Alla fine, come ampiamente previsto, anche l'Italia ha dovuto riconoscere il Consiglio nazionale di transizione «come l'unico interlocutore politico legittimo per rappresentare la Libia», sebbene ancora non sia stato compiuto quel passo fino a ieri ritenuto necessario, cioè un accordo tra i 27 Paesi dell'Ue (ma allora, perché non farlo prima?). Arriviamo quasi un mese dopo i francesi, che l'hanno riconosciuto il 10 marzo. Forse sarebbe stato saggio farlo già una settimana dopo, contestualmente all'annuncio della nostra partecipazione ai raid contro le forze di Gheddafi. Non solo il riconoscimento, dall'incontro con Frattini il rappresentante del Cnt libico si porta a casa un altro importante risultato. C'è voluta quasi una settimana per cambiare atteggiamento anche riguardo l'ipotesi di armare i ribelli. Resta, certo, l'«estrema ratio» per la Farnesina, ma i toni sono mutati: dal «non è detto che sia la cosa giusta» al «non può essere esclusa».
Cambiamenti significativi anche riguardo la necessità di un «cessate-il-fuoco», che non è più la richiesta ambigua ad «entrambe le parti» come condizione per avviare una «riconciliazione nazionale» tra vittime e carnefice, ma un qualcosa - adesso lo si dice apertamente, com'è logico che sia - che va «imposto» a Gheddafi. Insomma, dopo un mese di tentennamenti la posizione italiana diventa più limpida e, inevitabilmente, si avvicina a quella di Francia e Gran Bretagna, rendendo a posteriori evidente che la soluzione politica concertata in asse con Berlino e l'ipotesi esilio di Gheddafi di cui si vaneggiava non erano che bluff diplomatici per reagire al protagonismo di Parigi e coprire i nostri colpevoli ritardi nel comprendere la nuova situazione. Speriamo solo che non sia troppo tardi.
Intanto, dopo aver avviato tardi e male l'intervento, Obama si defila. Il clamoroso disimpegno americano, che sembra compiersi guarda caso proprio mentre Obama annuncia la sua ricandidatura per il 2012, pone in serio pericolo la riuscita della missione e rischia di determinare uno stallo che vedrebbe la Libia di fatto spaccata in due. Una mossa che conferma quanto sia un presidente estremamente cinico e calcolatore quando si tratta della sua ambizione politica. Mi rendo conto che non abbiamo alcuna chance di poter convincere Obama a cambiare idea, ma una cosa che Frattini dovrebbe andare a dire a Hillary domani è "finite il lavoro".
Delle operazioni militari quindi si occuperebbero principalmente Francia e Gran Bretagna, mentre gli Usa resteranno più che altro con «funzioni di appoggio». Ma va tenuto presente che i mezzi impiegati da francesi e inglesi messi insieme non arrivano a quelli degli Usa: «Il 76 per cento delle operazioni belliche - calcola Il Foglio - sono state fatte dagli americani». Senza la potenza di fuoco Usa, dunque, le capacità della Nato in Libia rischiano di crollare vertiginosamente, mettendo a rischio anche il semplice rispetto della no-fly zone.
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