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Monday, October 17, 2011

Quelle tracce scomode che tentano di cancellare dalla scena del crimine


Ciò che non bisogna permettere adesso è che vengano cancellate le tracce politico-ideologiche dalla scena del crimine di sabato a Roma. Parlare di «Black Bloc», di «infiltrati», di «frange», di una piccola minoranza di violenti, o addirittura di «due manifestazioni», come ha fatto Nichi Vendola, significa cercare di occultare la matrice politica della violenza. I Black Bloc non esistono. Sono un'invenzione giornalistica, una rassicurante bugia per illudere il pubblico che i violenti siano un'esigua minoranza che non ha nulla a che fare con la maggioranza pacifica della manifestazione. Sono una comoda copertura per tentare di salvare le «ragioni» della protesta. Si chiamano Black Bloc perché ormai a quella sigla è associata nell'immaginario collettivo una violenza urbana senza firma e senza impronte digitali. Si fa credere che i violenti si materializzino dal nulla, puff, fino a quel momento invisibili, e che nel nulla ritornino subito dopo le devastazioni. Nessuno sa chi siano e cosa vogliono, e così la manifestazione viene assolta da qualsiasi responsabilità, politica naturalmente. Si può parlare di «gruppetti», di «infiltrati» e di una «minoranza» quando i violenti si contano nell'ordine delle decine, non delle migliaia. E' ovvio che la maggioranza in una manifestazione di 20, 30 mila, al massimo 50 mila persone, rimanga "pacifica", altrimenti sarebbe stata una rivolta. Ma davvero si può pensare che 2-3 mila violenti - perché non ci son dubbi, tanti dovevano essere per mettere a ferro e fuoco chilometri e chilometri di corteo e per resistere alle forze dell'ordine per quattro ore asserragliati a San Giovanni - non siano rappresentativi di una manifestazione, non siano politicamente qualificanti? All'inizio le agenzie riferivano di «gruppetti di violenti che si staccano dal corteo», alla fine i «gruppetti» che si staccavano dal corteo che si sono visti erano quelli di manifestanti pacifici.

In teoria, i Black Bloc sono gruppi di anarchici che nelle manifestazioni in cui è stata accertata la loro presenza (Seattle, Praga, per esempio) non erano affatto infiltrati e nascosti, ma ben visibili e orgogliosamente compatti. L'abbigliamento di colore nero viene usato anzi per rendersi identificabili e per incutere timore alle forze dell'ordine. Non è da escludere che sabato a Roma, come a Genova nel 2001, ce ne fossero, ma le immagini televisive, soprattutto quelle degli scontri a San Giovanni, e delle devastazioni a Via Labicana e a Via Emanuele Filiberto, dimostrano inequivocabilmente il gran numero dei violenti, la maggior parte dei quali nient'affatto vestiti di nero. Esattamente come a Genova: Carlo Giuliani era forse un Black Bloc? Se sì, allora d'accordo. Anche quelli di ieri lo erano, i tanti Carlo Giuliani, identici a lui, che assaltavano quel blindato dei carabinieri rimasto isolato al centro della piazza, da cui due agenti sono riusciti ad uscire appena in tempo per salvarsi dal bruciare vivi. Solo grazie alla loro professionalità e freddezza non c'è scappato il morto. Dovremmo chiederci tra l'altro come mai in una giornata in cui gli "indignados" manifestavano in tutto il mondo, gli scontri siano avvenuti solo a Roma e, stando ai primi arresti e alle cronache televisive, non risultano stranieri tra i violenti. No, la violenza di sabato a Roma era italianissima. I violenti vanno ricercati nei centri sociali, tollerati e molte volte coccolati dalle amministrazioni locali, persino di destra (vero Alemanno?), nei collettivi studenteschi ospitati dagli atenei, tra i militanti dei partiti e dei sindacati più estremisti e anti-sistema, tra gli auto-riciclati dell'arcipelago no global, nella galassia dei gruppi anarco-insurrezionalisti. Studiano, lavorano, manifestano le loro idee, su internet e a volte persino in tv e sui giornali. Sono in mezzo a noi, insomma, non vivono in clandestinità. Tutti lo sappiamo, ma poi ci beviamo questa balla dei Black Bloc.

E' vero che tra i manifestanti c'è stato chi ha provato a ribellarsi ai violenti, ma dai microfoni delle televisioni abbiamo sentito anche molte persone all'apparenza "per bene" solidarizzare in vario modo («loro sono noi, noi siamo loro», «fa più schifo la nomina dei sottosegretari», «quando scoppia una pentola a pressione non la controlli»). E i "pacifici", la "parte buona" della manifestazione, sarebbero quelli che hanno riempito di insulti e sputi Marco Pannella all'inizio del corteo. A proposito, dove si erano nascosti i Di Pietro, i De Magistris, i Vendola, che avevano annunciato la loro presenza alla manifestazione? La voce della sincerità è stata quella di uno studente della Sapienza, il quale ha spiegato che «è la dialettica di sempre, che ci sarà sempre, nel Movimento». Appunto, c'è UNA manifestazione, UN movimento, con UNA ideologia (o piuttosto il suo simulacro). Un movimento con una pur primordiale dialettica interna sui mezzi, che si differisce tra chi sceglie mezzi violenti e chi pacifici. Una grande, decisiva differenza dal punto di vista penale, ma minima dal punto di vista politico. Le «ragioni» della protesta, le fondamenta ideologiche, sono comuni: teorie paranoiche della realtà; idee e obiettivi di sovversione dell'ordine sociale ed economico, un'utopia collettivistica da inseguire con un'accozzaglia informe di politiche redistributive. Se non si riconosce legittimità democratica alle istituzioni politiche ed economiche; se il sogno è abbattere il capitalismo, o più prosaicamente in Italia Berlusconi, allora la critica allo status quo diventa talmente radicale da rendere inevitabile che qualcuno, anzi molti, paradossalmente i più coerenti e i più "coraggiosi", ricorrano a pratiche violente. Ecco in che modo i violenti c'entrano eccome con la manifestazione di sabato.

E' ovvio che dal punto di vista penale la responsabilità è personale, ma se vogliamo comprendere ciò che è accaduto, allora non possiamo sottrarci ad una riflessione che vada oltre quegli aspetti. Quella violenza non nasce dal nulla, è una violenza che ha una matrice politica ben precisa, che affonda le proprie radici in una sinistra estrema e anti-sistema, ma che si nutre anche del clima da guerra civile che i partiti di sinistra, e persino di centro, alimentano all'interno delle istituzioni e sui media. Ecco perché a Roma sì e nelle altre capitali no. Perché a Roma i partiti di sinistra hanno voluto persino dedicare un'aula parlamentare ad uno di quei violenti, a Carlo Giuliani, che a Genova nel 2001 ha dato l'assalto ad una camionetta dei carabinieri esattamente come i suoi compagni hanno fatto ieri a San Giovanni. L'aula bisognava intitolarla al carabiniere che gli ha sparato. Tendiamo a relativizzare e a giustificare con l'esasperazione le violenze, perché c'è sempre qualcosa e qualcuno contro cui è comunemente ritenuto "politicamente corretto" e "figo" ribellarsi, c'è una parte di Italia che non riconosce all'avversario politico il diritto di governare: i democristiani prima, Berlusconi oggi, persino i cantieri dell'Alta Velocità. Siamo in perenne guerra civile e le forze politiche e sociali, i media, per i loro interessi non fanno che alimentare questa condizione.

C'è da scommettere che nelle interrogazioni di lunedì i parlamentari dell'opposizione chiederanno "come è stato possibile", insinuando una grave e sospetta sottovalutazione da parte del ministro Maroni e delle forze dell'ordine. Già oggi la Repubblica e Il Fatto quotidiano accusano il Viminale di aver lasciato fare («tempi di reazione lunghi e farraginosi») e il segretario del Pd Bersani si chiede «come è possibile tenere in scacco per ore il centro di Roma». E' possibile, caro Bersani, se non ci si vuole assumere il rischio di dieci Carlo Giuliani. Non si può, è DISONESTO, contemporaneamente criticare la passività delle forze dell'ordine, pronti però a denunciarne la brutalità appena reagiscono. Sabato a Roma hanno fatto il massimo, il massimo considerando l'uso della forza che è socialmente e politicamente accettato. In piazza i veri non violenti sono stati poliziotti e carabinieri, che hanno combattuto con gli idranti, i lacrimogeni e i loro corpi. E che avevano l'ordine di «abbozzare, attendere, ripiegare», pronti a sacrificare la loro di vita, piuttosto che rischiare la morte di un manifestante. Dunque, mettiamoci d'accordo: o accettiamo che qualche violento possa rimanerci secco, oppure ci accontentiamo di quanto abbiamo visto ieri, senza però poi prendercela con le forze dell'ordine perché non hanno saputo garantire l'ordinato svolgimento di quella cazzo di manifestazione.

13 comments:

Cachorro Quente said...

La tua analisi è totalmente sballata, perchè Carlo Giuliani è morto proprio in una situazione di inadeguata risposta della polizia, cioè Genova.

Il morto ci scappa proprio quando personale di polizia impreparato e inesperto si trova con le spalle al muro. L'azione repressiva mica viene fatta con le armi da fuoco, normalmente!

Anonymous said...

la polizia è stata irreprensibile a roma, in modo proporzionale ai mezzi di cui dispone.

buttarla sul: sono tutti comunisti e quindi violenti, è sciacallaggio di quart'ordine

saluti
augusto

Marcantonio said...

Estimado Cachorro Quente, di questi tempi, le forze dell'ordine sono più impegnate a fare scorte che ordine pubblico. Prevenire e contenere le frange violente nelle manifestazioni di piazza non è la loro specialità ed inoltre, si rischia di più ad usare la forza (quando è necessario e come avviene in tutte le capitali occidentali, Roma esclusa) che a lasciar spaccare vetrine e bruciare veicoli.
Su un punto preciso, JmMomo ha ragione: se la maggioranza sana dei manifestanti fosse interessata a preservare dall'inquinamento violento le ragioni della protesta, disporrebbe un proprio servizio d'ordine, come avveniva nel vituperato '68, con l'incarico di controllare ed allontanare i provocatori. Sono stato a tante manifestazioni, negli anni '70, in cui il servizio d'ordine dei vari gruppi organizzatori imponeva con fermezza agli stupidi esteti innamorati della poetica violenza idealizzata da alcuni leader e docenti di second'ordine di lasciare a casa mazze, caschi e molotov. I sessantottini (il 99% di loro), ad esprimersi collettivamente, rumorosamente, ma pacificamente ci tenevano. Gli indignati bamboccioni italiani sembrerebbe di no.

JimMomo said...

"buttarla sul: sono tutti comunisti e quindi violenti, è sciacallaggio di quart'ordine"

Detta così è un po' banalizzante. Diciamo che forse non i singoli comunisti, ma il comunismo è certamente sinonimo di violenza e sopraffazione, e dunque non deve meravigliare che molti di questi "post-comunisti" scelgano la violenza. Questo è il ragionamento, che non significa sciacallaggio, ma imparare dalla storia.

Quanto al servizio d'ordine, mi accontenterei se i "pacifici" aiutassero le forze dell'ordine nell'unico modo possibile: al primo incidente lasciando la piazza e tornandosene a casa. Così si isolano i violenti, ammesso che si vogliano davvero isolare.

Stefano said...

jim, a me non pare che si possa sovrapporre il '68 ad adesso. Gli 'indignati' non sono in realtà quello che poteva essere un movimento di allora, con un'ideologia ma soprattutto un'_organizzazione_ strutturata.

sono una massa eterogenea che protesta. Tra cui è facile che si annidino i delinquenti che abbiamo visto sabato. Pechè quei delinquenti sono simili ai peggiori ultrà, quelli che vanno allo stadio per menare le mani, non per guardare una partita. C'è una manifestazione? Andiamo e spacchiamo. Contro le banche, la TAV, il governo, le pellicce, la globalizzazione, non importa.

Maroni dovrebbe dimettersi. Per responsabilità politica, concetto ormai scomparso dal panorama istituzionale. Come si dimise Cossiga all'indomani del rapimento di Moro. Il suo successore dovrebbe potenziare l'intelligence PRIMA, visto che alcuni di questi 'riot specialist' molto specialist non sono, visto che hanno lasciato tracce ovunque. Che ora stanno usando per risalire ai responsabili. Ecco, potevano, anzi, dovevano farlo prima.

cmq ti segnalo questa riflessione interessante

http://malvinodue.blogspot.com/2011/10/lo-spontaneismo-e-sempre.html

Cachorro Quente said...

"Gli indignati bamboccioni italiani sembrerebbe di no."

In realtà si sono in molte occasioni opposti fisicamente a chi vandalizzava.
Non c'era però un servizio d'ordine organizzato.

JimMomo said...

Stefano, sveglia! Non ho neanche parlato di '68, ma casomai di Genova 2001. Più che il servizio d'ordine, sarebbe meglio, proprio perché non si tratta di organizzazioni strutturate, che la gente si allontanasse al primo incidente. Solo così si isolano i violenti e si aiutano le forze dell'ordine. Se molti non l'hanno fatto, ma si sono radunati sulle scalinate della Basilica gridando "assassini assassini!" alla polizia, evidentemente non volevano isolare i violenti.

Riguardo il post di Malvino, non credo che ogni protesta contenga inevitabilmente i semi della violenza. Dipende da molte cose, dai contenuti, dalle "ragioni" in primis. Né credo che la violenza sia sempre e comunque condannabile, non sono un pacifista. I manifestanti siriani o iraniani, per esempio, ne hanno acquisito il sacrosanto diritto. Non è giustificabile mai invece nei Paesi dove si possono far prevalere democraticamente le proprie idee. Di certo condivido il fatto che chi partecipa non può dissociarsi completamente dal punto di vista morale e politico.

Cachorro Quente said...

" Appunto, c'è UNA manifestazione, UN movimento, con UNA ideologia (o piuttosto il suo simulacro). Un movimento con una pur primordiale dialettica interna sui mezzi, che si differisce tra chi sceglie mezzi violenti e chi pacifici. Una grande, decisiva differenza dal punto di vista penale, ma minima dal punto di vista politico."

Secondo questo tipo di ragionamento, non dovrebbe esserci differenza (se non quella penale) tra l'ultrà che accoltella il tifoso della squadra avversaria e lo spettatore pacifico della partita.
Entrambi, strettamente parlando, sono dei monomaniaci che ritengono rilevante che il pallone si infili in questa piuttosto che in quella porta.

"Se non si riconosce legittimità democratica alle istituzioni politiche ed economiche; se il sogno è abbattere il capitalismo, o più prosaicamente in Italia Berlusconi, allora la critica allo status quo diventa talmente radicale da rendere inevitabile che qualcuno, anzi molti, paradossalmente i più coerenti e i più "coraggiosi", ricorrano a pratiche violente."

Quindi se una persona ritiene che lo stato sia illegittimo, che la tassazione sia una coercizione ingiusta e che la democrazia non abbia valore è un violento in potenza e, se non lo è, è solo per vigliaccheria o mancanza di coerenza? Dillo ai libertari (gente che non è nota per spaccare vetrine).
E perchè non dovrebbe valere per i leghisti che parlano di secessione? Eppure nessuno di loro mette su barricate.
E lo stesso vale per i comunisti (nel senso del PCI), che come dottrina non riconoscevano la democrazia borghese ma che per difenderla in molti casi hanno pagato con la vita (Resistenza, terrorismo rosso e nero, mafia).

Il fatto è che la stragrande maggioranza di chi decide di scendere in piazza a manifestare non ha intenzioni violente. Black bloc è una definizione giornalistica strumentale, e siamo d'accordo. E siamo altrettanto d'accordo che tra i movimentisti veri e propri il concetto di violento e non violento sia spesso relativo e legato più a scelte strategiche che non a convinzioni gandhiane (vedi contrapposizione storica tra "disobbedienti" e "antagonisti"). Ma anche contando la cosiddetta zona grigia, quando si parla di manifestazioni di massa stiamo sempre parlando di una minoranza infima. La manifestazione di Roma era eminentemente pacifica; i violenti erano da isolare e ciò non è stato fatto, caricando invece i cortei e facendo proprio il gioco di chi voleva il caos.

Detto questo: accusare il prossimo di non riconoscere legittimità alle istituzioni democratiche, il giorno che escono fuori le intercettazioni in cui Berlusconi favoleggia di dare l'assalto al palazzo di Giustizia, non è il miglior esempio di tempismo della storia.

Anonymous said...

La frase della Contini è indicativa,questi vandali vogliono la testa di Berlusconi e per averla sono disposti a causare qualunque danno,del resto sanno che le loro spalle sono coperte.Riguardo ai "pacifici"manifestanti,il modo in cui hanno trattato Pannella li identifica per quello che sono non indignados bensì comunistas.
Toni

Stanley said...

caro Jim, hai messo tanta carne al fuoco quindi ti contesto solo una parte dove ti seguo di meno: tu dici che questi vogliono far cadere il governo e B. Secondo me nomn gliene frega niente nè ai black bloc nè ai manifestanti pacifici, quelli che sputano sugli ottantenni. E qui ti seguo nel non separare le due 'anime' del movimento. Se veramente avessero un idea ed un programma avrebbero già spazzato via governo, opposizione sindacati ed industriali perchè la protesta si sarebbe tramutata in una proposta ed azione politica e non solo. Ma le idee latitano: e sia chiaro non sottoscrivo tutte le idee anti-sistema ma in passato dai giacobini ai leninisti (altro che anarco-insurrezionalisti) le idee 'in testa' esistevano e si applicavano volenti o nolenti; qui c'è solo molta segatura.

Frank77 said...

"Dunque, mettiamoci d'accordo: o accettiamo che qualche violento possa rimanerci secco, oppure ci accontentiamo di quanto abbiamo visto ieri, senza però poi prendercela con le forze dell'ordine perché non hanno saputo garantire l'ordinato svolgimento di quella cazzo di manifestazione. "

Sinceramnete trovo molto demagogica questa conclusione.
Governare vuol dire prendere delle scelte anche se sono impopolari altrimenti e meglio che si stia a casa.
Ricordiamoci a cosa ci ha portato negli anni 70 tollerare l'illegalità.

Anonymous said...

"Teorie paranoiche della realtà; idee e obiettivi di sovversione dell'ordine sociale ed economico, un'utopia collettivistica da inseguire con un'accozzaglia informe di politiche redistributive [...]"
Perfetto. Non poteva essere scritto meglio. E ciò che forma questo magma immondo sono le scuole e le università italiane. Templi di cultura e progresso che il mondo ci invidia.
Woody

Stefano said...

@jim
conosco alcuni dei manifestanti di sabato (assolutamente pacifici).

sentendoli parlare, beh, a me è venuto in mente questo.

http://www.youtube.com/watch?v=3Ds-vbOGCMc