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Monday, July 11, 2016

L'emailgate non è chiuso, le tre bugie di Hillary

Pubblicato su Ofcs Report

La media dei sondaggi della scorsa settimana vede stabile il vantaggio di Hillary Clinton (+4,5%) a livello nazionale. Rasmussen è l’unico istituto che attribuisce a Donald Trump un lieve vantaggio (+2, in calo dal +4 della settimana precedente), mentre Reuters/Ipsos sono i più generosi con la Clinton (+11). Dal punto di vista politico, Trump è ancora alle prese con i difficili rapporti con la leadership del Partito repubblicano. E per ridurre al minimo il rischio di imprevisti alla Convention di Cleveland del 18 luglio che dovrebbe incoronarlo, prosegue il suo lavoro “diplomatico”. La settimana scorsa ha incontrato molti parlamentari del partito. E a giorni lo attende la delicatissima scelta del suo vice.

Hillary Clinton ha ottenuto il tanto sospirato endorsement di Bernie Sanders. Ma la chiusura di un problema rischia di aprirne un altro: nel tentativo di inseguire e conquistare i supporter del suo ex sfidante, rischia infatti di spostare troppo a sinistra l’asse della sua campagna. I due staff hanno lavorato sodo per raggiungere un’intesa tra i due ex avversari e ne è uscita la piattaforma programmatica più di sinistra della storia del Partito democratico. Il socialista Sanders avrebbe ottenuto “almeno l’80%” dei suoi punti, secondo il suo staff, tra cui l’inserimento nel programma della sua proposta di paga minima oraria di 15 dollari, indicizzati all’inflazione. E in tema di sanità pubblica, ha così apprezzato la proposta di Hillary da definirla “un passo importante verso l’estensione dell’assicurazione sanitaria e dell’accesso alle cure mediche per milioni di americani”.

Su un altro fronte, se la Clinton ha certamente potuto tirare un sospiro di sollievo alla decisione dell’Fbi di non proporre la sua incriminazione per il caso “emailgate“, ossia l’utilizzo di account e-mail e server privati durante il suo mandato di segretario di Stato, tuttavia l’immagine di candidata esperta e affidabile in contrapposizione a Trump ha subito un duro colpo e le polemiche la accompagneranno fino a novembre. Non tanto perché il Dipartimento di Stato riaprirà, dopo averla sospesa in aprile per non interferire con l’Fbi, l’indagine interna sul caso (un atto dovuto che difficilmente avrà conseguenze), ma perché le bugie di Hillary sono emerse chiaramente dall’audizione del direttore dell’Fbi, James Comey, al Congresso americano. Comey ha negato che la Clinton abbia mentito all’Fbi, ma ha confermato che alcune sue dichiarazioni e spiegazioni fornite lo scorso ottobre alla Commissione parlamentare sull’attacco di Bengasi non erano vere. Ha ribadito che la Clinton “certamente avrebbe dovuto sapere di non poter inviare informazioni classificate” su un server privato di posta elettronica, con il rischio che potessero finire in mani sbagliate: “Come ho detto, questa è la definizione di negligente. Credo che lei sia stata estremamente imprudente. Ho pensato che è stata negligente. Questo è ciò che ho potuto stabilire. Quello che non possiamo stabilire è se ha agito con il necessario intento criminale”.

Su tre questioni, durante uno scambio prolungato tra Comey e il deputato repubblicano Trey Gowdy, è emerso che Hillary non ha detto il vero. Il direttore dell’Fbi ha confermato che informazioni riservate sono passate sul server privato della Clinton, nonostante lei avesse negato che fossero stati inviati o ricevuti elementi contrassegnati come classificati. Alla domanda se corrisponda al vero la testimonianza della Clinton secondo cui “nessun materiale classificato è stato spedito ad alcuno per e-mail”, Comey ha risposto: “No, c’era materiale classificato inviato via e-mail”. Così come non è vero che la Clinton, come lei stessa aveva affermato, ha usato un solo dispositivo per le sue e-mail di lavoro durante il mandato da segretario: “Ha usato più dispositivi”, ha risposto Comey. E non è vero che ha restituito tutte le e-mail legate al suo lavoro al Dipartimento di Stato. “No, abbiamo trovato e-mail legate al lavoro, migliaia che non sono state restituite”, ha risposto ancora il direttore dell’Fbi. “Che le abbiano cancellate, o che qualcosa sia successo quando è cambiato server – ha aggiunto Comey – non c’è dubbio che le e-mail di lavoro sono state rimosse elettronicamente dal sistema”. Per una bugia su un rapporto sessuale al marito Bill è andata molto peggio.

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