«Gheddafi deve andarsene subito», perché «non si può correre il rischio di uno stallo». Nonostante i tentennamenti - suoi e di altri esponenti dell'amministrazione - Obama sembra averlo capito e annuncia di avere dato ordine al Dipartimento della Difesa e al Dipartimento di Stato di «esaminare con urgenza tutte le opzioni oltre agli interventi umanitari», inclusa la no-fly zone, lanciando a ciò che è rimasto del regime di Gheddafi un messaggio chiaro, quando parla di «una totale capacità di intervento rapido» da parte americana. «Avete una scelta davanti a voi», ammonisce rivolgendosi direttamente a «coloro che sono intorno al Colonnello e lo sostengono nel perpetrare violenze contro la popolazione». Prospettando loro da una parte l'incriminazione davanti al Tribunale penale internazionale, dall'altra «l'esempio dei militari egiziani».
Obama ieri ha enunciato la sua «dottrina» sulle rivolte nel mondo arabo e suona in modo molto simile a quella Bush: «L'America deve stare dalla parte della libertà e della democrazia». Se nella prima parte del mandato non c'era discorso in cui non fosse attento a distanziarsi quanto più possibile, anche nella retorica, dalla linea Bush-Blair, oggi quella distanza si è ridotta ad una foglia di fico, laddove Obama rivendica che se in Egitto «non abbiamo visto nascere sentimenti antiamericani» è perché gli egiziani «non hanno avuto l'impressione che cercassimo di manovrare la situazione».
Nelle parole di Obama c'è il tentativo di tenere insieme la "Freedom Agenda" in Medio Oriente, disseppellita di recente, con il multilateralismo: «Faremo attenzione a stare dalla parte giusta della Storia, ma anche a starci come membri della comunità internazionale». Libertà e democrazia da una parte e multilateralismo dall'altra, non sempre - anzi quasi mai - le due cose sono andate a braccetto. Si vedrà, se e quando verrà il momento di scegliere - cioè quando la situazione in Libia richiederà un intervento ma Russia, Cina e forse anche Francia si opporranno, e l'Europa si spaccherà di nuovo - per quale propenderà Obama. Per ora, il presidente Usa non si espone troppo. Parla di «consultazione» sia con gli alleati della Nato che con tutta la comunità internazionale. Laddove «consultazione» è ben diverso da "nessun intervento senza un mandato Onu", cioè dall'attribuire a Russia e Cina, ma anche all'Europa, un potere di veto su ciò che Washington riterrà giusto e opportuno fare.
Adesso che è chiaro che l'America di Obama c'è, che è pronta a intervenire e minaccia di farlo, proprio perché la speranza è che la pressione militare basti a far cadere Gheddafi, senza sparare un colpo, è importante non commettere gli stessi errori compiuti con Saddam. I governi occidentali che fossero scettici rispetto ad un'operazione militare dovrebbero evitare di dissociarsi platealmente in questo momento. Ciò infatti rivelerebbe la precisa volontà di minare la credibilità del deterrente militare che Obama sta cercando di mettere in piedi nei confronti di Gheddafi, esattamente come Bush e Blair nei confronti di Saddam. Ricordiamo che se il dittatore iracheno e il suo regime erano così certi di potercela fare, è perché Russia e Francia li convinsero che avrebbero impedito ad americani e inglesi di attaccare.
Cercare sì il più ampio consenso internazionale, ma in fretta, e se in Consiglio di sicurezza russi e cinesi si oppongono, non sia un alibi. Come scrive Il Foglio, si proceda con una «coalizione di volenterosi». L'Occidente recuperi la consapevolezza di se stesso, dei suoi principi, dei suoi interessi, della sua forza, e si scrolli di dosso timidezza e sensi di colpa.
Per quanto riguarda l'Italia, è chiaro, per gli enormi interessi che dobbiamo tutelare in Libia, che non possiamo farci scavalcare da altri Paesi europei nella considerazione della nuova leadership libica. Per questo non dovremmo pensarci nemmeno due volte: i nostri aerei devono partecipare alle operazioni per l'istituzione di una no-fly zone. Ben vengano missioni umanitarie, ma non dovremmo tirarci indietro da nessun'altra eventuale operazione. E l'alibi che si sente/si legge in queste ore - e purtroppo lo ha evocato anche il ministro Frattini - e cioè che il nostro passato coloniale ci sconsiglierebbe di partecipare ad operazioni militari in Libia, è una clamorosa banalità e una grossa bugia da contrastare.
Tra l'altro, se non revochiamo ufficialmente il Trattato di amicizia firmato con Gheddafi, accontentandoci di tenerlo in sospeso di fatto, e se, come probabile, non ci sarà alcuna risoluzione dell'Onu ad autorizzare un intervento, non potremo offrire neanche le basi aeree per la no-fly zone, la soluzione verso cui sempre più velocemente ci stiamo avvicinando. Il che verrebbe letto come l'ennesima nostra ambiguità, e probabilmente interpretato dai libici come l'estremo aiuto all'"amico" Gheddafi. E addio Libia per l'Italia, benvenuti a Total e British Petroleum.
3 comments:
Mi pare che istituire una no fly zone sia urgente e sacrosanto.
Salveremmo centinaia di vite.
Poi penseremo all'opportunità di esserci nonostante il nostro passato coloniale o i nostri interessi economici.
La situazione però è rischiosa. Se non ci si muove con attenzione, si rischia di dare l'impressione di voler occupare la zona solo per accaparrarsi il petrolio. Il mondo arabo non lo accetterebbe. (giustamente)
il problema è .. l'america presa di sorpresa sta inseguendo le situazioni cercando di fare i propri interessi ... gli interessi americani in Libia ... sono i nostri?
A noi italia, cosa conviene?
a me pare che il problema sia che le TV ARABE stino spargendo una tal equantità di BALLE , rilanciate senza alcun riscontro dai media europei , che quello ch estiamo discutento rischia di essere tutto FINTO .
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50 mila morti ...che diventano 50
bombardamenti ...senza crateri
fosse comuni .....ridotti a normali cimiteri
insurrezioni per il pane ...che si scoprono organizzate da tempo con convengni a DOHA .
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signori miei ...ci stanno coglionando .
Mauriziosat
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