Ci vuole una legge specifica che vieti burqa e niqab (e anche il velo nelle scuole, nelle università e in tutti gli edifici pubblici). La legge cui si è appellata ieri a Milano Daniela Santanchè, quella che vieta di girare in strada con il volto coperto, è inapplicabile al velo islamico, in quanto riconosciuto come «pratica devozionale» da sentenze sia della Cassazione che dei Tar, e da una circolare del Ministero degli Interni. Motivai il mio deciso "no" al burqa, e anche al niqab, quasi tre anni fa in questo articolo.
Che il burqa, o il niqab, sia davvero un simbolo religioso, è discutibile. Ed è ancor più discutibile che esistano donne che volontariamente li indossano. Quelle presunte volontà sono figlie di plagio, condizionamenti culturali, nel migliore dei casi, su persone che neanche sanno cosa significhi esprimere una propria volontà autonoma. A prescindere dalla presunta volontà di chi lo indossa, è un simbolo di segregazione, un modello antropologico di sottomissione della donna e, per questo, un'offesa alla sua dignità. E' incompatibile con i diritti fondamentali e l'uguaglianza dei sessi garantiti dalle costituzioni democratiche. Dietro di esso c'è tutto il sistema antropologico, giuridico, culturale e politico dell'islam integralista. Seppure in clandestinità o nel privato, verrebbe de facto legittimato l'impianto della sharia, e non saremmo in grado di tutelare i diritti delle donne islamiche che il velo invece non volessero indossarlo e che volessero liberarsi dalla condizione di sottomissione che vivono in famiglia.
3 comments:
Bella scoperta, questo blog!
A prescindere dagli accenti fatalisti che non condivido, dimentichi una cosa: gli attivisti della Santanché, a dispetto della prosopopea utilizzata dal leader del Movimento per l'Italia, hanno strappato l'hijab a 3 donne, non il burqa né il niqab. Una significativa differenza per un atto meschino.
ma è stata solo 'na lotta tra fascisti!!!
io ero tzunami
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