Se si conviene unanimemente tra gli osservatori che una vittoria di Renzi alle primarie del Pd avrebbe dissuaso Berlusconi dal ripresentarsi, come atto di mera resistenza personale e politica, non è meno fondato ritenere che anche altre circostanze avrebbero potuto (e forse ancora potrebbero) dissuaderlo. Per esempio, nonostante il recente strappo con Monti, se il professore si convincesse a scendere in campo, non per sostenere ambiguamente un'operazione centrista volta a isolare la destra (berlusconiana e non) e a collaborare con Bersani dopo il voto, ma come vero e proprio atto fondativo e federatore di un nuovo centrodestra alternativo al centrosinistra, probabilmente il Cav si farebbe davvero da parte.
Non c'è motivo di dubitare che Berlusconi in questi mesi abbia effettivamente cercato un "nuovo Berlusconi", cioè una personalità in grado di unire i cosiddetti "moderati" ma in alternativa alla sinistra, non come sua costola. Le cronache hanno riportato di contatti in questo senso sia con Montezemolo che con lo stesso Monti.
C'è chi è affezionato all'idea di un superamento traumatico del berlusconismo, una recisione netta, che però il Cav, dal suo punto di vista, comprensibilmente rifiuta di subire, come abbiamo provato a spiegare in questo post di qualche giorno fa. Non potrebbe essere più efficace un suo superamento progressivo, una sorta di diluizione in un nuovo centrodestra, di cui non sarebbe più il leader, ovviamente, ma del quale gli fosse consentito di essere uno dei soci?
E' vero che quella del Cav è un'eredità scomoda, e che in questo paese raccoglierla significa giocarsi la propria "rispettabilità" agli occhi dei poteri che contano, ma si tratterebbe qui di ereditare l'unico aspetto positivo del berlusconismo, cioè una leadership innestata in uno schema bipolare, e non anche le derive e gli aspetti più deleteri.
Nonostante il personaggio abbia una certa difficoltà a vedersi relegato in un ruolo di secondo piano, l'impressione è che nessuno ci abbia mai seriamente provato, fondamentalmente perché tutte le operazioni volte a superare Berlusconi, a imporgli un «passo indietro», sono "centriste", non alternative ma complementari al centrosinistra, e quindi non in grado di attrarre l'elettorato di centrodestra, nonostante non sia stato mai più di oggi deluso e lontano dal Cav.
Nel suo lucido editoriale di oggi, sul Corriere, Ernesto Galli Della Loggia coglie entrambi questi aspetti. Innanzitutto, l'aiuto che Berlusconi ogni volta riceve dal coro degli antiberlusconiani. Probabilmente questa volta al Cav non riuscirà la rimonta, ma quest'attenzione ossessiva, questa demonizzazione gli basta per galvanizzare attorno a sé una fetta consistente di elettorato: «un'Italia per nulla stupida che è giusto presumere abbia capito benissimo - scrive Della Loggia - la misura del fallimento di Berlusconi», ma che non è disposta a concedersi alla sinistra, né ad un centro che lungi dal presentarsi come alternativo alla sinistra, quindi come nuovo centrodestra, odora di alleanza post-elettorale con Bersani. Questa Italia, da dodici mesi in attesa di una nuova offerta politica, merita rispetto, va considerata. Eppure, in tv, sui giornali, nelle radio, in questi giorni è ripartita la strumentalizzazione dello spread, assistiamo ad un flusso di irritanti lezioncine e interferenze in casa nostra da parte delle cancellerie europee, di volgari euroburocrati e della stampa estera. A ragione o a torto (secondo me a torto, ma conta poco), la leadership tedesca non gode di grande popolarità in Italia in questo momento: le continue prese di posizione per Monti e contro Berlusconi (oggi il ministro delle finanze Schauble, ieri quello degli esteri e la cancelliera Merkel) danneggiano o favoriscono il Cav? Forse non lo faranno vincere, ma comunque lo aiutano più di quanto lo ostacolino.
Ma Galli Della Loggia parla di un altro regalo a Berlusconi: se il centro non è contro la sinistra oltre che contro la destra berlusconiana, infatti, non è un vero centro ma di fatto una costola della sinistra, e concede al Cav «l'esclusiva della contrapposizione alla sinistra», un ruolo politico che come osserva l'editorialista ha sia «buone ragioni» che una «grande storia alle spalle».
La funzione storica per cui varrebbe la pena che Monti scendesse in campo sarebbe quella di aggregare questo elettorato oggi ancora «politicamente orfano», presentandosi quindi come federatore di un nuovo centrodestra che superi sì Berlusconi, ma che sia anche alternativo alla sinistra.
Chi ci crede è Mario Sechi:
«Chi non si riconosce nel patto Bersani-Vendola oggi è di fronte o a un'offerta politica polverizzata o a un berlusconismo declinante. Il più che mai necessario ruolo di aggregatore oggi potrebbe averlo Mario Monti... Rispetto alla vicenda del Cavaliere, quello di Monti potrebbe essere un progetto politico "fusionista" più vasto e armonioso, basato su un programma da condividere».In caso contrario, osserva Sechi, «il sistema politico italiano rimarrebbe ancora una volta ancorato alla figura di Berlusconi che – per assenza di competizione nel centrodestra – continuerebbe a influenzare lo scenario».
Di sicuro non è una mossa preparata in questi mesi di governo, durante i quali Monti si è inimicato proprio l'elettorato di centrodestra, basando la sua politica di risanamento su aumenti di tasse e subendo tutti i veti della sinistra sulle riforme e i tagli alla spesa. Il problema, quindi, è che il Monti aggregatore di un nuovo centrodestra dovrebbe anche mettere da parte la sua smisurata autostima per marcare una certa discontinuità nella politica fiscale rispetto alla sua prima esperienza di governo. Come suggerito da Panebianco, cioè indicando l'obiettivo di ridurre le tasse che gravano su ceti medi e imprese e attraverso quali tagli di spesa.
Temo però che Monti non farà questo passo, anche perché il personaggio crede di avere meriti extra-politici tali che non possono essere "sviliti" accettando il giudizio e/o mendicando il consenso degli elettori, e che il suo curriculum possa bastare per aprirgli le porte di qualsiasi incarico. Che decida di sponsorizzare un'operazione centrista in suo nome, o di condurre in queste settimane una campagna ambiguamente "parallela", preservandosi come "riserva della Repubblica", si prepara ad un ruolo di argine e allo stesso tempo di "legittimatore" post-voto - dalla sede istituzionale che si troverà ad occupare (Quirinale o Palazzo Chigi) - di una coalizione di centro-sinistra in cui l'azionista di maggioranza sarà il Pd di Bersani sostenuto da una stampella di centristi "montiani".
1 comment:
Oggi: 'Il Cavaliere ha voluto "ricordare all Ppe" che Monti "non ha fatto che continuare quello che avevo iniziato" '
Ieri, sempre Berlusconi: 'Il governo dei tecnici ha introdotto misure che portano l'economia in una spirale recessiva'
Secondo te questa è una persona che Monti può considerare un interlocutore affidabile? Un possibile socio in un'alleanza politica per governare un paese industrializzato?
Per piacere.
Post a Comment