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Wednesday, February 27, 2008

I redditi delle famiglie espropriati dallo Stato

Come sa bene chiunque legga con costanza questo blog, non perdo occasione per ribadire la centralità del binomio tasse-spesa pubblica tra i maggiori responsabili del soffocamento dell'economia italiana. Lo Stato si mangia letteralmente la ricchezza prodotta dai cittadini italiani - dai più ricchi ai più poveri. Da oltre 10 anni, con la scusa della necessità di abbattere il debito pubblico, cresce la pressione fiscale, ma il debito rimane sostanzialmente invariato e una quantità crescente di risorse viene invece sperperata nel calderone di un'amministrazione pubblica sulla cui efficienza davvero in pochi si sentirebbero di giurare. Era inevitabile che prima o poi venissero seriamente intaccati i redditi delle famiglie, come ha recentemente illustrato la Banca d'Italia.

Inizialmente, alla diminuzione del loro reddito disponibile determinata dal prelievo fiscale crescente, le famiglie hanno reagito intaccando la quantità di reddito in precedenza destinata al risparmio e poi gli stessi risparmi accantonati, al fine di aumentare comunque i loro consumi, per non vedere peggiorare i loro stili di vita e per non perdere il loro status sociale. Ma non si può continuare a vivere a lungo al di sopra delle proprie possibilità e il punto di crisi sembra arrivato: anche i consumi si sono arrestati.

Uno studio molto accurato di Andrea Moro e Thomas Manfredi, del blog/think tank noiseFromAmerika, conferma con approccio "scientifico" la dinamica che qualsiasi cittadino è in grado di percepire intuitivamente anche senza lauree. Quella tuttora in corso è una vera e propria «espropriazione massiccia di risorse perpetuata dallo Stato negli ultimi 15 anni. Dopo la crisi del 1991-1992 ancora un 85% del reddito disponibile era controllato dalle famiglie. Le punte massime di aumento della "(op)pressione fiscale" si hanno nel 1996-1997 (eurotassa et similia) nel 1999 e nel 2006. Tutti periodi in cui il centrosinistra era al governo, quasi sempre sotto la guida di Romano Prodi. Crediamo che al di là dell'usuale tasso di (op)pressione fiscale questi dati spieghino chiaramente ciò che è successo e sta succedendo in Italia. Da un peso dello stato del 14% nel 1990 si è passati al 24% nel 2006, quasi il doppio, mentre il reddito disponibile alle famiglie per consumi e risparmio è crollato di dieci (10!) punti percentuali nello spazio di un decennio, ed è stabile da allora... Insomma, dopo aver mandato in malora l'azienda con politiche folli e spese pubbliche ancor più folli, gli italiani (invece di riformare il sistema) han deciso di ignorare il fatto che il loro reddito disponibile non cresce da praticamente quindici anni a questa parte! Continuano a far crescere allegramente i loro consumi, mangiandosi il capitale che avevano precedentemente accumulato».

La stagnazione dei redditi, concludono Moro e Manfredi, «deriva certamente dalla magra dinamica della produttività, tesi giustamente supportata da Draghi... Ma il contributo negativo dell'(op)pressione fiscale, oltre a poter essere (per gli incentivi che distrugge) concausa della scarsa crescita della produttività, ha anche pesato direttamente sul reddito disponibile della famiglie. Si potrebbe arguire, con spirito da mero contabile, che con un debito pubblico così alto non ci fosse altra soluzione possibile che quella di reperire risorse per abbatterlo. Dopo anni in cui a più tasse è seguita solo e soltanto più spesa (che ha raggiunto il 50,1% del PIL (!!!) nei dati ISTAT più recenti), con un debito pressoché immutato (106% del PIL), noi crediamo che ammazzare il paziente febbricitante con dosi massicce di tax and spending, invece di stimolarlo con misure di libertà economiche (taglio della spesa pubblica, liberalizzazioni, privatizzazioni, taglio delle aliquote marginali) si sia rivelata la più miope delle politiche».

Mai come oggi è corretto sostenere che lo Stato è il problema, non la soluzione. Per questo rimango convinto della vitale necessità di una drastica cura dimagrante per lo Stato, da ottenere con una ricetta nota da tempo ma ancora valida: "affamando la bestia". Partendo cioè da un radicale taglio delle aliquote fiscali e - perché no? - come propone Decidere.net, con il passaggio progressivo, in 5 anni, ad un'aliquota unica (flat tax) del 20%, il cui costo iniziale verrebbe coperto da una riduzione della spesa pubblica dell'1% annuo (5% in 5 anni), che equivale ad una riduzione della spesa pubblica complessiva, calcolata in rapporto al Pil, dello 0,4% annuo (2% in 5 anni, dal 51 al 49%). E' necessario e urgente, ma anche fattibile. Eppure, mi pare che i programmi dei due maggiori partiti, Pd e PdL, non siano all'altezza della sfida.

1 comment:

Anonymous said...

In effetti, se tanto (tassazione) mi dà così poco (servizi e sostegno), questa è espropriazione, non più un rapporto di benefico godimento (cittadino e stato)...