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Thursday, June 17, 2010

Manovra accerchiata

No, non mi fido. Non mi fido dei cambiamenti che da più parti si vorrebbero apportare alla manovra, per lo più in nome della crescita. A saldi invariati, il governo si dice aperto a contributi e modifiche migliorative. Quindi, ben vengano altri tagli, ma qui e là si riaffacciano brutti modi di ri-spendere subito le poche risorse raccolte. La manovra va difesa così com'è, purtroppo in Italia non c'è spazio per i distinguo, perché nel dibattito su come migliorarla si nascondono in troppi che vogliono solo annacquarla per favorire le loro clientele. Se si apre un pertugio, non si sa mai chi ci si può infilare.

I 'finiani', per esempio, abboccano in toto alla versione keynesiana di Bankitalia secondo cui ogni cent tagliato di spesa pubblica frena la crescita, già fioca, e quindi giù con le proposte per sostenerla, rischiando però di ricadere nel vizio dei pacchetti di stimolo (per giunta con pochissime risorse). In breve, la ricetta prevederebbe non meglio identificati investimenti "tecnologici" qui e là e il ritorno del credito d'imposta per le imprese, a sostituire, scrivono, la «marea di miliardi di euro che ogni anno lo Stato dà alle imprese sotto forma di contributi a fondo perduto». Ma Lakeside Capital si è già incaricato di segnalare le controdindicazioni di questa politica. E il dubbio è che i maggiori tagli proposti (ripeto: ben vengano) servano a dispensare gli amati statali dai "sacrifici" previsti dalla manovra, come si poteva facilmente scorgere in un post di due giorni fa dell'on. Bocchino.

Diffido anche delle reali intenzioni delle regioni e delle buone ragioni di bravi governatori come Formigoni. E' vero che tagli uguali per tutte le regioni, in proporzione ai trasferimenti ricevuti, non è il migliore dei modi di procedere, perché non si distingue tra virtuosi e viziosi, premiando i primi e colpendo i secondi. Ma, primo, anche nelle regioni più virtuose la spesa è tale che esistono ampi margini per tagliare (pensioni di invalidità, eccessi di personale, sussidi vari, enti e imprese inutili); secondo, proviamo solo ad immaginare cosa accadrebbe se il governo, d'un tratto, dicesse, alla Lombardia che è stata brava togliamo 5, e alla Calabria che è stata pessima togliamo 15, e in mezzo tutte le altre. E' vero che sarebbe questa una logica coerente con il federalismo fiscale, ma per ora il meccanismo ancora non c'è e un criterio simile per questa manovra sarebbe visto come ancora più arbitrario.

Resta inoltre un pesante interrogativo. Se Tremonti e Berlusconi hanno dall'inizio assicurato disponibilità a discutere sul come tagliare, fermo restando il quanto, non dovrebbero esserci problemi. Perché, se il problema è davvero non punire le regioni virtuose, la Conferenza delle Regioni non propone al governo un meccanismo per cui i tagli colpiscano meno chi ha ben governato? Dunque, o mentono Tremonti e Berlusconi (non sono disponibili a discutere, neanche sul come), oppure le regioni ci marciano: in realtà, vogliono solo subire minori tagli complessivamente, e non distribuirli in modo più intelligente e meritocratico.

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