Vi sarete chiesti perché in Italia non è ancora approdata la Starbucks, la grande catena americana di caffetterie. E vi sarete dati una risposta. Pur considerando i suoi prodotti assolutamente gradevoli, bevande ben diverse dal caffé e dal capuccino che si bevono qui da noi, ho sempre pensato che Starbucks non si sentisse in grado di competere con i bar italiani.
Oggi dal Financial Times giunge la conferma: se Starbucks non è sbarcata in Italia è perché sente di non poter vincere la concorrenza con i nostri baristi. E' costretta a «inchinarsi ai baristi italiani», scrive addirittura il quotidiano economico. Ha aperto in Giordania, Russia, Egitto, per un totale di 43 paesi al mondo, ma non in Italia. Perché gli italiani sono "fissati" con la caffeina, scrive Adrian Michaels, e amano i loro baristi.
Non è che la gamma dei prodotti Starbucks non sia di qualità ed estremamente variegata. Il punto è che la catena in Italia incontrerebbe una concorrenza serratissima (quale non esiste in nessuna altra parte del mondo) senza poter offrire prezzi competitivi. «Un espresso in Italia costa di solito meno di 1 euro, un doppio espresso da Starbucks a Parigi costa 2 euro e il singolo non esiste», osserva il FT. Gli italiani poi sono abituati ad avere la loro tazzina in pochi secondi, mentre da Starbucks c'è quasi sempre la fila. E la compagnia sostiene: «Se non siamo in Italia è per una questione di umiltà e rispetto. Non perché l'Italia non sia una priorità strategica».
3 comments:
Tra parentesi, l'idea originale di Starbucks è venuta al fondatore proprio osservando i caffé milanesi...
Starbucks è una grande catena, i suoi prodotti sono eccezionali, ogni volta che mi trovo all'estero ne cerco uno per farci colazione.
C'è da capirli i baristi italiani, sono impauriti, noi abbiamo una grande tradizione in quel campo e tutto ciò che è nuovo potrebbe logicamente provocargli fastidio.
Ma sono sicuro che prima o poi riuscirà ad entrare anche nel nostro paese, me lo auguro soprattutto.
I suoi muffin sono imbattili!!!
Per Adriano: premesso che Starbucks piace anche a me, siamo proprio sicuri che se sbarcasse in forze in Italia sarebbe un bene per i consumatori?
Vediamo. In tutte le città americane in cui è presente, Starbucks ha cancellato di fatto la concorrenza. Ma non, come si potrebbe pensare, perchè è migliore o più competitivo degli altri bar. La ragione è che può permettersi di comprare a prezzi sopra mercato i locali e gli edifici in cui si trovano i vecchi bar. Ci perde al momento, ma elimina la concorrenza nel lungo termine. Questo meccanismo (del tutto legale, per carità) di sopraffazione sistematica della concorrenza, è stato descritto in dettaglio da Naomi Klein in "No Logo".
E' esattamente quello che è successo, anche da noi, con Blockbuster, che è più caro e meno fornito delle vecchie videoteche di quartiere ormai in via di estinzione.
Queste grandi catene internazionali sono schiacciasassi che monopolizzano interi settori, a tutto danno degli esercenti prima e dei consumatori poi.
Ad aggravare la situazione, una volta subentrati, lo scenario di omologazione che lasciano è desolante: locali tutti uguali, arredati allo stesso modo, stessi prodotti, stesso stile, abbattimento di quelle piccole differenze che migliorano la qualità dell'offerta e tengono vivo il mercato (il mio bar fa il cappuccino migliore del tuo...).
Fortunatamente in Italia la posizione dei bar nei confronti di potenziali monopolisti è molto forte, grazie alla tradizione di eccellenza di cui parla l'articolo. La stessa cosa si può dire per i vini: ottimi e a buon prezzo, quindi, a differenza di altre nazioni, non siamo stati colonizzati dai californiani e dai francesi. In Germania c'è la stessa situazione per le birre, e infatti colossi come Heineken e Carlsberg fanno fatica a penetrare (da noi la maggior parte delle etichette di birra fanno in realtà capo a queste due holding).
In conclusione, vade retro Starbucks!
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