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Wednesday, July 04, 2012

Monti rischia il flop anche sui tagli alla spesa

Se, dopo aver battuto i pugni sul tavolo davanti alla Merkel al Consiglio Ue, arrivando a minacciare il veto sugli altri capitoli del vertice pur di ottenere un paragrafetto sullo scudo anti-spread, non si dimostrasse in grado di portare a casa un taglio significativo della spesa, Monti perderebbe molta della credibilità così ultimativamente messa sul piatto a Bruxelles. Ma come, si chiederebbero i nostri partner più severi, l'Italia viene a chiederci di cucirle praticamente addosso un meccanismo per far calare lo spread, e intanto dimostra di non procedere con la determinazione necessaria nella riforma della propria spesa pubblica? Dunque, immediati e tangibili tagli alla spesa come vera e propria condizione non scritta in cambio del firewall finanziario a lungo invocato da Monti, ma le cui modalità operative devono ancora essere fissate e dipenderanno anche dalla serietà che dimostreremo nelle riforme.

La domanda chiave quindi ora è: Monti batterà i pugni sul tavolo anche al cospetto dei sindacati, dei partiti e, soprattutto, delle mille burocrazie centrali e locali?

In modo bipartisan governatori di regioni e sindaci lamentano il taglio ai servizi, piuttosto che agli sprechi, torna l'accusa di "tagli lineari", mentre anche l’Anm è in rivolta per i tagli alla giustizia e i sindacati minacciano lo sciopero generale contro i tagli nel pubblico impiego: chiedono "concertazione" e si aspettano l'applicazione dell’accordo con il ministro della funzione pubblica. Tra l'avvertimento e la minaccia, la Camusso suggerisce di «non mettere altra benzina sul fuoco» e paventa il rischio di «conflitto sociale». Ma attenzione a non farsi ingannare dalle vuvuzelas di sindacati e partiti. Le resistenze più insidiose per Monti sono quelle silenziose dei ministeri, delle burocrazie, quindi interne al suo stesso governo, con i ministri che - proprio in quanto tecnici - tendono a comportarsi più da rappresentanti corporativi del proprio settore che da manager.

Ma un errore strategico, di fondo, il governo l'ha già commesso: limitare l'obiettivo della spending review allo stretto necessario per evitare l'aumento dell'Iva da ottobre, per scudare gli esodati e far fronte alle spese per gli aiuti ai terremotati dell'Emilia. Per queste ultime due esigenze serve una cifra maggiore dei 4,2 miliardi preventivati, ha avvertito ieri Monti. Ma a quanto pare di capire difficilmente si raggiungerà l'1% della spesa pubblica al netto degli interessi sul debito. Lo schema nel quale si muove il governo, insomma, è quello della mera manutenzione, non del cambiamento di paradigma. Credibilità maggiore avrebbe avuto un grande piano triennale per ridurre la spesa di diversi punti di Pil (6-8%), come ha fatto la Germania, che avrebbe legato le mani anche al futuro governo, rassicurando così mercati e partner europei sulla rotta che l'Italia intende seguire nel post-Monti.
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1 comment:

Anonymous said...

Considerando il livello clientelare della spesa italiana credo che il tentativo di Monti sarà un fallimento.
Toni