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Tuesday, December 04, 2012

Okkupazioni e bancarotta educativa

Banchi vuoti, cervelli disoccupati

Un quadro avvilente quello emerso dal mondo della scuola nella trasmissione 24Mattino, oggi su Radio24. Si parla di occupazioni (i casi si moltiplicano in prossimità delle festività del 7 e 8 dicembre!). Interviene un preside di Milano che «dialoga tutto il pomeriggio» con gli occupanti, che alla fine minaccia di denunciarli non perché l'occupazione sia di per sé un atto illegale e violento, un'interruzione di servizio pubblico, un uso privato di proprietà pubbliche, ma perché non è scaturita da «un'assemblea autorizzata», insomma «è mancata la trafila democratica». I motivi che giustificano l'occupazione, ovviamente, non mancano: il disagio giovanile, la crisi economica, la prospettiva di una «scuola di classe» (!), e «l'ansia di giustizia sociale» che da sempre contraddistingue i "gggiovani".

Prende la parola un sottosegretario, Marco Rossi Doria. Da un rappresentante del governo uno si aspetterebbe un richiamo alla legalità. E invece niente, zero, anzi con nonchalance Rossi Doria racconta di aver "okkupato" ai suoi tempi e giustifica le okkupazioni di oggi: «Ho occupato per due giorni, fummo sgombrati dalla polizia. C'era la piena occupazione, i giovani avevano in concreto una prospettiva più rosea, non sono di quelli che dicono "le mie occupazioni erano belle e giustificate e queste no"». Anzi, «dobbiamo cogliere quest'ansia», la prospettiva che hanno di fronte gli studenti oggi è «più difficile» di quella dei loro «compagni di 20, 30 o 40 anni fa» (se quelli usavano spranghe e pistole, oggi che è «più difficile» cosa dovrebbero usare?). Ci si accontenta che le scuole non vengano «vandalizzate», e pazienza se le funzioni del servizio pubblico vengono sospese, i diritti di altri studenti calpestati.

Poi è il turno dell'insegnante Gianna, da Prato, che invece di fare lezione fa ascoltare la trasmissione in classe! «Cos'ha fatto questo governo per investire nella scuola?». Parola al rappresentante di classe, 16 anni, che - poveretto - farfuglia al telefono, fa la figura dell'imbecille, riesce ad abbozzare un motivo di doglianza solo quando la prof da dietro gli suggerisce cosa dire: «I tagli verso gli insegnanti, verso l'istruzione». Che dire? Un'altra dimostrazione della bancarotta educativa in cui versa da decenni il nostro paese e che non ha nulla - ma proprio nulla! - a che fare con la scarsità delle risorse economiche. Aggravata dal fatto che in questi anni gli studenti vengono strumentalizzati non solo dalla politica ma anche dalla corporazione degli insegnanti, da cui dovrebbero pretendere qualità e dedizione, e che invece sostengono nella loro difesa interessata dello status quo.

A parte il fatto che nel 99% dei casi il disagio e la protesta non c'entrano nulla - si tratta di un manipolo di agitatori che si portano dietro decine di ragazzini ansiosi di farsi accettare dalla comitiva, di fare qualcosa di "figo", e per altri semplicemente di andarsene in giro a divertirsi - anche se fossero animate dalle più condivisibili motivazioni, in ogni caso le occupazioni sono atti illegali che tolgono credibilità all'istituzione e danneggiano la didattica, facendo saltare intere settimane di lezioni e altre attività. Sì alla protesta, ma fuori dalla scuola. A scuola si fa lezione e si studia.

Se davvero, come si sente dire, la scuola deve tornare «al centro dell'attenzione nazionale», la tolleranza zero con le okkupazioni dovrebbe essere il primo passo per ridare dignità all'istituzione. Il secondo è cacciare i presidi che le subiscono e gli insegnanti che fanno propaganda e strumentalizzano i propri studenti. Chi ha il coraggio non dico di farlo, ma di dirlo?

1 comment:

Anonymous said...

amen , inoltre le okkupazioni le fanno i figli di papà che vanno al liceo...
matteo z