Ci sono voluti sei mesi di estenuanti trattative, ma nonostante annacquamenti e ammorbidimenti (e chissà quali altre rinunce e concessioni sotto banco), l'amministrazione Obama ha mancato l'unanimità del Consiglio di Sicurezza, che si prefiggeva come obiettivo politico. E' riuscita a ottenere il sì di Russia e Cina, ma si è fatta "bruciare" da Ahmadinejad, che con il recente accordo ha astutamente portato dalla sua parte Brasile e Turchia, che a loro volta hanno approfittato della crisi iraniana per lucrare una fetta di visibilità sulla scena internazionale. E infatti oggi, come previsto, hanno votato contro il quarto round di sanzioni nei confronti di Teheran.
La montagna diplomatica messa in piedi dalla coppia Obama-H. Clinton ha partorito delle sanzioncine: ulteriore stretta sull'acquisto di armi pesanti, come carri armati, elicotteri d'attacco e missili; divieto di far partecipare l'Iran a progetti che abbiano a che fare con tecnologia nucleare; altre 40 compagnie inserite nella blacklist dei soggetti sottoposti a misure restrittive come il congelamento dei beni e la limitazione della libertà di viaggio. Tra di esse, tre società controllate dalla maggiore compagnia di navigazione iraniana e ben 15 legate ai Pasdaran.
Della lista nera avrebbero dovuto far parte anche due banche, ma all'ultimo momento (considerando la fretta di chiudere, da parte di Washington, dopo lo schiaffo dell'accordo turco-brasiliano-iraniano) la Cina è riuscita a far escludere dalle sanzioni la "Export Development Bank of Iran". E un solo individuo è stato inserito nella blacklist: si tratta di Javad Rahiqi, capo del centro di tecnologia nucleare di Isfahan. Prevista anche l'ispezione in mare aperto di navi sospettate di portare componenti per i programmi missilistici e nucleare iraniani, ma non senza il loro consenso. Non c'è alcuna autorizzazione infatti all'abbordaggio con la forza. Un regime ispettivo simile, quindi, a quello in vigore nei confronti della Corea del Nord.
Insomma, siamo molto lontani dalle sanzioni «devastanti» minacciate dalla Clinton un anno fa. In pratica, si tratta di un ampliamento e di un irrigidimento di quelle esistenti, ma senza alcun salto di qualità. Niente sanzioni sul settore energetico e su quello finanziario, quelli più sensibili, come avrebbero voluto gli Usa. Risultato: le vere sanzioni - ammesso che ce ne siano di efficaci - dovranno deciderle e attuarsele comunque unilateralmente Stati Uniti ed Europa. Dunque, tanto valeva non perdere tempo all'Onu. Come ha anticipato ieri il segretario alla Difesa, Robert Gates, ora è probabile che i singoli stati approvino misure proprie per andare oltre quelle dell'Onu.
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