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Friday, February 29, 2008

Come combattere le tentazioni del "tremontismo"

Se ieri è stato un giornale "amico" del PdL, quello diretto da Mario Giordano, a lanciare l'allarme su un programma nelle cui pieghe rischiano di nascondersi proposte di stampo più "fanfaniano" che liberista, oggi è un giornale "ostile", il Corriere della Sera, a criticare duramente la politica economica di uno dei principali estensori di quel programma. E' Francesco Giavazzi, infatti, che nel suo editoriale prende di mira il tremontismo con argomenti che mi sembrano più che fondati.

«Dazi e quote per difendere le nostre produzioni dalla concorrenza asiatica», «protezione delle nostre industrie e dei nostri capannoni», sono solo le frasi più indicative di un protezionismo anacronistico. «Di fronte alla globalizzazione abbiamo bisogno di uno Stato più forte», scrive Tremonti. «Sì, ma per abbattere le rendite e creare più concorrenza, non per sostituirsi al mercato», ribatte Giavazzi.

Il proposito di difendere le nostre imprese nella globalizzazione, e non dalla, è condivisivile. Ma come? Quella a favore del libero mercato, sempre e comunque, anche sotto la pressione della competizione per molti aspetti scorretta della Cina, non è un'opzione ideale, ma di efficienza del sistema. Proteggendo le nostre imprese con dazi e quote sulle importazioni non facciamo loro un favore. Sarebbe come narcotizzarle, perché le abitueremmo a un mercato protetto artificialmente nel quale per difendere le proprie posizioni di rendita non occorre sapersi sviluppare e rinnovare, o quanto meno è sufficiente farlo ad una velocità molto più ridotta di quanto succede là fuori, nel resto del mondo. Ebbene, in poco tempo ce le ritroveremmo sedute, incapaci di sostenere una competizione sempre più globale alla quale non potranno sottrarsi a lungo, visto che non è esclusivamente sul mercato interno che possono pensare di sopravvivere. Le politiche protezionistiche non rafforzano, ma indeboliscono le nostre imprese e il nostro tessuto produttivo.

La cosa migliore che lo Stato può fare per difendere le nostre imprese è invece aiutarle a rendersi più competitive. Quindi, meno tasse sugli utili, così da favorire investimenti in R&S; meno costi e più flessibilità sul lavoro; meno pesantezze burocratiche; una giustizia civile certa e rapida. Bisogna certamente agire anche in sede di Unione europea, ma non per ridurre le politiche a favore della concorrenza. Piuttosto perché l'Europa pretenda dalla Cina la fine di ogni pratica di dumping e il rispetto delle regole di una competizione fair.

5 comments:

Anonymous said...

In linea teorica concordo con quanto scrivi sui rischi del protezionismo.
Ma è altrettanto certo che tra il protezionismo assoluto e l'assenza di qualsiasi difesa c'è un ventaglio di opzioni e magari di opportunità che va provato.
Ed è' comunque chiaro che una forma di contenimento del concorrente scorretto servirà e sarà utile solo se consentirà di recuperare competitività.
Perciò, una protezione temporanea mi pare utile se ben impiegata, cioè con lungimiranza.

JimMomo said...

No, il punto è che il protezionismo danneggia te stesso più di quanto contiene l'avversario scorretto.

Anonymous said...

Il solito Giavazzi: un coraggio da leone, o meglio, da corifeo delle nomenklature, quando si tratta di fare le pulci al centrodestra.
Meritate, senza dubbio, d'altra parte.

JimMomo said...

Sì, Giavazzi è così. Però il tremontismo rimane un punto debole.

Anonymous said...

Beh, in fondo è un programma classicamente populista. Certo non sarà Berlusconi a "slacciare" l'Italia dopo aver difeso ogni sorta di corporazione dalle timide liberalizzazioni di Bersani.