Nella puntata di oggi di Think Global (qui in mp3), la mia rubrica su Velino Radio, mi sono occupato del fenomeno Palin. Una personalità forte che fa già discutere, radicalmente conservatrice ma in modo anticonformista, lontana da Washington non solo geograficamente. E' lei il personaggio di questi giorni. Dalla quantità di attacchi che riceve - spesso basati su delle vere e proprie balle - si direbbe che McCain abbia visto giusto a volerla come sua vice. I democratici sono in allarme e i sondaggi per la prima volta attribuiscono a McCain un vantaggio così consistente su Obama. Secondo Usa Today/Gallup di 4 punti percentuali (50% a 46%). Ma come leggerete qui di seguito anche tra i conservatori c'è chi non è affatto entusiasta della scelta Palin.
Sulle parole esperienza e cambiamento si gioca la campagna dei due candidati. Obama ha scelto come vice l'esperto Joe Biden per rispondere alle accuse di inesperienza; McCain ha voluto al suo fianco il volto nuovo della Palin, per mostrare di saper interpretare il cambiamento quanto Obama. La governatrice è famosa per essersi battuta con successo contro l'establishment corrotto del suo partito in Alaska e contro le compagnie petrolifere. Il dibattito sull'effetto Palin è più che mai aperto e nei commenti ho ritrovato gli stessi dubbi che avevo manifestato nel post di venerdì scorso.
Da sinistra rimproverano alla Palin le sue posizioni pro-life. Jacob Weisberg, su Slate, parla di «assolutismo anti-abortista», che «politicamente non ha mai avuto molto senso». Settori significativi del GOP – libertari, liberisti, pragmatici – non auspicano la revisione della sentenza Roe v. Wade. E a dispetto di quanto scrive oggi Giuliano Ferrara, su Il Foglio, sempre meno americani dichiarano di scegliere il proprio candidato in base a come la pensa sull'aborto. I repubblicani pragmatici stanno provando a rendere il loro partito una «grande tenda» che possa ospitare posizioni sia pro-life che pro-choice.
A quanto pare è difficile, anche per i commentatori Usa, stabilire quali potranno essere gli effetti della sua candidatura sull'elettorato, cioè se si limiterà ad eccitare gli animi della base repubblicana o se invece sarà in grado anche di allargare la base dei consensi. Perché è difficile capire se agli occhi del pubblico Sarah Palin rappresenti più le posizioni pro-life e vicine alla destra cristiana o se non sia divenuta piuttosto l'icona della lotta alla corruzione dell'establishment repubblicano, di richiamo per una sorta di anti-politica in versione Usa.
In due articoli il Wall Street Journal ha cercato di raccontare proprio questo aspetto: «Se avete letto qualcosa di Sarah Palin, è probabile che abbiate letto parecchio sulle sue convinzioni religiose e i suoi problemi famigliari. Ma se volete sapere cosa guida la politica della Palin, e cosa ha intrigato l'America, allora dovete sapere come ha battuto» il malaffare tra l'establishment repubblicano e le compagnie petrolifere in Alaska. «Sebbene molti nei media sostengano che sia stata scelta per fare appello alla destra cristiana del partito, la Palin non ha ancora sollevato il tema dell'aborto». Se non altro perché non ha bisogno di farlo esplicitamente, visto che l'aver deciso di tenere il suo ultimo figlio, affetto da sindrome di Down, è una «prova sufficiente delle sue convinzioni pro-life». In un partito colpito negli ultimi tempi da molti casi di corruzione, sono le lotte contro il potere in Alaska che hanno reso la Palin famosa e popolare. Per questo è stata scelta, secondo il WSJ.
Bill Kristol, il direttore della rivista neocon Weekly Standard, approva la scelta di McCain, che scegliendo Sarah Palin ha dimostrato «fegato» e un «acuto senso strategico». Ha capito che correre solo con la sua esperienza l'avrebbe portato al più ad una «rispettabile sconfitta». Ha compreso le implicazioni della vittoria di Obama su Hillary... «e che il conservatorismo anti-establishment della Palin, il suo femminismo pro-family e il suo determinato riformismo aggiungono qualcosa di importante alla sua campagna».
Eppure, la scelta della Palin non convince tutti i commentatori conservatori. Charles Krauthammer si chiede se il «Palin Power» funzionerà. «Ci sono domande che non dovremo mai porci con McCain: chi è quest'uomo e se possiamo fidarci di lui per la presidenza». Parole di Fred Thompson, citate da Krauthammer per spiegare il motivo più efficace dell'intera convention repubblicana: una risonante affermazione dell'autenticità di McCain e la denuncia dell'inconsistenza di Obama. «Cosa rimane di questa linea – si chiede Krauthammer – dopo che McCain ha scelto Sarah Palin come sua vice presidente?»
Certo, è una donna «stimabile e formidabile», «ha galvanizzato la base repubblicana e unito il partito dietro McCain». Ma la strategia di McCain era di fare delle elezioni un «referendum su Obama, certamente il meno esperto, il meno qualificato candidato alla Casa Bianca che si ricordi a memoria d'uomo». La Palin «mina questa strategia di attacco». La costituzione prevede che il vicepresidente subentri al presidente in certi casi. «Come Obama, la Palin non è pronta. Con la Palin l'accusa di inesperienza nei confronti di Obama evapora». Inoltre, tentare di rubare l'immagine del cambiamento a Obama è «una manovra azzardata, temeraria e difficile». Il problema è nell'«intrinseca contraddizione di un partito in carica che corre per il cambiamento. Chi ha governato nell'ultimo decennio?»
Ancora più critico un altro esponente dei neoconservatori - e columnist del Foglio - che sul National Post arriva a definire la scelta Palin «irresponsabile». David Frum spiega che McCain ha due problemi. 1) La base degli elettori repubblicani, cioè quanti nel corpo elettorale si definiscono «repubblicani», si riduce. La percentuale è la più bassa negli ultimi 28 anni. «Il solo modo in cui McCain può vincere è fare appello agli indipendenti e al centro». Il maverick – l'anti-conformista – McCain poteva sembrare il «candidato perfetto per questo compito». Si è distinto dall'ortodossia repubblicana su temi come le tasse e il cambiamento climatico, e i suoi rapporti con Bush sono stati spesso difficili.
Ma qui sorge il secondo problema: McCain non ha il sostegno di tutto il partito. Serviva quindi «un vice gradito alla destra». Secondo Frum, Tom Ridge sarebbe stato l'ideale, soprattutto guardando al fatto che la Pennsylvania sarà uno stato chiave. Attribuisce 21 dei 270 collegi elettorali necessari per la vittoria finale, è uno stato che di solito vota democratico, ma molto inospitale per un candidato come Obama. Ridge, esperto, cattolico e di origini europee, è molto popolare in Pennsylvania, di cui è stato due volte governatore. Ma Ridge è pro-choice, osserva Frum, quindi la scelta è caduta su Sarah Palin. «Ma in politica, come nella vita, non si può avere tutto. L'inesperienza della Palin rende Obama in confronto un George Marshall. Ha zero esperienza in politica estera e di sicurezza nazionale».
Comunque vada a finire a novembre, Sarah Palin si troverà in pole position per la corsa del 2012. «Così questo è il futuro del partito repubblicano che vi aspetta», conclude Frum con rammarico e preoccupazione: «Un futuro nel quale la sicurezza nazionale sarà retrocessa nella lista delle priorità dietro temi come l'aborto, le differenze di genere e le politiche energetiche. Sarah Palin è una scelta forte, e forse astuta. Non è detto che sia stata una scelta responsabile, o saggia».
Più ottimista sul futuro del partito repubblicano è David Brooks. «Di solito i partiti – ha scritto sul New York Times – si riformano nel deserto. Patiscono qualche bruciante sconfitta, la vecchia guardia ne esce screditata» e si dà il via al turnover e al cambiamento. McCain «sta tentando di riformare il Partito repubblicano prima di una sconfitta presidenziale, con la vecchia guardia ancora intorno, e con una base che non ha ancora accettato la necessità della trasformazione». Secondo alcuni suoi consiglieri avrebbe dovuto «rompere con il passato con un colpo netto»: nominando l'ex democratico Joe Lieberman come vice, promettendo di non ricandidarsi per un secondo mandato e di adottare uno stile bipartisan alla Casa Bianca. «Un passo forse troppo lungo».
Sarah Palin come vice, secondo Brooks, è la scelta «di freschezza e di rottura di cui aveva bisogno, ma le forze del passato hanno tirato McCain indietro». Il risalto dato dai media alle scelte famigliari della Palin ha fatto riemergere le «vecchie guerre culturali» sull'aborto e la procreazione e ognuno ha rivestito i panni tradizionali. Tutto è rientrato nel clichè dei «rossi contro i blu», del «presunto conflitto tra le donne delle grandi città con un figlio e favorevoli all'aborto e le donne con 5 figli e anti-abortiste delle zone rurali». La Palin nei 40 minuti del suo discorso di accettazione, ha osservato Brooks, si è «lasciata alle spalle la maggior parte della retorica repubblicana e ha glissato sull'aborto e i temi sociali, il suo linguaggio è stato più da supermarket che da pulpito di una chiesa. Almeno per una volta le forze riformatrici hanno preso il controllo del partito».
Dunque, secondo l'editorialista conservatore del NYT, McCain ha scelto come vice la Palin più per il suo volto nuovo e fresco, in una campagna in cui il senso del cambiamento giocherà un ruolo determinante, che per mettere al centro della sua agenda i temi cari alla destra religiosa.
La vede in modo opposto il settimanale britannico The Economist, che ha bocciato la scelta di McCain. «Il principale problema di McCain non è galvanizzare la sua base: gode di maggior supporto tra i repubblicani di quanto Obama ne goda tra i democratici. Il suo problema è ottenere voti dagli indecisi e dagli indipendenti in un momento in cui il numero di quanti si dichiarano repubblicani è di dieci punti inferiore del numero di quanti si definiscono democratici. McCain ha bisogno di attrarre circa il 55% degli indipendenti e il 15% di democratici per vincere. Ma è difficile che possa aiutarlo una donna che sostiene l'insegnamento del creazionismo piuttosto che la contraccezione». Per la verità, a noi risulta che la Palin si sia dichiarata favorevole alla contraccezione: «I'm pro-contraception, and I think kids who may not hear about it at home should hear about it in other avenues».
Secondo un sondaggio Rasmussen, la Palin «ha reso meno propensi a votare McCain il 31% degli indecisi e più propensi solo il 6%». Per non parlare della sua mancanza di esperienza. Non solo «vanifica il più convincente argomento di McCain contro Obama, ma fa sorgere serie domande circa il modo in cui prende decisioni», osserva l'Economist. La sua scelta è «ancora una volta la dimostrazione di come il tema dell'aborto distorca la politica americana, a destra come a sinistra». Ma i repubblicani sembrano essere «andati oltre nel subordinare considerazioni di competenza e merito alla purezza pro-life». Uno dei più grandi problemi dell'amministrazione Bush è stato proprio la nomina di incompetenti sulla base della loro posizione riguardo la sentenza Roe v. Wade. La scelta della Palin suggerisce che invece di rompere col passato, McCain «sta ripetendo i suoi errori».
Ancora una volta vengono sottolineate le posizioni pro-life e vicine alla destra cristiana di Sarah Palin, ma è probabile che agli occhi dell'opinione pubblica americana prevalga piuttosto l'immagine da eroina della lotta alla corruzione dell'establishment.
2 comments:
hai sentito delle polemiche sul suo abbigliamento?
che cazzari...si attaccano a tutto.
eppure, nella sua sobrietà...mi arrapa pure!!!
gelida...come l'amore.
appunto.
dio benedica l'america.
- 3
il mondo non è più stato come prima.
- 3
- 3
- 3
io ero tzunami...
E' interessante, dal mio punto di vista di residente negli USA, leggere i commenti stra-spocchiosi di gente come Maria Laura Rodota' o Barbara Spinelli in Italia e Maureen Dowd in USA (per limitarsi alle donne).
La mia sensazione e' che queste reazioni incontinenti stiano spostando voti femminili verso il ticket repubblicano, creando una inopinata chance per il partito dell'elefante, che pareva non averne.
In piu' Obama ha fatto due passi falsi in due giorni:
il primo dovuto alla forzatura del suo lapsus sulla religione mussulmana.
Il secondo, assai piu' grave, usando malaccortamente il detto "a pig with lipstick is still a pig" senza badare che Palin aveva usato per autodefinirsi "a pittbull with lipstick".
Insomma Obama, l'elegante Obama, ha praticamente dato del maiale col rossetto alla Palin.
GROSSO errore che Obama sta gia' pagando caro a detta di tutti.
Post a Comment