Ieri, con un uno-due che solo l'arroganza francese avrebbe potuto concepire, Sarkozy ha smascherato il bluff diplomatico italiano sulla Libia. Prima la dichiarazione congiunta Parigi-Londra a prefigurare per il vertice di oggi una «soluzione politica» della crisi libica fondata su un dialogo nazionale e un processo democratico di cui il Consiglio nazionale di transizione - già riconosciuto da Parigi - dovrebbe essere il motore. Niente di concreto, tutti auspici più che ovvii e condivisibili, ma nelle stesse ore da Roma e Berlino non usciva alcun comunicato, il che evidenziava come la sponda tedesca vantata da Frattini in questi giorni in contrapposizione all'asse anglofrancese fosse solo un gioco di specchi; poi, la videoconferenza pre-vertice convocata da Sarkozy con Cameron, Obama e la Merkel, ad evocare una guida politica "a quattro" della crisi libica che incredibilmente includeva la Germania, astenuta sulla risoluzione dell'Onu e del tutto assente dalle operazioni, ed escludeva l'Italia, che con le sue basi e il comando dell'embargo navale Nato svolge comunque un ruolo di primo livello. Uno schiaffo tremendo, che oltretutto certificava come non esistesse alcun asse diplomatico Roma-Berlino.
Un'umiliazione che andrà restituita a Parigi con gli interessi alla prima occasione utile, ma che non è decisiva, come spiega Vittorio Emanuele Parsi su La Stampa, e, anzi, è anche lo specchio delle «debolezze» francesi e tedesche:
«La partita vera si gioca oggi a Londra. E per quel che riguarda il ruolo dell'Italia, il comando delle forze impegnate nel blocco navale, l'inclusione nel Gruppo di contatto e la partecipazione attiva a una coalizione sotto la guida della Nato pesano molto di più che l'esclusione, pur immeritata e sgarbata, da una teleconferenza organizzata all'ultimo momento per lenire l'orgoglio ferito di Sarkozy».In questi casi, quindi, sdrammatizzare sul momento è d'obbligo, per non accentuare ulteriormente l'accaduto. Epperò, alla luce dell'appuntamento di oggi a Londra, e anche considerando l'ondata di clandestini che sta approdando sulle nostre coste nell'indifferenza dell'Ue, faremmo comunque bene a cogliere quest'occasione per fare un po' di sana autocritica sui limiti, direi l'inconsistenza della posizione dell'Italia, che dalle operazioni in Libia resta con un piede dentro e uno fuori aspettando un Godot che le restituisca magicamente il "posto al sole" perduto.
All'inizio Gheddafi non andava «disturbato»; seguono giorni di imbarazzato silenzio, poi sì all'intervento, ci siamo anche noi ma anche no, «i nostri aerei non spareranno»; l'idea di aspettare che maturino le condizioni per una «fase di mediazione» viene abbandonata per una «soluzione politica» basata sul dialogo nazionale fra le tribù; intanto, Berlusconi che si dice «addolorato» per il raìs; adesso si farebbe di nuovo strada l'ipotesi dell'esilio. Tutto e il contrario di tutto, insomma, fuor ché l'unica scelta che ci avrebbe fatto recuperare il terreno perduto: partecipare ai raid sulle forze del regime.
Puntare sull'esilio di Gheddafi per ritagliarsi un ruolo è più che velleitario, è come sperare che ti entri una scala reale con una carta sola ancora da scoprire. Può capitare un colpo di fortuna, certo, ma non è saggio impostarci il tuo gioco. In questo momento dovremmo puntare sulle bombe come gli altri (cioè a far cadere Gheddafi prima possibile), e intanto approfondire i contatti con il Cnt, semi-riconoscerlo anche, poi si vedrà. Tanto il ruolo di mediatori, nel caso di ripensamenti da parte del raìs, non ce lo toglie nessuno.
Un errore di valutazione madornale invece, che probabilmente si commette in queste ore alla Farnesina e che si legge sui giornali, è dare per scontato che una situazione di stallo militare possa favorire le condizioni per quella fase di mediazione per cui ci stiamo preparando, mentre è vero piuttosto il contrario, chiuderebbe ogni chance: Gheddafi non accetterà mai l'idea di lasciare, ma tanto più se sarà riuscito a resistere ai raid e all'avanzata dei ribelli. Lo stallo per lui è come una vittoria. Basta che resista in Tripolitania, tanto da evocare lo spettro di una Libia divisa in due. A quel punto spera di costringere la comunità internazionale a trattare con lui o a dividersi sul da farsi. Se c'è una minima possibilità che accetti l'esilio, è messo di fronte ad una situazione disperata, ma a quel punto potrebbe essere troppo tardi, sarebbero i ribelli a non volerlo concedere.
Piuttosto, uno scenario leggermente più probabile che dovremmo prepararci fin d'ora ad affrontare è che di fronte ad uno stallo la Francia decida di inviare truppe di terra. Questa volta sarebbe il caso di riflettere in anticipo su come comportarci.
2 comments:
cioe vedere morire un sacco di soldati francesi sperando che in Francia si liberino di un nano malefico
Siamo in sintonia. Ottimo articolo.
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