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Wednesday, March 27, 2013

Tranne i marò, tutti colpevoli con disonore

Anche su Notapolitica

Non saranno le dimissioni, annunciate ieri alla Camera, a scagionare l'ormai ex ministro degli Affari esteri Giulio Terzi dalle sue responsabilità per la disastrosa gestione della vicenda dei marò sequestrati dalle autorità indiane. Tranne i due nostri militari, infatti, nessuno degli uomini di governo coinvolti può pensare di uscire a testa alta, con dignità, da questa storia: non Terzi, ma nemmeno gli altri che non si dimettono. Per quanto tardive, per quanto «irrituali», e per quanto "paracule", senza ammettere i propri errori, pur sempre di dimissioni si tratta. Anche se avrebbe dovuto farlo giorni fa (e forse mesi fa), invece di rilasciare a la Repubblica un'intervista surreale, sprezzante del ridicolo, nel tentativo di presentare come un successo diplomatico la doppia giravolta, almeno Terzi si è dimesso. Il ministro Di Paola, pur non dimettendosi, ha però rivolto le sue scuse ai marò, al Parlamento e agli italiani. E gli altri? Il premier Mario Monti? il patetico De Mistura? State sicuri che non si sottrarranno al rito dello scaricabarile avviato da Terzi. E' possibile credere davvero che la decisione di trattenere i nostri marò in Italia, scatenando l'ira indiana, e dopo pochi giorni quella di rispedirli indietro, non siano state assunte collegialmente, quindi avallate entrambe dalla presidenza del Consiglio? Ed è credibile la versione che Terzi ha presentato di sé alla Camera, ministro con la schiena dritta che non voleva mollare di fronte alla prepotenza indiana, mentre dall’inizio di questa vicenda è sempre sembrato a proprio agio nel rappresentare una linea che definire morbida è un eufemismo?

A quanto pare, però, siccome le sue dimissioni, inaspettate e in dissenso con la decisione del governo di far rientrare i marò in India, avvantaggiano indirettamente Berlusconi e il Pdl nella loro polemica contro Monti e i "tecnici", e siccome disturbano anche la quiete del Colle, allora in questo caso, improvvisamente, diventano persino motivo di supremo biasimo. Ci lamentiamo sempre, noi italiani, che non si dimette mai nessuno per i disastri che combina, chiedere le dimissioni è una specie di sport nazionale, eppure stavolta no: Terzi non doveva dimettersi, almeno non ora, non così. Ok, è stato scorretto, ma invece di perderci nei dettagli, di chiederci chi ci guadagna e chi ci perde politicamente, alludendo a chissà quali calcoli, e se avesse dovuto rassegnarle prima (certo che sì) e nelle mani del presidente del Consiglio piuttosto che annunciarle davanti al Parlamento (forse), dovremmo pretendere che ne seguano altre di dimissioni. Non si tratta di difendere Terzi: è inaccettabile il suo scaricabarile, ma lo è anche che il suo comportamento diventi un alibi per insabbiare le responsabilità altrettanto gravi di tutti gli altri, Monti in testa, nella fallimentare gestione di questa crisi.

Andrebbe innanzitutto fatta chiarezza sulla ricostruzione fornita da Terzi alla Camera, secondo cui è «maturata in modo pienamente collegiale la decisione di ricorrere all'arbitrato e di trattenere i marò in Italia» e, da ministro, aveva posto «serie riserve alla repentina decisione di un loro ritrasferimento in India», dovendo però constatare che la sua voce è rimasta «inascoltata». In particolare, sembra emergere che la decisione di farli rientrare in India sarebbe arrivata proprio sul più bello, cioè quando secondo Terzi lo "strappo", trattenerli in Italia, ci stava finalmente per mettere in una posizione di vantaggio rispetto all'India, mentre stavamo acquisendo sostegno internazionale sia sulla richiesta di arbitrato che contro la rappresaglia indiana. «Avevamo finalmente da noi, in patria, i due fucilieri di marina in una cornice legale che consolidava la giurisdizione del nostro Paese e la consolidava in modo inequivocabile. L'azione diplomatica con i nostri principali partners aveva acquisito forti consensi e ancor più dopo la revoca dell'immunità al nostro ambasciatore. E la coerenza della linea intrapresa dal Governo nella tutela dei valori fondamentali per il Paese, per le Forze armate, dei nostri interessi economici e dei nostri connazionali espatriati, attirava nella comunità internazionale ampio e crescente sostegno». Proprio in quel momento così promettente, sostiene Terzi, il governo ha deciso di rimandare indietro marò dietro assicurazioni da parte indiana ritenute «idonee» (da De Mistura).

La gestione della crisi è stata disastrosa fin dall'inizio. E' stata sottovalutata la fermezza della posizione indiana: ci veniva spiegato dai conoscitori di quella realtà che si trattava di strumentalizzazioni politiche interne che si sarebbero in breve tempo sgonfiate. Basso profilo, dunque, riservatezza, rispetto. Più appariva evidente che si trattava di una questione politica, di interesse e dignità nazionale, più si negava, tentando di venirne a capo con una miope linea tecnico-giuridica, e ritardando il coinvolgimento di organismi internazionali, mai preteso con la necessaria convinzione. Fino al vero e proprio pasticcio finale. La decisione di trattenere i marò ci ha esposti ad una brutta figura, perché per far valere i suoi diritti l'Italia aveva dovuto ancora una volta dar prova della propria inaffidabilità. Ma per quanto discutibile, almeno i marò erano a casa e i reiterati inganni degli indiani in qualche modo costituivano un'attenuante.

Peccato che la svolta è stata eseguita in modo così maldestro e dilettantesco, senza adeguata preparazione, né sul piano legale né dal punto di vista diplomatico e politico, tanto che ci siamo fatti trovare del tutto impreparati e scoperti dalla dura rappresaglia delle autorità indiane, senza alleati al nostro fianco. Ma una volta intrapresa quella strada, e soprattutto dopo la plateale violazione da parte indiana della convenzione di Vienna sulla intangibilità degli ambasciatori, calarsi le brache è stata una toppa peggiore del buco, come quell'arbitro che per riparare un torto commette un errore ancora più eclatante. Una prova di incompetenza, cinismo e meschinità senza pari.

1 comment:

Anonymous said...

Il Governo Monti ha partorito un vero capolavoro di inaffidabilità e imprevidenza,le dimissioni di Terzi sono solo un penoso e vano tentativo di rifarsi una verginità a danno del bocconiano che dal canto suo con questa vicenda ha mostrato chiaramente che il tanto sbandierato rispetto internazionale era solo una menzogna,una delle tante propagandate a suo favore.
Toni