qualcuno dotato di autorità assuma qualche provvedimento. Non è infatti ammissibile che vi siano consulenti tecnici che si spendano sull'efficacia probatoria di determinate impronte di Dna, e che vengano clamorosamente smentiti da altri periti. Non è ammissibile che si discetti per mesi sulle mancate impronte ritrovate sulle scarpe dell'imputato, e che poi emerga che, forse, la spiegazione poteva essere reperita nella particolare composizione chimica delle suole. Non è, soprattutto, ammissibile che si continui a rifiutare, per mesi, che l'imputato possa essersi trattenuto al computer l'intera mattinata in cui si è consumato l'omicidio, per scoprire poi che egli aveva, effettivamente, lavorato dalle 9.36 alle 12.20 e che le tracce di questi passaggi erano state improvvidamente cancellate. Ne va, diciamolo chiaramente, della stessa credibilità degli uffici pubblici investigativi e peritali ai quali i magistrati della accusa si sono affidati nel corso delle indagini. Ne va, è doveroso soggiungere, della stessa credibilità degli uffici giudiziari interessati».Chi dovrebbe intervenire?
Thursday, December 03, 2009
Processo Knox ultimo atto. L'accusa del New York Times
Su il Velino
Mentre a Perugia vanno in scena gli ultimi atti del processo alla studentessa americana Amanda Knox e a Raffaele Sollecito, accusati dell'omicidio di Meredith Kercher - oggi le repliche di accusa e difese e le dichiarazioni spontanee dei due imputati, prima che la Corte si riunisca in camera di consiglio per esprimere il suo verdetto - da Timothy Egan, che segue il caso per il New York Times, arriva un nuovo duro atto d'accusa al modo di procedere dei magistrati italiani. Le sue critiche meriterebbero l'attenzione anche del mondo politico - sebbene almeno a Perugia non sia implicato Berlusconi - nel momento in cui il Parlamento si appresta a discutere di riforme. Un processo che secondo Egan «ha poco a che fare con prove concrete e molto con l'abitudine italiana a salvare la faccia».
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«Zero prove fisiche» che Amanda fosse sulla scena del delitto, solo speculazioni sulla sua personalità stravagante e disibinita. Il giornalista americano contesta i metodi usati dall'accusa accostandoli all'Inquisizione; mostra di aver compreso alla perfezione il meccanismo che si è innescato, e che noi italiani conosciamo molto bene, dei pm intestarditi sul loro teorema a tal punto che ormai è «in gioco il loro onore»; denuncia l'abitudine dei pm italiani di lasciar trapelare le loro teorie ai giornali, dando in pasto ai media e all'opinione pubblica i presunti "colpevoli"; e infine ricorda che il verdetto non dovrebbe avere nulla a che fare con «superstizioni medioevali, proiezioni sessuali, fantasie sataniche, o l'onore del team di procuratori».
Mentre a Perugia vanno in scena gli ultimi atti del processo alla studentessa americana Amanda Knox e a Raffaele Sollecito, accusati dell'omicidio di Meredith Kercher - oggi le repliche di accusa e difese e le dichiarazioni spontanee dei due imputati, prima che la Corte si riunisca in camera di consiglio per esprimere il suo verdetto - da Timothy Egan, che segue il caso per il New York Times, arriva un nuovo duro atto d'accusa al modo di procedere dei magistrati italiani. Le sue critiche meriterebbero l'attenzione anche del mondo politico - sebbene almeno a Perugia non sia implicato Berlusconi - nel momento in cui il Parlamento si appresta a discutere di riforme. Un processo che secondo Egan «ha poco a che fare con prove concrete e molto con l'abitudine italiana a salvare la faccia».
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«Zero prove fisiche» che Amanda fosse sulla scena del delitto, solo speculazioni sulla sua personalità stravagante e disibinita. Il giornalista americano contesta i metodi usati dall'accusa accostandoli all'Inquisizione; mostra di aver compreso alla perfezione il meccanismo che si è innescato, e che noi italiani conosciamo molto bene, dei pm intestarditi sul loro teorema a tal punto che ormai è «in gioco il loro onore»; denuncia l'abitudine dei pm italiani di lasciar trapelare le loro teorie ai giornali, dando in pasto ai media e all'opinione pubblica i presunti "colpevoli"; e infine ricorda che il verdetto non dovrebbe avere nulla a che fare con «superstizioni medioevali, proiezioni sessuali, fantasie sataniche, o l'onore del team di procuratori».
Thursday, June 11, 2009
Il processo Knox continua a fare scandalo
Mentre per molti nel nostro paese la battaglia per una giustizia giusta ed efficiente si combatte sulla possibilità di intercettazioni ad libitum, visto dall'estero, e più precisamente dagli Stati Uniti, il nostro sistema giudiziario mostra lacune e distorsioni ben più gravi. La stampa americana, con un articolo di Timothy Egan per il New York Times, torna sul processo di Perugia, contro Amanda Knox e Raffaele Sollecito, denunciando gravi scorrettezze e incapacità nel modo di condurre le indagini e il processo, che dovrebbero suscitare indignazione e scandalo. E invece niente, tutti sulle intercettazioni.
«Il caso contro Knox ha così tanti buchi, ed è così legato alla carriera di un potente procuratore italiano incriminato per condotta professionale scorretta, che qualunque giuria imparziale lo avrebbe archiviato mesi fa», scrive Egan riferendosi al pm Giuliano Mignini. «Non voglio dire che i tribunali italiani non siano imparziali...», precisa. Egan vuole solo parlare di Amanda Knox, «la cui vita è stata quasi distrutta da questa collisione di giornalismo rapace e procedimento malcondotto».
Il giornalista deplora in particolare l'interrogatorio ad Amanda durato tutta la notte senza avvocato né un interprete professionista; che non ci sia testimone affidabile o prova credibile che collochi i due accusati sulla scena del crimine; che non una sola traccia fisica degli accusati sia stata trovata sul corpo della vittima e che tutte quelle trovate appartengano a qualcun altro; che la scena del crimine sia stata di fatto «contaminata»; che dettagli scabrosi siano stati fatti trapelare sulla vita sessuale della Knox, «una cosa che non avrebbero mai fatto con un uomo».
Ma Egan coglie nel segno quando si concentra sulla figura del pm, per il quale la tesi dell'«orgia a base di droga» è una «ossessione ricorrente». Infatti ricorda che Giuliano Mignini è lo stesso Mignini che ha riaperto il caso sul "mostro di Firenze" a caccia di pratiche sataniste, ma senza cavare un ragno dal buco. Anzi, riuscendo solo a intimidire e minacciare d'arresto, facendolo fuggire dall'Italia, un romanziere americano, Douglas Preston, e a incriminare un giornalista italiano, Mario Spezi, colpevoli a suo dire di intralciare le sue importanti indagini solo perché stavano lavorando a un libro sul caso.
L'ossessione e i metodi sono gli stessi applicati oggi nel caso Knox, «un metodo che ora sta venendo alla luce nel caso di comportamento scorretto istruito contro di lui». Anch'io sono convinto che è lì, nella caccia ai fantasmi tutta all'interno della mente di Mignini, che va ricercata la causa di questo ennesimo esempio di malagiustizia all'italiana. E per cominciare a risolvere i problemi del nostro sistema giudiziario dovremmo cominciare a chiederci come sia possibile che certi soggetti facciano carriera.
«Il caso contro Knox ha così tanti buchi, ed è così legato alla carriera di un potente procuratore italiano incriminato per condotta professionale scorretta, che qualunque giuria imparziale lo avrebbe archiviato mesi fa», scrive Egan riferendosi al pm Giuliano Mignini. «Non voglio dire che i tribunali italiani non siano imparziali...», precisa. Egan vuole solo parlare di Amanda Knox, «la cui vita è stata quasi distrutta da questa collisione di giornalismo rapace e procedimento malcondotto».
Il giornalista deplora in particolare l'interrogatorio ad Amanda durato tutta la notte senza avvocato né un interprete professionista; che non ci sia testimone affidabile o prova credibile che collochi i due accusati sulla scena del crimine; che non una sola traccia fisica degli accusati sia stata trovata sul corpo della vittima e che tutte quelle trovate appartengano a qualcun altro; che la scena del crimine sia stata di fatto «contaminata»; che dettagli scabrosi siano stati fatti trapelare sulla vita sessuale della Knox, «una cosa che non avrebbero mai fatto con un uomo».
Ma Egan coglie nel segno quando si concentra sulla figura del pm, per il quale la tesi dell'«orgia a base di droga» è una «ossessione ricorrente». Infatti ricorda che Giuliano Mignini è lo stesso Mignini che ha riaperto il caso sul "mostro di Firenze" a caccia di pratiche sataniste, ma senza cavare un ragno dal buco. Anzi, riuscendo solo a intimidire e minacciare d'arresto, facendolo fuggire dall'Italia, un romanziere americano, Douglas Preston, e a incriminare un giornalista italiano, Mario Spezi, colpevoli a suo dire di intralciare le sue importanti indagini solo perché stavano lavorando a un libro sul caso.
L'ossessione e i metodi sono gli stessi applicati oggi nel caso Knox, «un metodo che ora sta venendo alla luce nel caso di comportamento scorretto istruito contro di lui». Anch'io sono convinto che è lì, nella caccia ai fantasmi tutta all'interno della mente di Mignini, che va ricercata la causa di questo ennesimo esempio di malagiustizia all'italiana. E per cominciare a risolvere i problemi del nostro sistema giudiziario dovremmo cominciare a chiederci come sia possibile che certi soggetti facciano carriera.
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