E' il fallimento della Federazione e di Lippi, non del «nostro calcio»
Un disastro annunciato, per chi non si era foderato gli occhi in attesa del fattore "C" o in imbarazzo per certe convocazioni dall'organico non proprio stellare della Juventus di quest'anno. Come nell'86, credere nel vecchio gruppo dei campioni del mondo di quattro anni prima è stato l'errore di fondo. Un errore a cui non era possibile rimediare con un paio di innesti confusi dell'ultima ora. Inutile accapigliarsi per una o due convocazioni diverse, o per gli errori tattici (a dire il vero clamorosi) di Lippi, sono due anni che lo vado dicendo: è l'impostazione di fondo ad essere sbagliata. Specchio di un'Italia aggrappata al passato, che crede poco nei suoi giovani e che ha paura di rischiare scoprendo i nuovi talenti. La peggior mistificazione che in queste ore tentano di far passare è che non c'erano «fenomeni» a casa, né giovani talenti per rimpiazzare i "bolliti" (e bastava seguire l'ultimo campionato per accorgersi che erano "bolliti").
Falso. Certo, i talenti si coltivano, non si improvvisano a una settimana dall'esordio. Ma sono convinto che se due anni fa si fosse intrapresa con decisione la strada del rinnovamento, un gruppo più giovane avrebbe avuto il tempo di crescere molto. Con ogni probabilità non avrebbe rivinto il Mondiale, ma neanche perso in modo così indegno. E il giorno dopo non ci saremmo trovati un cumulo di macerie, ma delle basi promettenti su cui lavorare.
Adesso il presidente della Federazione, anziché dimettersi, vorrebbe far pesare il suo fallimento, quello di Lippi e di questo gruppo, sull'intero nostro movimento calcistico, come se quella vista ieri fosse la massima espressione possibile del nostro calcio, invece che una rispettabile, ma pur sempre particolare versione, quella frutto delle scelte della Federazione e di Lippi. E' quindi un fallimento che ha nomi e cognomi ben precisi, non è «la crisi del nostro calcio», se non per chi non riesce a vedere al di là di Juve e Milan. Adesso non provino a scendere da quel «carro» su cui, se avessero vinto, non avrebbero voluto - giustamente - far salire i loro critici.
Non è un gran bel «metterci la faccia», non è un assumersi le proprie responsabilità, dire che il fallimento della Nazionale «è il fallimento del calcio italiano e dei club» (Cannavaro) e che «il panorama del calcio italiano è questo» (Buffon). E', anzi, un atto di indicibile arroganza: far ricadere la colpa della disfatta anche su chi non c'era, dando per scontato che nessun altro avrebbe saputo far meglio.
P.S. 1 - Lippi come Domenech. Passi il non voler concedere l'intervista a bordo campo, ma esce dal campo senza stringere la mano all'allenatore avversario.
P.S. 2 - Nota di demerito per la gran parte dei commentatori tv, che temendo il fattore "C" si sono trattenuti dal criticare Lippi e la squadra, hanno voluto vedere il bicchiere mezzo pieno, per poi massacrarlo di fronte alla debacle.
2 comments:
No è anche un fallimento del nostro calcio,basta vedere come si gioca in Italia.
Questi fantomatici bravi giovani io continuo a non vederli,e non mi pare che Lippi non ne abbia chiamati.
Come ho già detto consiglio di vedere i risultati dell'Under21 che fà anche peggio della nazionale maggiore.
Ma difatti, ad ascoltare i commentatori sembrava che le imbarazzanti prove contro Paraguay e Nuova Zelanda (Nuova Zelanda!) fossero filate lisce.
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