Non scopriamo oggi, dopo la strage di Cana, che la guerra è cosa orribile. Eppure sembrano scoprirlo oggi, non dopo anni di intifade, kamikaze, missili, incursioni e attacchi di Hezbollah, i molti Soloni - il governo libanese, gli europei, l'Onu di Kofi Annan, i media - che condannano Israele rendendosi strumenti, più o meno consapevoli, della strategia di Hezbollah. Le vittime civili fanno parte, purtroppo, di ogni guerra, per quanto "intelligenti" siano le bombe. Le città israeliane sono le prime a saperlo. Ma l'unica «sproporzione», di cui poco si parla, è tra chi, per propria ammissione, cerca la morte del numero maggiore possibile di civili e chi cerca di evitarla.
Hezbollah usa la popolazione civile come scudo umano. E' una tattica deliberata. I camion da cui partono i missili contro il territorio israeliano si nascondono nei garage di edifici civili. Le palazzine vengono adibite a veri e propri arsenali di missili e armi leggere, quando non a postazioni dei terroristi. Le famiglie che vi abitano sono costrette con la forza, comprate con il denaro, o convinte dalla causa di Nasrallah. Spesso sono costrette a rimanere nelle loro case anche quando l'esercito israeliano fa piovere i volantini con i quali avverte degli imminenti bombardamenti.
Libero pensiero riporta le parole di Paeta Hess-von Kruendener, uno degli osservatori Onu rimasti uccisi accidentalmente in un raid israeliano in Libano, che poco prima della sua morte aveva denunciato i terroristi Hezbollah che «si aggirano attorno alle nostre postazioni» usandole come «scudi», chiarendo che i colpi degli israeliani nelle vicinanze delle postazioni Onu «non sono deliberatamente mirati su di noi, bensì dovuti a necessità tecniche». Il sito dell'esercito israeliano e quello del Ministero degli Esteri hanno diffuso ricostruzioni e video nei quali si vedono gli Hezbollah sparare missili dal villaggio di Cana e usare abitazioni civili come scudi.
La morte di civili innocenti è responsabilità diretta di Hezbollah esattamente come i morti di Dresda furono responsabilità diretta del nazismo. Qual è il criterio morale che una nazione aggredita dovrebbe seguire per difendersi? Quello dell'auto-difesa, sostengono gli oggettivisti, non quello della "guerra giusta". L'auto-difesa, spiega Stefano Magni in un recente articolo su L'Opinione, «mira prima di tutto ad ottenere la sicurezza dei propri cittadini tramite una sconfitta decisiva dell'aggressore», minimizzando le propria perdite. Scrivono Brook ed Epstein: «Ripristinare completamente la protezione dei diritti individuali e dunque il ritorno a una vita normale in seguito alla completa eliminazione della minaccia esterna».
«Ayn Rand riteneva che la morte di civili innocenti fosse sempre responsabilità dell'aggressore: la morte di centinaia di migliaia di tedeschi sotto le bombe alleate non è imputabile tanto ai comandi alleati, quanto a Hitler, che li ha trascinati nel suo folle progetto di conquista. Ed anche ai civili tedeschi stessi, che invece di ribellarsi hanno preferito seguire acriticamente il loro capo. Questo discorso vale ancor di più nelle guerre mediorientali, dove gruppi di terroristi usano la popolazione (che in molti casi li osanna) come un vero e proprio scudo umano...».E' una deliberata strategia che consiste nell'attirare Israele in trappole come quella di Cana. Per Hezbollah è il primo successo militare e politico dall'inizio della crisi. Massimizzando le perdite tra la popolazione libanese, Hezbollah fomenta l'odio contro Israele e suscita solidarietà nei confronti delle sue azioni. Sfruttando episodi del genere, scientemente organizzati, e il loro devastante impatto mediatico, ma confidando anche nell'ipocrisia, nel migliore dei casi, e nella malafede, nel peggiore, degli europei e delle organizzazioni internazionali, ha ottenuto il risultato politico dell'isolamento, seppure parziale e momentaneo, di Israele, e quello militare di una sensibile limitazione dei bombardamenti per 48 ore.
Dopo Cana, infatti, il premier libanese Siniora si è rifiutato di incontrare la Rice, ha chiesto la «fine immediata delle ostilità» ed ha addirittura ringraziato gli Hezbollah per la «difesa del territorio». Presa di posizione che mette in difficoltà Washington, che sin dall'inizio della crisi ha cercato una soluzione che puntasse sul rafforzamento del governo libanese, espressione e speranza di una fragile democrazia, e di quello israeliano.
Eppure, almeno le cancellerie europee dovrebbero sapere come stanno le cose, ma invece di denunciare al mondo il gioco sporco di Hezbollah, si uniscono al coro di condanne a Israele alimentando i peggiori "umori" anti-israeliani delle opinioni pubbliche occidentali.
A descrivere con esattezza la tattica di Hezbollah è Alan Dershowitz, oggi su La Stampa:
«Gli Hezbollah hanno imparato a usare le vittime civili come scudo e spada contro le democrazie. Vincono ogni volta che uccidono un civile israeliano... E vincono ogni volta che spingono Israele a sparare uccidendo civili libanesi. Questa cinica manipolazione delle vittime viene accettata dai media e dalle organizzazioni internazionali, che continuano a condannare Israele per l'uccisione di libanesi piazzati intenzionalmente sulla linea del fuoco dagli Hezbollah».Entrambe le opzioni appaiono perdenti:
«Se la democrazia non fa nulla, i terroristi continuano a sparare impuniti. Se la democrazia reagisce e produce vittime civili, i terroristi ottengono una vittoria propagandistica concentrando l'attenzione del mondo su questi morti uccisi dal loro nemico».Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, al termine di una lunga riunione convocata d'urgenza ieri sera, si è detto «estremamente colpito e scioccato» dalla strage di Cana, ma grazie all'opposizione degli Usa, pronti ad esercitare il diritto di veto, non l'ha condannata esplicitamente, né ha chiesto un cessate-il-fuoco «immediato», come volevano, su proposta francese, tutti i paesi membri. Il Consiglio di Sicurezza avrebbe dovuto riunirsi, certo, ma per dichiarare i terroristi di Hezbollah, e non Israele, criminali di guerra.
«Nessuna persona protetta [non combattente] potrà essere utilizzata per mettere, con la sua presenza, determinati punti o determinate regioni al sicuro dalle operazioni militari». (Geneva Convention Relative to the Protection of Civilian Persons in Time of War, August 12, 1949, 6 U.S.T. 3516, 75 U.N.T.S. 287, art. 28).Invece, le condanne rivolte a Israele da quello strano e ambiguo Ente morale che è la comunità internazionale, dalle organizzazioni per i diritti umani e dai media, non fanno che legittimare la tattica degli Hezbollah e incoraggiarli a proseguire. Se si ritiene che Israele produca troppe vittime civili, allora sia la comunità internazionale a incaricarsi di disarmare gli Hezbollah e di far rispettare la risoluzione 1559 dell'Onu, con minor numero di vittime e maggiore «proporzionalità».
Ora è tregua dei bombardamenti aerei per 48 ore, ma fino a un certo punto. Quella di Israele è una tregua finta, poco più che simbolica. E' stata concessa un po' cedendo alle reazioni internazionali di condanna per la strage di Cana, e un po' anche per non lasciare che la Rice facesse ritorno a Washington a mani vuote. Tuttavia, la tregua non risparmia gli obiettivi considerati direttamente legati a Hezbollah in caso di pericolo imminente per Israele, come ha chiarito una fonte governativa citata dal quotidiano Ha'aretz: «L'aeronautica israeliana ha ricevuto l'ordine di continuare le azioni contro gli obiettivi che rappresentano una minaccia per Israele e il suo esercito, compresi i lanciarazzi, i veicoli che trasportano munizioni, i militanti di Hezbollah, i depositi di armi e le persone legate a Hezbollah». Con «persone legate a Hezbollah» si intendono tutti i combattenti del movimento che si riconoscono nella linea del loro leader. La tregua riguarda i raid «su edifici che non sono stati identificati» come posti dai quali possano partire «attacchi contro Israele o che nascondano munizioni, combattenti Hezbollah o loro comandanti».
«Israele non può e non deve accettare un cessate-il-fuoco immediato in Libano. Gli estremisti rialzerebbero la testa e tra pochi mesi saremo daccapo. L'offensiva di terra contro Hezbollah si espanderà, in misura tale che cambierà il volto dell'intera regione», ha spiegato il ministro della Difesa israeliano, Amir Peretz, alla Knesset.
«Quanto tempo ci vorrà ancora prima di convincerci che una pace durevole non sarà mai il prodotto di un negoziato regionale, che solo una vittoria politica, diplomatica e militare contro i regimi del terrore potrà sconfiggere l'offensiva islamista?», si chiede Giuliano Ferrara nell'editoriale di oggi.