Da una parte, c'è l'Italia - ultramaggioritaria - che rischia tutti i giorni; che è legata al merito, alla competitività, alla trasparenza; che sta sul mercato; che è esposta al vento della concorrenza; che mette in gioco se stessa, la propria famiglia, i propri beni. E' l'Italia che lavora e produce; è l'Italia dei lavoratori dipendenti che rischiano il posto; è l'Italia delle piccole e piccolissime imprese dell'industria, del commercio, dell'artigianato, dei servizi; è l'Italia dei professionisti; è l'Italia dei disoccupati e dei sottoccupati non tutelati; è l'Italia di quanti, oggi anziani, hanno già dato il loro contributo alla propria famiglia e al Paese. Dall'altra parte, c'è l'Italia - più piccola e minoritaria - che non vive con queste regole: è l'Italia della rendita, delle corporazioni, dei furbi, dei fannulloni, dei garantiti. Naturalmente, non si può e non si deve fare di ogni erba un fascio, ma questo aggregato è composto dall'Italia dei cattivi dipendenti pubblici, della cattiva politica, della cattiva magistratura, delle cattive banche e della cattiva finanza, della cattiva editoria, dei cattivi sindacati (arricchiti economicamente ma impoveriti politicamente e civilmente dalla trattenuta automatica praticata su lavoratori e pensionati spesso ignari); in altre parole, siamo dinanzi all'Italia che vive in modo parassitario e improduttivo sulle spalle della prima Italia.Questa la diagnosi dalla quale prende avvio il ragionamento di Brunetta e Capezzone, che passando per un giudizio positivo e ottimistico dell'attuale esperienza di governo, indicano sette campi d'azione, le «nuove sfide strategiche», l'embrione di un programma. Ok, il giudizio sull'azione di governo è forse fin troppo benevolo, ma è comprensibile che sia così per chi non mira al logoramento della leadership attuale e della "casa" di cui ha scelto di far parte, per chi non si candida a raccoglierne i cocci ed è consapevole che dal fallimento del governo e dalla rissa continua non potranno nascere i successi del domani.
Ma nel contempo, nonostante quando si è al potere è sempre più difficile farlo, Brunetta e Capezzone provano ad arricchire il dibattito interno al Pdl con un approccio e delle proposte che ad un esame più attento vanno oltre e si differenziano non poco dall'attuale corso governativo, pur riconoscendone lealmente i meriti. Non a caso Brunetta e Capezzone fanno più volte riferimento alle «sfide strategiche» per la «fase politica che si apre», hanno in mente «i prossimi lustri della politica italiana». Forse sul tema tasse potevano osare di più, facendone un punto autonomo, ma Fini con la sua «geniale» intuizione della «lotta al mercatismo» non pensi che "dopo Berlusconi il nulla".
2 comments:
E quindi? Per la solita aria fritta lanciamo i cappelli per aria?
Mi ricordo ancora degli entusiasmi per la nascita dei "volenterosi", per il network "decidere" etc. etc. . Era 3 anni fa, Jimmomo, ricorda? Dove sono finiti i loro propositi? Nel gabinetto, forse?
Ah, a proposito. Le rivoluzioni del "blairiano" Brunetta in tema di reperibilità dei "fannulloni" pare che siano state abrogate.
Svegliamoci, che altrimenti nel 2013 si rischia di finire con il muso per terra.
Axe
"Da una parte, c'è l'Italia - ultramaggioritaria - che rischia tutti i giorni; che è legata al merito, alla competitività, alla trasparenza; che sta sul mercato; che è esposta al vento della concorrenza..."
che ti devo dire, Punzi, mi è venuta in mente subito la carfagna e non me la sento di continuare a leggere.
a parole sono bravi tutti
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